29 Dicembre 2015
La storia del sale ci riporta a diverse migliaia di anni fa per scoprire che le sue origini come elemento alimentare sono state precedute dall’importanza che ha avuto nella conservazione dei cibi. Mettere carne e pesce sotto sale, infatti, si è rivelato fondamentale sia per le popolazioni che basavano la loro alimentazione sulla caccia, in particolare di grossi animali, sia sulle popolazioni transumanti, che avevano bisogno di strumenti di conservazione del cibo durante i loro spostamenti. È stato probabilmente contemporaneo l’accorgersi che l’aggiunta di sale dava più sapore ai cibi. Questo uso preponderante per la conservazione degli alimenti ha fatto sì che il sale diventasse ben presto un bene prezioso, tanto da prevedere la costruzione di vie di trasporto per lo stesso, un commercio fiorente fino addirittura all’usanza di pagare i lavoratori con una parte di sale (salario). Tutto ciò non poteva non avere riferimenti nelle tradizioni tanto che nell’iconografia del sale si ritrovano valori quali fedeltà, rispetto, suggello di patti fra nazioni, insomma tutto ciò che ha a che fare con il mantenimento nel tempo di accordi o tradizioni.
IL SALE NELLA DIETA. Dal punto di vista biochimico il sale è cloruro di sodio. Il sodio, in particolare, è un elemento fondamentale per il funzionamento di gran parte del nostro organismo. Serve per la trasmissione nervosa, per il funzionamento muscolare, ma in particolare per l’equilibrio idroelettrolitico. Basti pensare che ogni cellula mantiene una differenza di potenziale elettrico tra il suo interno e l’esterno grazie proprio alla presenza della giusta quantità di sodio. Anche minime variazioni di questo preziosissimo elemento possono essere pericolose per la salute. È probabilmente per questo che l’organismo ha sviluppato dei sistemi di controllo dei livelli di sodio, di smaltimento dello stesso quando in eccesso o di attivazione di comportamenti di ricerca quando questo dovesse essere carente. Il sale, naturalmente, proviene dalla dieta. La continua ricerca di sapori sempre più forti, l’importanza per gli obiettivi della conservazione e, non ultimo, un certo grado di adattamento al gusto salato tanto da indurne la ricerca, hanno fatto in modo che gran parte della popolazione tenda ad abusare di questo alimento. Secondo l’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, dovremmo consumare 6 g di sale al giorno che corrispondono ad un valore circa di 2,3-2,5 g di sodio (che nel sale rappresenta circa il 40%). Ci sono diversi lavori scientifici che tenderebbero a spostare questo valore verso 1,5 g quotidiani. Il consumo medio nazionale si aggira intorno ai 9 g giornalieri mentre in altre nazioni, prima fra tutte gli Stati Uniti, si superano i 12gal giorno. I due problemi di salute legati al sale sono l’aumento della pressione e, più in generale, le patologie cardiovascolari. È stato calcolato che di questo passo entro il 2050 il 90% della popolazione avrà problemi di pressione ad un certo punto della propria vita. All’ipertensione sono direttamente connesse altre patologie del cuore e, più in generale, della circolazione arteriosa.
IL SALE NASCOSTO. Una grande quantità di cibo industriale è ricca di sale. Patatine fritte, salatini, cracker, maionese, i cibi precotti, le impanature, anche quelle destinate ai bambini, la carne conservata contengono quantità di sale davvero importanti. Tra i cibi più comuni pane, pizza e latticini sono quelli che portano la maggiore quantità di sale nel nostro corpo senza che ce ne possiamo rendere conto.
QUANTO,COME E QUANDO. Le organizzazioni mediche più accreditate stanno sviluppando campagne per la riduzione del sale alimentare. L’obiettivo principale è quello di creare consapevolezza perché, effettivamente, le azioni del singolo cittadino sono semplici da applicare. Pensate per esempio alla quantità di sale che ritenete giusta da aggiungere ad un piatto di pasta in cottura. Ebbene, in soli tre giorni ci si può abituare come gusto alla metà del sale che siamo abituati ad utilizzare. È chiaro che abbiamo pochissimo potere nei confronti dei cibi confezionati o precotti, così come su quelli preparati da altri. Ma una scelta oculata negli acquisti può permettere dei cambiamenti molto importanti. Abituarsi ad una minore quantità di sale nei cibi comuni, diminuire il consumo di pane e scegliere quello prodotto con minore quantità di sale; evitare i cibi palesemente salati per ragioni industriali e di profitto. Non tenere il sale in tavola. Imparare l’uso di alternative al sale come le spezie o il gomasio. Quest’ultimo consiste in una polvere costituita per 10 parti di sesamo tostato e una di sale marino integrale. Se ne sparge una discreta quantità e molto presto ci si abitua al suo sapore.
IL MIGLIOR SALE. Il mercato offre diverse tipologie di sale. Intanto si fa la distinzione tra sale marino e sale minerale o salgemma. Tra questi ultimi, poi, si è sviluppata una grande varietà di offerte. Il sale marino si trova sostanzialmente in tre forme: raffinato, iodato, integrale. Il difetto del sale raffinato è che perde qualunque tipo di scoria, per cui ci porta sodio purissimo, dunque in maggiore quantità a parità di peso. Lo iodato è entrato in auge nella fine degli anni 60 nel mondo occidentale allo scopo di sopperire a certe carenze di iodio nelle acque di alcune zone. Il sale marino integrale non è raffinato e trasporta con sé una maggiore quantità di sali minerali e di principi attivi. Tra tutti è il migliore da utilizzare, sia per ragioni di salute che di genuinità dei cibi. Tra le alternative terrestri troviamo il sale estratto dalle montagne di diversi angoli della terra, probabilmente in grado di conferire sapori particolari a certi cibi. Unendo i principi di etica e salute con la modernità della globalizzazione possiamo dire che questi sali particolari possono essere utilizzati per soluzioni culinarie specifiche ed occasionali. Nella quotidianità il sale marino integrale di provenienza locale rispetta certamente i principi della biodiversità, dell’etica alimentare e della salute.
QUALCHE IDEA PRATICA. Imparare l’utilizzo delle spezie che possano insaporire i cibi in modo originale. Coriandolo, aglio, cipolla, curry, sesamo, semi di finocchio, limone sono soltanto alcune delle proposte che si possono sperimentare. Accanto a queste sarebbe interessante imparare l’uso delle alghe, tenendo presente che alcune di queste, molto facili da trovare in commercio, sono particolarmente ricche di sodio e dunque vanno utilizzate con moderazione. Imparare e proporre, come alternativa, l’uso del gomasio. Non mettere la saliera in tavola. Nei ristoranti potrebbe essere utile mettere in evidenza nel menu il fatto che non c’è sale in tavola perché se ne sconsiglia l’aggiunta per ragioni di salute. Si potrà altresì indicare che sono disponibili alternative più salutari. Una piccola carta del sale, che ne descriva le proprietà e le caratteristiche, potrebbe essere elemento distintivo di attenzione ai dettagli.
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