19 Dicembre 2017
Manca spesso la capacità di comunicare il prodotto. E così si fa difficile raggiungere un pubblico potenzialmente ben disposto, che rischia però di essere attratto da altre proposte. A suonare il campanello d’allarme per il settore della grappa è Luigi Odello, enologo, giornalista, professore, presidente del Centro Studi Assaggiatori, amministratore delegato dei Narratori del Gusto, nonché direttore delle testate L’Assaggio, Coffee Taster, Grappa News e Sensory News. A lui abbiamo chiesto di spiegare cosa accade nel comparto. E soprattutto cosa dobbiamo attenderci.
[caption id="attachment_133184" align="alignleft" width="300"] Luigi Odello[/caption]
Quali sono le ultime tendenze in atto in fatto di grappa?
Per guardare avanti, occorre fare un piccolo passo indietro. Volendo fare una piccola cronistoria – sempre pericolosa quando si giunge a queste sintesi estreme –,possiamo dire che la grappa negli anni Settanta ha giocato sui monovitigni, negli anni Ottanta sulle confezioni eleganti, negli anni Novanta sull’abbellimento delle distillerie, nel Duemila sull’invecchiamento. Ovviamente la segmentazione non è così netta e, soprattutto, gli elementi citati non sono stati abbandonati al giungere di quello successivo, bensì il nuovo si è aggiunto all’esistente. Una crescita mirabile sempre accompagnata dalla sensorialità, che ha regalato al consumatore grappe davvero raffinate. Oggi il settore pare un po’ a corto di idee e soprattutto si presenta più diviso che mai. Ricerca stranezze – come l’invecchiamento in giara – che potrebbero anche essere interessanti, se fossero inserite in un contesto comunicativo armonico ed efficace; da sole invece non sono sufficienti. In mancanza di narrazione, i clienti si rivolgono ad altre acqueviti. Quello che sta nascendo è forse questa consapevolezza: quindi, si spera in un nuovo Rinascimento che porti frutti interessanti.
Quali sono i consigli per proporre la grappa al bar? E quali invece quelli più efficaci per il ristorante?
Più volte si è tentato di proporre la grappa nel bere miscelato, senza mai ottenere risultati degni di nota. Al ristorante, poi, si continua a considerare vero l’assunto in base al quale si evita il grappino di fine pasto perché poi si deve guidare. Raramente si è però tentata la via – sicuramente innovativa – del gioco sensoriale o delle carte che consentono agli avventori di scegliere in un modo diverso. Altri prodotti, invece, si stanno volgendo con maggiore rapidità agli alberi degli aromi oppure a schemi che aiutano a scegliere in funzione delle attese.
Infine, come differenziare la proposta del prodotto in base alla conoscenza che ne ha il cliente?
La proposta si differenzia attraverso la narrazione. Quest’ultima deve tenere conto che oggi i clienti desiderano essere attivi e non destinatari di un “sermone erudito” recitato da un gestore. Un’azienda può, per esempio, illustrare la propria gamma attraverso mappe che tengano conto dell’unico strumento a disposizione dei propri clienti: il sistema sensoriale. Chiedere se si desidera una grappa morbida o secca è molto limitato (oltre che errato); presentare una gamma in cui ogni prodotto è posizionato su una scheda in funzione della percezione (con un asse dedicato alle caratteristiche gustative/tattili, e l’altro all’aroma prevalente) è molto più intrigante e soprattutto innovativo. O almeno lo sarà ancora per un po’ di tempo. Perché c’è già chi propone un gioco con gli aromi e, in base a quelli dichiarati dal cliente come desiderata, individua la grappa che si vuole assaggiare. Insomma, con un po’ di buona volontà e a costi veramente ridotti, lo scenario potrebbe cambiare radicalmente.
Grappa italiana: il prestigio ritrovato
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