27 Febbraio 2014

La dimensione local sarà sempre più importante per i bar e i ristoranti.
In realtà lo è sempre stata, ma forse ce la siamo un po’ dimenticata: il bar nasce come centro di ritrovo e aggregazione di una comunità, come punto focale della socialità di un territorio. Travolti dalla globalizzazione – sotto forma sia delle merendine confezionate dall’altra parte del mondo, sia del cliente “forestiero” che passa per un caffè al volo prima di andarsene – spesso abbiamo scordato di guardare al “locale” – ai clienti del palazzo a fianco, ma anche al vino prodotto dall’azienda agricola poco fuori città.
Ora più che mai i pubblici esercizi devono acquisire consapevolezza delle peculiarità del contesto territoriale, storico, sociale che li circonda. Non solo perché il km0 “tira” – un dato di fatto, sia per quanto riguarda il food, per il quale il “km 0“ è ormai sinonimo di freschezza e di rispetto dell’ecosistema, sia per il beverage, dato che la scelta sempre più diffusa di privilegiare vini (e, più recentemente, birre) a chilometro zero diventa un modo per preservare la biodiversità e le tradizioni di un’area geografica.
Ma anche perché scegliere di essere “local” significa abbracciare una vera e propria filosofia, di cui Slow Food e altri movimenti si sono fatti portavoce a livello internazionale. Una scelta che però non deve fermarsi all’approvvigionamento delle materie prime dei piatti nel menu, ma deve arrivare anche coinvolgere direttamente i clienti/cittadini che vivono in quel territorio.
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Una storica foto di Milano, via Senato[/caption]
Il mondo sta diventando, mutuando un aggettivo molto in voga, “glocale”: con le nuove tecnologie non soltanto si può comunicare in tempo reale con l’altra parte del globo, ma anche rinforzare e riscoprire le radici di una località. Lo testimonia il proliferare di pagine Facebook nostalgiche (e seguitissime) come “Foto Milano Sparita”, il nascere in Italia delle prime “social streets” attraverso cui i residenti di una via possono conoscersi e socializzare, nonché il successo di iniziative come “Pigneto Social Food”, che si pone come obiettivo l’aggregazione di un quartiere capitolino grazie all’enogastronomia.
Essere “local” non solo è profittevole: è giusto.
Il Vocabolario continua, non perdetevi la M!
Massimo Airoldi (@massimoairoldi)
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