22 Agosto 2014
C’era una volta la farina, bianca, acquistata dal fornaio e lavorata al momento. Il pizzaiolo al tatto decideva se fosse più o meno buona. E la tecnica era sempre quella, una sorta di catena di montaggio senza tanti retro-pensieri. Poi, complice anche il grande mietitore, la crisi economica, si è (ri)scoperto che la pasta per pizza è come il buon vino: migliora maturando. E si è tornati ai sistemi antichi. «Oggi ci si sta spostando verso lievitazioni lunghe e lunghissime che trovano risposta nelle farine di forza ad alto valore proteico. La farina buona? Va analizzata e deve avere una risposta costante nel tempo», spiega Antonio Dilorito, titolare di Mister Chef. Gli fa eco Valeria Alberti, responsabile marketing di Agugiaro & Figna. «I pizzaioli sperimentano nuovi impasti, per creare il giusto equilibrio di gusto e sapori. È aumentata l’attenzione verso la tecnica d’impasto e lo studio della lievitazione. Ci si è resi conto che l’arte della pizza non può essere improvvisata».
Anche il prodotto migliore infatti è inutile se non lo si sa lavorare al meglio. «Ogni farina ha delle proprie caratteristiche che vanno conosciute e approfondite, e ogni farina va lavorata in maniera diversa in base al prodotto e risultato finale che si vuole ottenere» spiega Alberti. I corsi di formazione dunque sono importantissimi. «La linea di farine Le 5 stagioni si compone di oltre 20 referenze, che riescono ad abbracciare un bacino sempre più grande di richieste specifiche. Per tipologia di prodotto desiderato, tempi di lievitazione o caratteristiche di cottura». Nel Centro di ricerca & sviluppo Agugiaro & Figna si tengono ogni giorno corsi per chi vuole aprire una pizzeria o ha già un’attività e ha bisogno di consulenza per perfezionare i prodotti, o ampliare la tipologia di pizze offerte. Sono farine e lavorazioni per tutte le pizzerie? Dice Dilorito: «Un costo della farina maggiore del 10-15% è compensato dalla riduzione degli sprechi assicurata dalle lievitazioni lunghe (i panetti si conservano in frigo per giorni). La farina del resto incide per un mero 1% sul costo totale della pizza. L’unico componente indispensabile è uno spazio refrigerato piuttosto grande dove stoccare i panetti di pizza a una temperatura costante di 2/4 °C, ad uso esclusivo per garantire stabilità di temperatura». Secondo Alberti «La grandezza della pizzeria è irrilevante nella scelta delle materie prime di alta qualità, o di impasti particolari. È il pizzaiolo che deve proporre nuove tipologie per stupire, o educare il gusto del pubblico alla cultura di una pizza nuova, magari mai mangiata, incontrando così più gusti e consensi, con l’opportunità di ampliare il proprio business». Largo alla pizza gourmet dunque sdoganata da chef pluristellati? «Fino a un certo punto: se la pizza dovesse perdere quelle caratteristiche che le hanno permesso di conquistare il mondo, semplicità ed economicità, non dovrebbe più essere chiamata pizza», conclude Dilorito.
La parola al pizzaiolo: impasto regolare e qualche idea in più
«La buona farina si seleziona secondo il modo in cui si intende impastare» dice Paolo Di Blasio di Pizza Bar, pizzeria a gestione familiare con 90 posti a sedere a Silvi Marina (TE), 58 anni e una vita da pizzaiolo e cuoco. «Io uso la maturazione lenta con lievito madre che assicura una pizza più fragrante e digeribile. Ho un armadio frigo che contiene 60/70 casse da 15 palline. Ogni giorno lavoro l’impasto e rigenero quello già preparato uno o più giorni prima. Di solito utilizzo la miscela di soia e la rossa con W 380. Mi capita di cambiare a seconda dell’estro, ho anche utilizzato le macinate a pietra ma le trovo un po’ care per una pizzeria come la nostra». Il mondo delle farine negli ultimi anni è cambiato? «Tantissimo, per la scelta dei grani e la costanza dei risultati. Una volta le farine non avevano la stessa assorbenza, necessitavano di aggiustamenti, oggi possiamo ottenere impasti perfetti e uguali tutti i giorni». La crisi? Si sente certo. «Un po’ l’ho superata utilizzando la mia esperienza di cuoco e inventandomi il giovedì e venerdì, giorni difficili, le “serate baccalà” in cui propongo pizze con topping di baccalà con vari abbinamenti, dalla salsa di ceci ai broccoli, ai peperoni».
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A cura di Matteo Cioffi
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