29 Maggio 2014

Pubblici esercizi: parola d'ordine personalizzazione


Pubblici esercizi: parola d'ordine personalizzazione

Il post consumismo mette l’accento su soluzioni che non permettono una lettura individuale e  il posizionamento del locale cambia secondo gli occhi del cliente

La caduta dei consumi colpisce prevalentemente gli operatori horeca che non riescono a proporre al mercato motivi di acquisto oltre la mera funzionalità. E tanto più il business che si presidia risponde a una funzione precisa (un panino mangiato in velocità, un caffè senza pretese, una sosta necessaria) tanto più il rischio di essere sostituibili è dietro l’angolo.
La concorrenza è veloce nel rispondere, nel presidiare nuove occasioni, nel rendere il successo momentaneo effimero e prontamente superato. E molto spesso la competizione arriva da operatori di altri settori e da altri mercati in modi innovativi un tempo impensati (dalle vending machine, ai supermercati, alle librerie, tanto per fare qualche esempio) e quindi difficilmente osteggiabili.

Cavalcare la velocità
Eppure rispondere a bisogni funzionali precisi è una strada che non solo si era dimostrata di successo in passato, ma anche garanzia universale per attingere ad un universo di clientela sufficientemente ampio (cioè profittevole a lungo periodo) e omogeneo (quindi più facile da comprendere). La standardizzazione, la massificazione dell’offerta è una possibilità facile ma tuttavia poco seducente. Il dopo-consumismo rigetta le soluzioni di acquisto già pronte, che non offrono la possibilità di una lettura individuale, che scelgono senza farsi scegliere. Il dovere di essere “diversi”, insomma, cioè unici, così come particolari vogliono sentirsi le persone quando (soprattutto) acquistano, sembrerebbe la direzione obbligata verso un decisa e precisa scelta di carattere, di presidio del mercato. Eppure anche questa opzione, forse più solida in anni passati, oggi appare non sufficiente.
Eccedere con il posizionamento su particolari segmenti della domanda implica una necessità di rinnovo e un fiuto strategico superiori oggi. Pensiamo a come si muovono e si evolvono le tribù sociali, le preferenze verso i cibi etnici, le mode estetiche. A quanto velocemente invecchia un locale con uno stile troppo identificabile o con una proposta innovativa che diventa velocemente vecchia. Quelli che diventano “classici sempreverdi” sono una minuscola percentuale. Il mondo del consumo oggi si muove con una tale velocità da rendere difficile la sopravvivenza se non a costo di continue rivoluzioni copernicane.

Consumatore co-attore del format
L’osservazione dei casi di successo sul mercato indica tuttavia l’esistenza di una possibile diversa lettura della possibilità di coniugare l’efficacia nel comunicare al singolo consumatore con l’efficienza del pensare al mass market.
Una leva su cui fare appoggio è quella della esigenza del consumatore odierno di ricevere offerte commerciali personalizzate e personalizzabili sulle proprie esigenze dal punto di vista del prodotto (la moltiplicazione della carta di caffè, la sofisticazione crescente degli spirits e non) delle modalità di servizio (dal fai da te all’eccellenza dell’attenzione dedicata), dei modi di fruizione (dal consumo in mobilità al fast allo slow).
bg_mcdo_emploiPersonalizzazione anch’essa non standardizzata tipo menù board di Mc Donald’s ma componibile secondo i propri gusti del momento. E proprio in questa composizione personale risiede gran parte del valore dell’esperienza di consumo prodotta. Il consumatore si fa co-attore del format commerciale a cui partecipa. Il posizionamento del locale cambia, secondo gli occhi del cliente che lo guarda.
Pensiamo al caso di Eataly, ad esempio. I prodotti suggeriti al consumo sono per lo più buoni, alcuni sorprendenti, altri assolutamente banali e comuni. Ma è il modo con cui sono “composti”, il racconto personalizzabile che compongono (che sia un pranzo slow, un acquisto da portare a casa o un gratificante caffè) a fare la differenza.

[caption id="attachment_26761" align="alignright" width="345"]Magnum Pleasure Store, un temporary di successo Magnum Pleasure Store, un temporary di successo[/caption]

Un altro esempio è il Magnum Pleasure Store, temporary store a Milano del brand Unilever, di grande successo di pubblico e di critica. Il motivo di fondo in questo caso è l’unione tra la possibilità di disegnare in modo sorprendente il proprio gelato da parte dei clienti, alla flessibilità e malleabilità di uno spazio commerciale che è contemporaneamente luogo di incontro, vetrina, specchio, rifugio accogliente, luogo sorprendente.
Sono esempio di commercio che supera il concetto di posizionamento e di segmentazione degli anni ‘80, per parlare in modo innovativo cioè liquido, mutante, aperto, al consumatore di oggi.

TAG: MARKETING,STRATEGIE,POSIZIONAMENTO

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