29 Dicembre 2019

La sfida al food pairing riparte dall’Ordine al Merito

di Riccardo Sada


La sfida al food pairing riparte dall’Ordine al Merito

Negli usi e costumi locali di chi popola gli Usa, il consumo di spirits durante i pasti tiene banco in America. È finita l’era del cocktail bevuto al bar: oggi ristoranti e alberghi, o comunque tutti coloro che offrono ristorazione devono saper fare food pairing, come appunto succede in America. Perché? Per un plus, per un valore aggiunto e per una esperienza ulteriore da consegnare a piene mani al cliente. Malgrado il vino tenga botta, non ci si può far trovare impreparati al nuovo che avanza.

“Molti locali in USA hanno nelle cocktail lists il piatto suggerito in abbinamento o, viceversa, molti menu hanno il cocktail giusto da consumare assieme a un determinato piatto”, illustra Giorgia Crea, Global Brand Ambassador a Miami. “Mi è spesso capitato di organizzare delle cene esclusive che richiedevano l’abbinamento di cocktail alle portate del menu e l’ho trovato molto stimolante nonché estremamente formativo e innovativo. L’idea che un elemento completi l’altro creando un’unica entità è la parte più affascinante a mio parere, considerando che nell’ospitalità è l’esperienza che conta, molto più del singolo elemento”.

Insomma, siamo nel pieno di un passaggio generazionale. Walter Bolzonella, Head Barman del Bar Gabbiano, ubicato all’interno del Belmond Hotel Cipriani di Venezia, commenta i vantaggi che un locale potrebbe trarre valorizzando l’abbinamento cibi/bevande. “Ritengo sia necessario scommettere su questo nuovo mercato ed essere pronti e preparati a questa eventualità. Il food pairing è una cosa non impossibile, certamente stimolante. Probabilmente, i clienti del nostro ristorante Oro (una stella Michelin) gradirebbero questo binomio visto che offriamo portate con ingredienti ricercati, gusti, aromi e profumi che i cocktail potrebbero persino esaltare”.

Ci si addentra in un mondo di pura sperimentazione dove anche per la rivisitazione di un cocktail classico il bartender deve pensare al piatto. “Senza dubbio potrebbe succedere anche che il cocktail sia molto più buono abbinato a un preciso piatto, ma questo potrebbe valere anche per il piatto stesso. I cibi che più abbinerei a un cocktail potrebbero essere piatti di tendenza orientale, vedrei piatti di pesce crudo, ostriche e tartufi, pesce affumicato o marinato, piatti a base di carciofi o di finocchi dove è più difficile abbinare il vino”. Carlo Pascu, del Park Hyatt Mallorca, spiega che negli ultimi anni la Spagna si sta contraddistinguendo per l’avanguardia nella gastronomia e nella mixology: “il cliente spagnolo è molto aperto alla sperimentazione. Qui il food pairing non è più una nicchia: negli ultimi tre anni è moda che diventa esigenza, alta qualità per un cliente attento. Ci sono ristoranti che offrono abbinamenti con ottimi risultati. Nella mia ultima esperienza lavorativa ho creato un cocktail a base di crema catalana per via della richiesta molto frequente di tale dessert con un twist citrico e fresco per avere una resa maggiormente estiva”.

È importante divulgare tra i barman il modo appropriato di fare food pairing, sottolinea Luca Di Francia del Westin Excelsior Rome. “Da formatore Aibes, oltre che barman, ho avuto modo di approfondire questa materia, facendo alcuni seminari in diverse regioni d’Italia. Così ho compreso che nel food pairing non bisogna trascurare nulla, persino la guarnizione di un piatto può essere importante ai fini del giusto pairing”. Il punto di partenza è l’analisi aromatica della materia prima da lavorare. Il barman deve dare un’alternativa e non snaturarsi. Una strada? “Cocktail con moderata consistenza alcolica. I tiki drink, ad esempio, che possono essere interessanti nell’abbinamento con alcuni piatti. È importante che gli ingredienti utilizzati nel cocktail siano capaci di prolungare e incrementare la potenza gustativa del cibo. Parliamo di armonizzazione, contrasto ed esaltazione. Oggi i clienti necessitano di comunicatori capaci di saper trasmettere le proprie esperienze attraverso la preparazione di un drink o di un piatto”. Danilo Bellucci e Michele Di Carlo, organizzatori dell’Order Of Merit, si sono interessati al food pairing in tempi non sospetti, quando lo chiamavano semplicemente... abbinamento. “Da sempre l’obiettivo è stato quello di servire con i drink qualcosa di originale, stuzzicante e adeguato per dare al cliente una soddisfazione e un motivo per parlare maggiormente del locale” – dicono – “È molto di più di un’attenzione al dettaglio. E non è una questione di gradazione, si possono fare drink a gradazione anche più bassa del vino. Stiamo parlando invece di cultura radicata oltre che di abitudine. Molti degli aperitivi classici, e anche quelli con una buona acidità, si abbinano molto bene a piatti a base di pesce o crostacei”.

PROPORRE IDEE CHE STIMOLINO IL CLIENTE
Ancor prima di iniziare l’approccio col cibo, una via alternativa è quella di ascoltare le esigenze del cliente e proporgli idee. “Successivamente, lo stimolo, accompagnato dalla novità data dal food, viaggia col passaparola, che è sempre un eccellente veicolo di promozione e un valore aggiunto in fatto di soddisfazione del cliente. Importante è tuttavia capire quanto il consumatore sia disposto a spendere”, chiosano Di Carlo e Bellucci. Non una scommessa difficile bensì un matching di sapori, sentenzia Carmine Ferraro, responsabile del Da Caio Bar (The George Hotel Design) di Amburgo. “È doveroso educare costantemente il cliente proiettato verso l‘appagamento di un gusto di qualità e unicità”. Il food pairing deve essere degno del locale che rappresenta. “Il dettaglio è legato all’esigenza e alla conoscenza. Il tutto deve appartenere alla storia e alla cultura del buon bere, con attenzione alle tecniche, all’armonia ed equilibrio dei sapori e al servizio. Indispensabile è l’uso di erbe e aromi come base da cui partire. La parola chiave è l’arte di viaggiare attraverso il prezioso aiuto delle abitudini dei popoli”. Nella collaborazione tra chef e bartender risiede l’alchimia giusta per abbinare qualsiasi cibo ai cocktail. Il pensiero è di Giovanni Grasso, executive chef al Médousa Bistrot & Suites di Taormina: “l’idea nasce dalla voglia di unire le conoscenze, così da poterle mixare e far venire fuori un’arte terza che dà vita all’accostamento cibo/bevande. Il vantaggio principale è quello di soddisfare la clientela, facendole vivere un’esperienza gusto-sensoriale”. Qualsiasi ingrediente può essere usato nel food dando sentori e gusti nuovi ai vari piatti, sintetizza Christian Sciglio, bar manager del Médousa Bistrot & Suites e del Morgana di Taormina. I due dicono: “A noi, non piace molto far trovare gli stessi aromi ed erbe in un cocktail abbinato a un piatto e viceversa: ci piace contrastare i sapori per far sì che i due si completino tra loro dando una esplosione di gusto”.

TAG: CHEF,MIXOLOGY,FOOD PAIRING,QUALITALY 110

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