pubblici esercizi
08 Settembre 2020Se ne è parlato, se ne parla e se ne parlerà a lungo. La movida delle grandi città, in un periodo come questo, pare essere un’ancora di salvezza da un lato e un grosso problema dall’altro. Il perché è abbastanza palese: permette di rimettere in moto un’economia sopita durante la chiusura totale e necessita particolari attenzioni in previsione di potenziali comportamenti irresponsabili. Del resto, “fare movida” con il regolamento delle restrizioni alla mano pare difficile e una buona dose di irresponsabilità pare abbia la forza di vincere su tutto. Ecco perché, inevitabilmente, si conia l’espressione mala-movida, capace di abbracciare non solo la questione del rischio dei contagi ma pure di alcuni locali. Analizziamo la questione grazie all’intervento degli esperti del settore che sanno dare una panoramica economica, sociale e antropologica.
Il Punto di Lino Stoppani,
presidente Fipe:
tra movida e smart working
La prima analisi sull’argomento è di Luciano Sbraga, vicedirettore Fipe. «La mala-movida non è un fenomeno recente! La novità di oggi è che al tema della sicurezza e del decoro si sono aggiunti aspetti di carattere sanitario – afferma Sbraga -. Sono due facce di una stessa medaglia che si sono intrecciate». La questione prende vita anche da un concetto imprescindibile: la movida non può esistere senza convivialità e, di conseguenza, senza assembramento. «La questione – continua il vicedirettore – va affrontata da due angolazioni diverse: la prima riguarda l’importanza della movida per i pubblici esercizi e per le città stesse, la seconda, gli effetti negativi in termini di ingovernabilità dei luoghi con il rischio di avere più costi che benefici. Dentro questo bilancio rientra ora anche la sicurezza sanitaria». Sono aspetti che è impossibile tenere disgiunti anche alla luce della possibile recrudescenza dei contagi nei prossimi mesi. «Il Coronavirus ha messo ancora più in evidenza il confine tra movida e mala-movida – prosegue Sbraga – soprattutto dinanzi all’incognita su ciò che accadrà nei prossimi mesi. Bisogna essere prudenti per contenere rischi e minacce perché non ci possiamo assolutamente permettere ulteriori misure restrittive. Siamo in una complessa e difficile fase di transizione ed è fondamentale che le imprese continuino ad avere misure di sostegno economico per affrontarla e superarla».
Ed ecco che il tema delle misure di sostegno rientra sempre nell’ordine del giorno, trattando di ammortizzatori sociali (le aziende e gli esercizi pubblici hanno ancora fatturati nettamente inferiori rispetto al periodo pre-Covid), sgravi fiscali e contributivi sul lavoro per coloro che vogliono preservare il personale assunto e non tenerlo in cassa integrazione. «Proprio il costo della cassa integrazione potrebbe essere indirizzato in parte per le imprese che si sentono di fare nuove scommesse, riducendo così il costo del lavoro». Il vicedirettore di Fipe solleva anche un’altra annosa questione, quella dei canoni di locazione. «Soprattutto nelle grandi città sono una zavorra pesante per le aziende ed è pertanto necessario intervenire prolungando il credito d’imposta già riconosciuto per i mesi passati o individuando una norma che crei le condizioni per rinegoziare i contratti dei canoni di locazione con la proprietà, senza rischiare lo sfratto».
Molti gli argomenti di carattere economico e burocratico, ma bisogna porre l’attenzione anche su altri fattori che possono rappresentare un aiuto per affrontare l’impatto che l’emergenza sanitaria sulle attività. «Tutti stanno soffrendo ma è proprio nelle città più grandi che si riscontrano tre fenomeni estremamente negativi: la mancanza del turismo, soprattutto internazionale, la prosecuzione dello smart working per centinaia di migliaia di lavoratori e l’assenza dei grandi eventi che fanno da attrattori per i centri storici. Tre fenomeni che non impattano sui centri minori che, al contrario, stanno beneficiando di un turismo di prossimità molto interessante».
Difficile fare previsioni per il futuro, soprattutto osservando come l’emergenza sanitaria sia in continua evoluzione, non solo in Italia ma anche all’estero. «Prima di tutto bisogna capire quale sarà la capacità di resistenza e resilienza da parte del settore – conclude Sbraga – Penso che i cambiamenti determinati dal Covid-19 non saranno irreversibili, ci saranno delle “eredità” con le quali dovremo fare i conti ma la voglia di relazione e convivialità tornerà a manifestarsi pienamente perché è l’essenza della natura umana».
Voce anche all’Avvocato Giulia Rebecca Giuliani dell’Area Legale, Legislativa e Tributaria di Fipe che mette in evidenza come la mala-movida sia da sempre un argomento d’interesse. «Per questo è stata redatta una guida che fa capo al progetto del “Bere Consapevole”. Si tratta di un progetto Fipe - Federvini, dove il mondo dei pubblici esercizi e dei produttori si uniscono per dare indicazioni precise a quelle che sono le imprese di settore». Accanto alla guida, che illustra anche la normativa, vi sono le tabelle previste dal Decreto Ministeriale del Ministero della Salute, obbligatorie per gli esercizi che restano aperti dopo le ore 24.00. «Una parte della guida è rivolta al consumatore – prosegue l’avvocato – così da avere tutte le informazioni necessarie per assicurare un comportamento responsabile».
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La mala-movida, di per sé, oltre a considerare un consumo eccessivo di alcol comprende anche un comportamento irresponsabile, oltre a una serie di altri fattori che possono interferire. Vien da sé che questo annoso aspetto si interseca e penalizza chi svolge il proprio lavoro con responsabilità «Ecco perché la Federazione interviene in modo qualificato, per tutelare e garantire un’informazione adeguata e chiara – prosegue Giulia Rebecca Giuliani –, tanto è che stiamo organizzando anche un corso formativo per i nostri associati».
All’interno della guida si parla del consumo dell’alcol anche tra i giovanissimi, un argomento di carattere sociale che desta sempre di più preoccupazione nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità dica chiaramente che dovrebbe esserci un’astensione totale dal consumo di alcol sino ai 15 anni. «L’età media si è abbassata e ne evidenzia la problematica alcune nuove mode come il binge drinking, ossia un alto consumo di bevande alcoliche in un arco temporale molto ristretto – spiega la Giuliani –. Nella relazione del Ministero della Salute del 2017 si legge che circa il 18,4% dei minorenni ha consumato almeno una bevanda alcolica. Nel nostro caso, il titolare o il gestore del locale, ha l’obbligo di chiedere il documento d’identità anche in previsione delle conseguenze penali».
Le sanzioni cambiano in base alla violazione che si commette: «Sull’argomento serve fare una netta distinzione – precisa l’avvocato – Ci sono esercizi che somministrano, altri che prevedono solo la vendita. I pubblici esercizi hanno il permesso di somministrazione sino alle 3.00 di notte per poi riprendere alle 6.00 (sempre che non ci siano ordinanze comunali specifiche che prevedano orari diversi per esigenze locali): in un caso come questo le sanzioni possono partire dai 5 mila sino ai 20 mila euro e, in caso di reiterazione della violazione nell’arco dei due anni si prevede la sospensione definitiva della licenza».
Fase 2, Fipe: "Passiamo dalla 'mala movida' alla 'sana movida'"
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