pubblici esercizi
19 Dicembre 2017Chi più ne ha, più ne tolga. È il criterio stabilito dal Legislatore nel disporre la riduzione delle slot sul territorio nazionale, stabilendo, come noto, due scaglioni temporali (dicembre 2017 ed aprile 2018) ed un tetto massimo a cui far riferimento nelle due scadenze. Entro il 31 dicembre 2017, in particolare, il numero complessivo dei nulla osta di esercizio (cioè i titoli che autorizzano all’installazione) non dovrà essere superiore a 345mila, per poi passare, alla data del 30 aprile 2018, a un numero massimo di 265mila unità. A tale scopo, i concessionari devono ridurre, entro la prima scadenza, di almeno il 15% il numero di nulla osta attivi sulle proprie reti (riferito alla data del 31 dicembre 2016) e di un successivo 19% (circa) entro la data del 30 aprile 2018. La legge parla chiaro, dunque. Ma non il decreto, purtroppo. Per una sottile anomalia che rischia di compromettere la situazione del mercato. E di scatenare una nuovi contenziosi. L’anomalia è facilmente rilevabile nel decreto di attuazione dello scorso 25 luglio 2017, che nel riproporre i contenuti della norma primaria, aggiunge una semplice frase. All’articolo 2, relativo agli “Adempimenti dei concessionari”, nel punto numero 2, nel ribadire il numero della riduzione da operare entro la fine dell’anno corrente, aggiunge il seguente incipit: “Nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2017”, stabilendo quindi l’arco temporale entro il quale completare il “taglio” di almeno il 15% dei nulla osta di cui risulta intestatario alla data del 31 dicembre 2016. Una definizione ragionevole, tenendo conto che il decreto entra in vigore proprio dalla data di pubblicazione: peccato però che la norma dimentichi come, nella convenzione di concessione siglata dai concessionari con i Monopoli e in virtù della quale risultano incaricati di tale servizio, è previsto – tra i livelli minimi di servizio – che una concessionaria deve applicare ai gestori collegati alla propria rete la un diritto di recesso di almeno sei mesi di tempo. Imponendo quindi di comunicare un’eventuale interruzione della cessazione dei servizi entro tale periodo temporale. Ecco quindi che, già prima dell’uscita del decreto, tenendo conto che la legge già stabiliva i criteri di riduzione da attuare entro l’anno, alcuni concessionari si erano già mossi comunicando la cancellazione di alcune slot dalle proprie reti, al fine di poter ottemperare alle nuove norme, senza tradire la convenzione. Cosa che diventa impossibile considerando la data di uscita del decreto. E, forse, non a caso la norma primaria non conteneva tale specifica, aggiunta soltanto in quella attuativa. Con il rischio che un concessionario particolarmente attivo che si è subito adoperato per rispettare nei dettagli la legge si possa ritrovare con un numero superiore di slot da “tagliare”, qualora quelle distaccate prima del 25 luglio non vengano considerate parte del processo di riduzione dettato dalla Manovra fiscale. Per un altro grattacapo creato agli operatori e all’Amministrazione, la quale deve ora gestire anche questa “falla” con una circolare con cui far quadrare i conti. Non a caso, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha chiesto preventivamente un parere all’avvocatura di Stato in modo da poter interpretare (e, quindi, disciplinare) in maniera corretta i principi dettati dalla legge. Andando ad evitare, se possibile, una serie di ricorsi come accaduto in passato in situazioni analoghe. In questo scenario, gli esercenti si ritrovano ad essere più o meno spettatori, ma faranno bene a rimanere aggiornati sui prossimi sviluppi, per evitare di subire tagli che si possano ritenere inopportuni.
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