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19 Settembre 2019Peggio del 2018, ma abbastanza per mantenere la leadership mondiale. Stando alle elaborazioni effettuate a fine agosto la produzione nazionale di vino 2019 arriverà a 46 milioni di ettolitri, con una riduzione del 16% rispetto all’annata record del 2018, quando erano stati sfiorati i 55 milioni di ettolitri (dati Agea, sulla base delle dichiarazioni di produzione. Il dato stimato risulta da una media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni, che comunque risulterebbe inferiore alla media degli ultimi 5 anni). Nonostante una vendemmia meno generosa, però l’Italia dovrebbe mantenere anche per il 2019 la leadership mondiale, perché né la Francia (43,4 milioni di ettolitri - stima al 19 agosto del Ministero Agricoltura francese) né la Spagna (forse 40 milioni di ettolitri) sembrerebbero in grado di superarla.
L’indicazione arriva dalle previsioni presentate dall’Osservatorio del Vino, realtà frutto della nuova collaborazione stretta tra Unione Italiana Vini, Ismea e Assoenologi che hanno unito le rispettive forze e competenze con l’obiettivo di fornire un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle Previsioni Vendemmiali. L’indagine è stata messa a punto armonizzando le metodologie consolidate nel tempo da UIV/ISMEA da una parte e da Assoenologi dall’altra, mettendo a sistema una fitta rete territoriale di osservatori privilegiati del settore, la valutazione comparata delle indicazioni sia quantitative che qualitative e la successiva elaborazione statistica rispetto alle serie storiche ufficiali degli anni precedenti.
“Se l’annata 2018 è stata generosa - sottolinea Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi - nel 2019 si assiste in molte zone a un’inversione di rotta. Dal punto di vista climatico anche quest’anno la variabilità del meteo si è fatta sentire, in particolare a maggio, con un abbassamento delle temperature accompagnato da abbondati precipitazioni, che hanno determinato un rallentamento del ciclo vegetativo della vite. Si rileva un generale ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni, tanto da far rientrare l’epoca di vendemmia in periodi più legati alla tradizione, dopo gli innumerevoli anticipi registrati negli ultimi anni. Quest’anno sono da evidenziare comunque evidenti disformità di maturazione anche all’interno di uno stesso appezzamento, conseguenza dell’ormai consolidata variabilità metereologica e di uno spostamento climatico da temperato a caldo arido, con precipitazioni irregolari e di carattere temporalesco, che determinano l’irregolarità del ciclo vegetativo. In questo contesto l’opera dell’enologo, attraverso le proprie competenze ed esperienze, risulta sempre più determinante e fondamentale per il livello qualitativo dei futuri vini”.
“Con la vendemmia 2019 - spiega Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini - rientriamo nella media degli ultimi anni, segnando una flessione marcata rispetto alla eccezionale produzione dello scorso anno con una qualità variabile, tra il buono e l’eccellente a seconda delle zone, che ci consente di guardare al futuro con ottimismo e fiducia. È lecito attendersi la tenuta dei prezzi sui vini a DO, che rimanendo nei volumi dei disciplinari subiranno meno la flessione, così come lo scorso anno hanno risentito meno dell’aumento produttivo, e un possibile ritocco in alto dei listini degli sfusi visto il calo vendemmiale anche di Francia e Spagna. Manteniamo il primato produttivo mondiale, ma in un contesto geopolitico difficile dove arrivano segnali preoccupanti da alcuni mercati importanti per il nostro vino, mentre si aprono prospettive nuove di sviluppo grazie agli accordi di libero scambio. Il mercato interno mostra un trend in leggera crescita, seppur in un contesto di deciso cambiamento che ci invita ad una riflessione più attenta su nuove strategie da adottare verso il nostro tradizionale consumatore”.
“Il vino italiano - aggiunge Raffaele Borriello, direttore generale ISMEA - negli ultimi anni ha consolidato un importante percorso di internazionalizzazione tramite la concentrazione e la riorganizzazione dell’offerta verso prodotti di maggiore qualità e gradimento nei mercati esteri. Gli effetti di tale evoluzione verso la qualità e l’efficacia delle politiche commerciali sono testimoniati dal costante aumento del fatturato all’export, quasi raddoppiato negli ultimi dieci anni. In prospettiva, sul futuro del settore peseranno le modalità di uscita del Regno Unito dall’Europa e l’incertezza del nuovo assetto geopolitico mondiale, dove le dinamiche dei mercati saranno sempre più difficili da leggere e imporranno strategie sempre più complesse, differenziate e flessibili: maggiori rischi, ma anche maggiori opportunità, per chi saprà anticipare le tendenze evolutive, lavorando a un’accurata segmentazione delle politiche commerciali di esportazione”.
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