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21 Agosto 2018

Street food: no all’improvvisazione!

di Elena Consonni


Street food: no all’improvvisazione!

Che si acquisti da un food truck o dallo stand di una fiera, dal ristorante con asporto o da un’Ape superattrezzata, agli italiani piace mangiare in strada. E lo fanno nelle feste di Paese, nelle zone del passeggio serale, ma anche nella pausa pranzo della giornata lavorativa. Secondo un’indagine Coldiretti/Ixe’, più di un italiano su due (il 52%) ama acquistare cibo di strada. Dagli arrosticini agli arancini, i piatti della tradizione italiana sono i più amati (69%), seguiti da quelli internazionali, come gli hot dog (17%) e quelli etnici (14%). Questo modo di mangiare piace anche agli stranieri: più di sei stranieri su dieci - durante le vacanze in Italia - fanno shopping di cibo che viene acquistato nel 39% dei casi proprio nei mercati di strada e dagli ambulanti, che per i turisti rappresentano la forma di vendita più genuina.

Però quella di cucinare in strada non è un’arte facile. La mancanza di spazio impone di riorganizzare il lavoro di cucina in modi diversi; la scomodità non esime dall’adempiere agli obblighi di sicurezza alimentare, per garantire sempre e comunque la salute del consumatore. Fortunatamente ai ristoratori italiani (e soprattutto a quelli preparati) non mancano la fantasia e capacità organizzativa per trovare le soluzioni migliori per far fronte agli inconvenienti di questa opportunità di diversificare e fare business.

I PORTICI AIUTANO Per esempio, Marco Serpieri ha deciso di sfruttare la vetrina del suo ristorante Antares, un self service situato sotto gli ampi portici di Via Vittor Pisani a Milano (il viale che conduce alla Stazione Centrale) per offrire ai tanti dipendenti degli uffici della zona, ma anche ai viaggiatori prossimi a prendere un treno e ai turisti, una modalità veloce di fruire il pasto. «Abbiamo trasformato la nostra vetrina – racconta – in uno sportello attraverso il quale i clienti possono scegliere e ritirare il piatto senza entrare nel self service. I piatti vengono preparati e confezionati direttamente in vetrina, sotto gli occhi di chi aspetta. Anche per questo abbiamo chiamato questo sportello Food@street». L’offerta di Food@street comprende ogni giorno 3 primi e 3 secondi piatti, 8/9 contorni e insalatone, principalmente preparati ad hoc per questa modalità di somministrazione. «Nella cucina a vista – continua - il cuoco salta i primi piatti, che vengono poi conservati caldi in teglie riscaldate durante il servizio. Lo stesso vale per i secondi e i contorni caldi. Oltre a lui, allo “sportello” lavorano altre due persone. Una addetta a confezionare il piatto ordinato e a porgerlo al cliente (spesso mi occupo di questo in prima persona, perché è un lavoro che mi diverte) e l’altra a ricevere il pagamento. Fortunatamente condividendo gli spazi del self service non abbiamo dovuto affrontare le difficoltà di gestione degli spazi, perché possiamo contare sulle attrezzature, le dispense e le celle della cucina principale». Un altro punto di forza di questa soluzione è il portico, molto ampio che permette di aspettare al riparo, sia dal feroce sole delle estati milanesi, che dalla pioggia torrenziale. «Chi vuole può anche approfittare per mangiare direttamente in strada – conclude Marco Serpieri – ma nel nostro caso spesso i clienti acquistano il pasto da consumare, con maggiore comodità, nei propri uffici».

A VENEZIA, CONSEGNE FREQUENTI È completamente diversa la location di We Love Italy Pasta To Go, un locale per l’asporto di pasta fresca da passeggio, piadine, insalate, crepes, situato in Calle dell’Orso 5529 nei pressi di Campo San Bartolomeo, a Venezia, che si rivolge sia ai turisti che ai residenti e lavoratori della città Lagunare. Nel locale tutte le referenze proposte, dalla pasta ai dolci, sono prodotti artigianalmente e cucinati espressamente davanti agli occhi dei clienti, praticamente non c’è nulla in vetrina già preparato. Tutte le proposte vengono servite in confezioni in cartoncino comode da utilizzare anche passeggiando a naso all’aria, per le calli della città lagunare. «Noi non abbiamo riscontrato alcuna difficoltà particolare nella gestione degli ingredienti rispetto a un ristorante tradizionale – afferma il titolare, Sandro Malerba – anche perché avendo un vero e proprio locale abbiamo dei frigoriferi negativi e positivi, oltre a un magazzino dedicato per la merce ambiente». Le difficoltà sono comuni a quelle di tutte le attività di ristorazione veneziane. «Lo stoccaggio delle merci a Venezia è molto raro per la mancanza di spazi adibiti - spiega Malerba - pertanto ci avvaliamo di almeno due consegne alla settimana dai nostri fornitori. I formati da ristorazione standard vanno comunque benissimo per la nostra attività».

ATTENZIONE ALLA SHELF LIFE Le attività fisse, quindi sembrano non avere particolari difficoltà a gestire l’asporto, altra cosa è per chi si sposta, con la propria attività, da una piazza all’altra. È il caso di Golosia che gira l’Italia con il proprio stand portando ovunque i sapori tipici della cucina parmense: la pasta fresca, i ripieni golosi a base, tra l’altro, di Prosciutto di Parma e Parmigiano Reggiano. «Il nostro stand è molto versatile – racconta Edoardo Craviari, chef e ideatore dell’iniziativa – e può ampliarsi da una lunghezza di 4.50 a 16.50 metri. Il problema è che i costi per il plateatico (la tassa di occupazione di suolo pubblico) sono molto alti e possono arrivare a 1.000 euro per un fine settimana per 4.5 metri, se non oltre in piazze di pregio come le zone più trendy di Milano. A noi gli spazi costano mediamente tra 5 e 6 mila euro al mese e questo influisce sul prezzo dei nostri piatti». A seconda della location e dell’occasione, Golosia propone piatti pronti per la somministrazione o vende la pasta fresca da cucinare o conservare a casa. Il processo è lo stesso: nella sede di Salsomaggiore Terme vengono preparati gli impasti per la pasta fresca, i ripieni e i sughi che vengono messi sottovuoto ed etichettati in modo da avere ben presente la data di scadenza. Il tutto viene conservato e trasportato a temperatura controllata nella località dove è posizionato lo stand. «Al momento dell’ordine – spiega Craviari – stendiamo la pasta, aggiungiamo il ripieno, la cuociamo e la saltiamo con il condimento in un grande wok a induzione, il tutto davanti agli occhi dei clienti, che vedono preparare la loro ordinazione. Appoggiandoci alla cucina e al magazzino della nostra sede, non abbiamo grossi problemi nelle forniture e nello stoccaggio della merce. Il nostro stand è dotato di vetrina refrigerata, in cui conserviamo i prodotti freschi. Teniamo sotto stretto controllo la shelf life e se necessario, quando – in caso di lunghe permanenze fuori sede – riassortiamo i semilavorati finiti, rimandiamo indietro i prodotti vicini a scadenza e li sostituiamo con altri freschi. Mediamente un piatto di tortellini consumato in modalità street food costa circa 10 euro, mentre la pasta da asporto può variare tra i 2 e i 4 euro l’etto».

LO STOCCAGGIO È PRESSO TERZI Un’altra soluzione è quella adottata da Aperballe, un furgoncino Ape Piaggio, allestito a friggitoria ambulante. «La nostra Ape – spiega Luca Luxardo – è posizionata a Bonassola (Sp), proprio davanti alla nostra enoteca Enoballe. Abbiamo anche un ristorante (Perballe) e uno stand per la preparazione di granite nel periodo estivo (Graniballe). Il tutto nel centro di Bonassola. Per questo possiamo appoggiarci alla cucina del ristorante. Quando andiamo “in trasferta” spostando il mezzo in altre sedi, prendiamo accordi con ristoranti o altre attività locali per gestire lo stoccaggio delle materie prime in maniera corretta». Aperballe serve pesce fritto, fresco o congelato, a seconda dei casi e delle disponibilità, per accompagnare il vino servito nell’enoteca. «Mediamente serviamo 50-60 porzioni di frittura al giorno – spiega Luxardo – anche di più nei fine settimana e nella stagione turistica. Li serviamo in coni di carta per fritti da mangiare direttamente in loco o, per chi desidera consumarli a casa, in confezioni da asporto. La nostra particolarità è che ci siamo dotati di friggitrici a bassa temperatura, che friggono a 140°C anziché il classici 180°C, in questo modo l’olio non brucia e resta limpido per tutto il giorno e garantiamo più qualità e sicurezza ai nostri avventori». Si può imparare molto dalle testimonianze raccolte, anzitutto che quella dello street food non è – esattamente come qualunque altra attività di somministrazione – una faccenda da affrontare con leggerezza. Bisogna curare attentamente la fornitura, lo stoccaggio della merce e la logistica perché l’attività risulti redditizia e si garantisca la salute del consumatore. Insomma, non è per improvvisati.

TAG: STREET FOOD,MARCO SERPIERI,SANDRO MALERBA,EDOARDO CRAVOIARI,LUCA LUXARDO

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