06 Ottobre 2014

Moneta elettronica: il problema sono le commissioni

di Luciano Sbraga


Moneta elettronica: il problema sono le commissioni

Una fotografia dell’attuale utilizzo dei pagamenti tramite pos.  Alcune misure possono favorirne una maggiore diffusione.

Il 1° luglio è entrata in vigore la norma che obbliga imprese e professionisti ad accettare pagamenti al di sopra dei 30 euro anche per via elettronica. All’inizio la norma prevedeva l’esenzione per imprese e professionisti con fatturato inferiore ai 200 mila euro. Ma di ciò nel provvedimento oggi in vigore non c’è più traccia.
Sebbene, per ora, non siano previste sanzioni, la norma impone, di fatto, a chi esercita attività professionale o d’impresa di dotarsi di un Pos. Infatti, nel caso in cui un cliente intendesse pagare con bancomat o carta di credito il proprio conto al ristorante superiore a 30 euro, l’esercente che si sottrae si ritrova quel pagamento tra i crediti sospesi.
Al fine di rilevare l’impatto della misura sulle imprese di ristorazione, principalmente ristoranti considerando che i pagamenti al bar sono generalmente al di sotto della soglia prevista dalla norma, abbiamo realizzato un’indagine tesa a verificare quale fosse il grado di penetrazione degli apparecchi per i pagamenti elettronici ed i costi delle commissioni pagate dagli esercenti agli emettitori di carte di debito e credito.

POS02Un problema della ristorazione?
Primo risultato: il problema sollevato da numerose categorie in relazione alla necessità di doversi dotare di Pos non riguarda la ristorazione.
L’uso della moneta elettronica è già ampiamente diffuso nei ristoranti. Si tratta di un servizio che i clienti possono ritenere oramai acquisito considerando che il 98% dei ristoranti è dotato di Pos, peraltro senza differenze significative tra le diverse aree del Paese. Pertanto, almeno sotto questo profilo, la norma non cambia il modus operandi del settore. Tra i pochi ristoranti non ancora dotati di Pos poco meno della metà è intenzionato a dotarsene ma senza particolare urgenza. Il resto ritiene di non doverlo fare.
Che i pagamenti elettronici siano già ampiamente diffusi nei ristoranti italiani emerge anche dalla ripartizione degli incassi.
Attualmente solo il 40% avviene per contanti. Anche in questo caso non vi sono particolari differenze tra le diverse aree geografiche della penisola. Sia al nord che al centro ed al sud il contante regola una quota dei pagamenti prossima al valore medio del 40%.

POS03Il vero problema della ristorazione si chiama “Commissioni”. Per un’impresa su due il costo, al netto degli altri costi di gestione delle transazioni elettroniche, è compreso tra l’1% ed il 2% del fatturato e per una su quattro supera il 2%. La stima del valore medio fissa il costo all’1,6% del fatturato. Un valore che è la sintesi delle commissioni pagate sia sulle carte di debito, generalmente più basse, che sulle carte di credito bancarie e commerciali (generalmente più alte).
In valore assoluto stiamo parlando di qualcosa che vale 280 milioni di euro che potrebbero diventare 480 nel caso in cui tutti i pagamenti seguissero la via elettronica. I costi relativi al canone annuale del Pos ed alla gestione degli accrediti giornalieri ammontano a 81 milioni di euro, pari allo 0,5% dei volumi transati. Il risultato finale è di un’incidenza percentuale media pari al 2,1%.
Nel complesso, dunque, la moneta elettronica costa ai ristoranti 361 milioni di euro (3.650 euro per azienda) che potrebbero arrivare a 564 milioni (5.370 per azienda) se il contante fosse totalmente eliminato come strumento di pagamento.

Al ristorante si va quasi sempre in compagnia ed è consuetudine che vi sia una ricevuta cumulativa con pagamenti frazionati. è probabilmente questa la ragione per cui i pagamenti al di sotto dei 30 euro sono pochi anche quando lo scontrino medio del ristorante non raggiunge tale soglia. Una modalità di gestione degli incassi che talvolta è anche causa di contenzioso con il fisco perché genera disallineamento tra scontrini e pagamenti.
In oltre l’80% dei ristoranti i pagamenti al di sotto dei 30 euro costituiscono una quota inferiore al 30% del totale ed in media sono meno di uno su cinque. Una ragione in più per sottolineare che la ristorazione italiana non ha alcun pregiudizio nei riguardi delle transazioni elettroniche a prescindere dalle prescrizioni di legge.

Rimane il grande problema del costo delle commissioni che non ha eguali in Europa e che è anche la ragione per cui abbiamo un volume di transazioni elettroniche di gran lunga inferiore a quello della Francia.
Sono almeno tre le misure che possono rimuovere gli ostacoli ad una maggiore diffusione della moneta elettronica:
1. introduzione dei tetti massimi alle commissioni interbancarie (proposta di Regolamento della Commissione U.E. sulle commissioni interbancarie);
2. ridefinizione della clausola cosiddetta di “non discrimination rule” per favorire l’utilizzo degli strumenti di pagamento più efficienti;
3. detraibilità fiscale di tutti gli oneri legati all’installazione e alla gestione del POS.
Quando queste misure saranno prese si farà definitivamente chiarezza sulla leggenda metropolitana che individuerebbe in commercianti ed esercenti il vero ostacolo alla diffusione della moneta elettronica.

Fonte: indagine Fipe, 2014     Infografica Luca Ballirò

TAG: POS,PAGAMENTO ELETTRONICO,MONETA ELETTRONICA,INFOGRAFICA

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