09 Aprile 2013
I “couponisti” sono quei 10 milioni e più di italiani che fanno “social buying” su internet, comprando beni o servizi a prezzi scontati attraverso l’intermediazione di siti come Groupon e Groupalia. I punti di forza di questo canale sono presto detti: i consumatori usufruiscono di sconti a volte superiori al 70%, mentre il venditore allarga la sua clientela facendosi pubblicità. Il terzo, intanto, gode: il sito intermediario mette a disposizione del partner la sua folta rete di contatti, incassando commissioni variabili sui beni o servizi acquistati.
A prima vista il sistema funziona, ed il successo globale di piattaforme come Groupon sembra dimostrarlo. Sono però diverse le critiche rivolte a questo modello di business, provenienti da entrambi i fronti, consumatori da un lato, venditori/partner (molto spesso ristoratori) dall’altro. Aldilà della diatriba sulla convenienza o meno del servizio di intermediazione – che prevede talvolta commissioni fino al 50% del valore del bene/servizio, a sua volta fortemente scontato per risultare appetibile ai potenziali clienti – qui ci concentreremo su un punto di vista (quello degli esercenti) e su una questione in particolare: l’impatto delle offerte via coupon sulla reputazione degli esercenti.
Coupon e reputazione
In passato abbiamo parlato di recensioni online, occupandoci in particolare di un caso in cui Luigi d’Amico, titolare di un ristorante milanese, metteva esplicitamente in relazione le cattive recensioni del suo locale su TripAdvisor con il tipo di clientela raggiunta grazie a Groupon. L’esercente ritraeva i “couponisti” come “rapaci” che non solo non si affezionano al locale, ma hanno una certa propensione a “castigare via web” scrivendo recensioni negative.
Tra blog e testate online, in Italia e all’estero, sono in parecchi a pensarla come lui: chiamano questo tipo di clienti “bargain hunters”, cacciatori di offerte. Una ricerca americana condotta nel 2011 dalla Cornell University (scaricabile su Arxiv.org), monitorando online un campione di partner Groupon e LivingSocial, ha verificato come il punteggio delle recensioni online dei “couponisti” fosse effettivamente il 10% più basso rispetto al punteggio medio ottenuto dai venditori. Un dato coerente con la testimonianza di Luigi d’Amico nel precedente numero di Mixer. Un dato paradossale, in quanto un’offerta attivata con scarso margine di guadagno con lo scopo principale di fare pubblicità al locale e migliorarne la reputazione non solo così non riuscirebbe a fidelizzare i “cacciatori d’offerte”, ma finirebbe persino per essere controproducente a livello d’immagine.
Giuliomario Limongelli, CEO Groupon Italia, smentisce fermamente: «Il danno d’immagine legato alle recensioni non ha nulla a che vedere con Groupon; se il cliente si trova male in un ristorante (con o senza coupon) ovviamente deciderà di scrivere un commento negativo. Se un ristorante che pubblica un’offerta con noi offre un servizio di qualità, otterrà automaticamente decine di recensioni positive».
Tutta colpa dell’intermediario quindi? Certamente no. Come tutte le campagne di marketing, anche l’offerta via coupon è una strategia rischiosa, che – a seconda di come gestita dall’esercente – può portare a ottimi risultati, o ad un difficilmente recuperabile danno d’immagine. Il “couponista” va trattato con i guanti, anche se ha speso 10 euro: l’obiettivo del coupon infatti è proprio conquistare la soddisfazione di un cliente influente, sulla rete e fuori, il quale – se contento – sarà un efficace megafono capace di alimentare gratis la buona reputazione del locale. «La qualità, la professionalità, la cortesia premiano sempre», sottolinea il CEO di Groupon Italia. «Molti dei nostri Partner propongono ai nuovi clienti promozioni successive attraverso le Fidelity Card Groupon; basta lasciare una semplice card al cliente dove viene indicata la promozione successiva, ad esempio uno sconto del 20% sulla prossima cena o una bottiglia in omaggio se si portano nuovi amici. Così il Partner sa quali clienti Groupon sono tornati e nel contempo crea un proprio data base utile per le promozioni successive».
Attenti all’immagine online
Resta il fatto che il nesso recensioni negative-coupon è evidente, in particolare su TripAdvisor. Per capirci di più siamo andati armati di coupon in un ristorante etnico milanese, anch’esso particolarmente “tartassato” dagli utenti online (2 stelline di punteggio medio su TripAdvisor). Il titolare, interpellato sulla sua reputazione online, non si è mostrato particolarmente preoccupato: «È da un anno che ho attiva l’offerta Groupon, mi trovo bene, ho venduto 3000 coupon. Le recensioni? Non si può piacere a tutti». L’esercente sottovaluta però una cosa: la promozione finisce, ma le opinioni negative restano.
Un consiglio: non scherzate coi coupon.
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A cura di Matteo Cioffi
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