09 Aprile 2019
Sono loro il passaggio obbligato per comprendere la realtà enologica di quell’incontaminata fetta dell’Emilia-Romagna che si affaccia sulla foce del Grande Fiume. Sto ovviamente parlando dei Vini delle Sabbie, spesso – distrattamente e colpevolmente – considerati fattispecie marginali dalla storia della vinificazione italica, ora invece più che mai, e per tante e motivate ragioni, centrali in una stagione che potremmo definire 2.0. Ne parlo a lungo e piacevolmente con Sante Baldini, presidente del Consorzio Tutela vini DOC del Bosco Eliceo, con sede a Ferrara. “Come tutti sanno esistono due versioni della comparsa di quella che tante testimonianze, compreso il Veronelli, chiamano ‘uva d’oro’, la capostipite della DOC,” ci dice, “una leggendaria, e una documentabile.
FANTASIA E REALTÀ
La leggenda vuole che Renata di Valois-Orléans, nata principessa di Francia, poi duchessa Renata di Francia, al momento di sposarsi con Ercole II d’Este, duca di Ferrara, portasse in dote alla Corte alcune barbatelle di questo vitigno a bacca nera, noto come fruttana, o vino della Côte d’Or (Borgogna), da cui la trasposizione italianizzata. La versione documentabile invece è che fin dalla metà del XVI secolo l’uva era coltivata nella nostra zona. Più tardi, verosimilmente, un grande apporto in termini di sviluppo e insieme protezione del vitigno si deve ai frati benedettini di Pomposa e Classe, dalla metà dell’800 in poi.” La storia recente invece è risaputa: catalogazione come Fortana nel 1985, DOC dal 1991.
IL TERRITORIO
Attualmente la coltivazione del Fortana è diffusa in un’area a cavallo tra le province di Ferrara e Ravenna, dove le uve di questo vitigno sono alla base del DOC Bosco Eliceo Fortana, con propaggini anche nel parmense, in particolare nelle cosiddette ‘terre verdiane’ e lungo il vecchio corso del fiume Taro. “Con la caratteristica” mi dice ancora Sante, “che il vitigno di Fortana rimane “franco di piede”, dato che i terreni sabbiosi e fluviali, i dossi e i boschi di lecci caratteristici della nostra zona, probabilmente coadiuvati dal clima umido, hanno messo al riparo i vitigni dalla proliferazione della fillossera dell’800, non rendendo quindi necessario l’innesto su radice di vite americana.” Un vino sano, quindi, vinificato sia in versione naturalmente frizzante che spumantizzata con metodo classico. E che denota miglioramenti consistenti sia in cantina che in vigna, se è vero come è vero, che è già stata commercializzata la prima versione di Fortana biologico, nato dalla collaborazione tra la casa Vinicola “Mattarelli” e la Cooperativa Agroalimentare “Giulio Bellini” di Argenta. L’operazione di recupero di varietà desuete come il Montuni e l’Ursiola, peraltro, si continua ad affiancare al lavoro assiduo sugli altri vitigni caratteristici della DOC, come il Merlot, il Sauvignon e il Bianco del Bosco (blend di Trebbiano e Malvasia), con un’estensione vitata che ora raggiunge i 180 ettari, 18 cantine associate ed un volume di bottiglie che oltrepassa i 3 milioni, vendute soprattutto all’estero.
AL PALATO
Gli assaggi, come immaginavo, non tradiscono le attese. I vini delle Sabbie possiedono un naso e un palato non codificati, caratterizzati dalla leggerezza, grado alcolico non elevato, beverini eppure rotondi e molto piacevoli alla bocca, con una caratteristica chiusura su note di lampone. Abbiamo testato un Bradamante 2017 di Tenuta Garusola, un brut rosato ottenuto da uve Fortana dal caratteristico color corallo, non filtrato, che si apre su un naso di rose, delicato ed invitante, con alla beva fragole, lamponi ed una chiusura dal piacevole retrogusto di sottobosco. Siamo poi passati ad un Micrologus 2017 di Corte Madonnina, merlot biologico dal classico naso salmastro, caratteristico dei vini delle sabbie, ottima trama tannica e bocca piena, ampia e verticale. A chiudere lo spumante rosé Rosa X Emy 2017 di Cantine Mattarelli: metodo charmat da 100% uve Fortana dal bellissimo color cipria, perlage finissimo e persistente, naso traboccante di frutta a buccia verde e gelsomino, bocca ampia, voluttuosa e con chiusura boscosa. L’impressione finale è che la tavolozza dei vini emiliano-romagnoli si sia arricchita di una sfumatura importante, decisamente da scoprire. O ri-scoprire.
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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A cura di Matteo Cioffi
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