pubblici esercizi
27 Febbraio 2015Fabio Milani è uno dei primi e maggiori rappresentanti italiani di Flair, vera e propria arte del servizio nonché momento di spettacolo al banco bar.
Protagonista di gare internazionali e co-fondatore della WFA – World Flair Association, Fabio porta oggi il Flair in nuova dimensione e a nuovi formati come il Coffee Flair.
Prendiamo la macchina del tempo e settiamola sul 1988, sono gli anni di “Cocktail” con Tom Cruise, dei primissimi flair bartender al “T.G.I.Fridays”, ancora non si parla nemmeno della FBA di Orlando, è troppo presto…
Dov’era a quell’epoca Fabio Milani?
All’epoca ero ancora un bambino, avevo 11 anni e il mio sogno era quello di diventare un calciatore professionista. La mia prima esperienza da operatore di bar è avvenuta qualche anno dopo, a 14 anni preparavo le bevande nel ristorante di famiglia e tentavo di fare Flair… con le pizze! Non avevo ancora la minima idea di cosa potesse essere un cocktail.
Cambiano gli scenari, cambia la musica, in tutti i sensi, e siamo negli anni ’90 quando il Flair arriva in Italia. Sono gli anni in cui scopri il Flair e poi Planet One, la prima scuola allora dedicata all’American Bartending...
La svolta è avvenuta all’età di 19 anni durante il periodo di leva a Genova. In una fiera di settore alberghiero restai sbalordito dalla maestria di Paolo Ramos, che promuoveva attrezzature e corsi di formazione. Finito il servizio militare, sono tornato a lavorare nell’attività di famiglia, pub e pizzeria, e poco dopo decisi di intraprendere un corso full immersion di bartending a Milano, il mio trainer fu proprio quel Paolo Ramos che tanto mi emozionò. Al mio ritorno il mondo che conoscevo non esisteva più. Il mio obbiettivo era imparare il più possibile di quest’arte meravigliosa. Anche mio fratello iniziò a condividere questa mia passione e tramite internet conobbi il presidente di un network americano di flair bartender, la FBA. Iniziai a viaggiare per ampliare le mie conoscenze ed entrai a far parte di questo network e ne divenni ambasciatore per l’Italia. A quei tempi scoprii Planet One, prima come studente per poi diventare uno dei trainer negli anni successivi, collaborando anche alla realizzazione di seminari e competizioni a livello nazionale.
Il Flair esplode ed è un vero fenomeno, tu sei fra i primi talenti che si fanno notare in Italia, che ricordi hai di quei momenti?
Se posso definire quel periodo in poche parole direi: rock star without money! Sono stati anni bellissimi sotto tutti i punti di vista e mi ritengo veramente fortunato ad essere stato uno dei pionieri che hanno interpretato e contribuito alla crescita di questo meraviglioso sport e arte che è il Flair Bartending. Questa professione mi ha permesso di viaggiare e visitare paesi che neanche lontanamente credevo avrei visitato: dall’America al Giappone, fino alla Corea e ad alcuni paesi dell’Africa oltre che in gran parte d’Europa. Mi sono cimentato prima come competitor poi come giudice, showman, organizzatore e numerose occasioni si sono susseguite in un crescendo di emozioni, non solo gare ma anche trasmissioni televisive nazionali importanti su Mediaset (bartender al Grande Fratello 2) e Rai (Sanremo Estate). La mia popolarità crebbe grazie alle numerose gare internazionali alle quali partecipai classificandomi quasi sempre nei primi posti e alcune mie interviste ed esibizioni vennero trasmesse su canali nazionali in America, Francia, Olanda e Ucraina. Devo ringraziare la mia famiglia per il successo, che è arrivato anche grazie al loro incoraggiamento.
A un certo punto però decidi di vedere le cose da una prospettiva diversa e cominci il progetto di WFA - World Flair Association - di che si tratta?
L’idea della World Flair Association nasce a Montecarlo durante una finale mondiale di Flair Bartending. In quell’occasione, facevo ancora parte del board director dell’FBA. In seguito ad una discussione, mi resi conto di non condividere più gli ideali iniziali del progetto e dopo le dimissioni decisi che avrei comunque continuato a contribuire allo sviluppo del Flair Bartending. Il mio obbiettivo era di creare un global network di bartender che condividono questa mia passione. WFA, che sta per World Flair Association, promuove il bartending come stile di vita e carriera con lo scopo di aiutare i bartender a condividere conoscenze ed esperienze.
Come funzionano gli esami WFA e quanti livelli sono previsti?
I Grading WFA sono prove dedicate a coloro che vogliono essere “flair bartenders”. Il sistema è impostato come le cinture del Karate e ad ogni colore corrisponde un livello. Il bianco si ottiene gratuitamente per mezzo di registrazione al sito www.worldflairassociation.com mentre i livelli successivi (giallo,arancione,verde,blu) sono raggiungibili per mezzo di esami oggettivi con difficoltà crescente. Ci sono inoltre alcuni colori (viola,nero,bronzo,argento e oro) raggiungibili solo partecipando a gare internazionali “Grand Slam”. Ogni esame è composto da 4 discipline: test di free pouring, preparazione drink in velocità, 10 movimenti di working flair e 10 movimenti di exhibition flair da eseguire in un limite di tempo prestabilito. A ogni livello raggiunto viene omaggiato uno shaker dello stesso colore del livello raggiunto. I grading centers e gli Examiners WFA organizzano presso le proprie sedi i “Grading Days” e fra questi si annoverano anche le sedi dell’Ateneo del Bartending Planet One.
Il Flair non è sempre apprezzato da tutti, alcuni ritengono che sia una spettacolarizzazione fine a se stessa. Trovi che questo pensiero si stia pian piano superando o ci siano ancora resistenze?
Il Flair, proposto come valore aggiunto alla professionalità del bartender, è un’arte formidabile che aiuta ad aumentare la clientela e valorizza l’interazione tra clienti e bartenders. Per essere un Flair Bartender bisogna prima dimostrare di saper dosare e produrre, in tempo ragionevole, i drinks per il cliente. Insomma l’esibizione non deve andare a discapito della qualità.
Negli ultimi anni hai anche portato su un altro livello il Flair applicandolo al mondo della caffetteria…
Il coffee flair rappresenta una proposta completamente innovativa nel mondo della caffetteria per valorizzare l’esperienza del cliente finale. Il coffee flair bartender è l’operatore del bar che ha conoscenza ed esperienza sia nel campo del flair bartending che della caffetteria. L’idea fu lanciata circa nove anni fa da me e Andrea Lattuada, all’epoca fresco del titolo di Campione Italiano Baristi Caffetteria, e fu richiesta dalla SCAE come seminario durante una finale mondiale del World Barista Champion per poi venire riproposto in numerosi paesi come special event e per competizioni. Noi italiani abbiamo inventato l’espresso e il coffee flair permette di rendere i professionisti del domani sempre più specializzati e di aumentare la qualità del servizio per clienti sempre più attenti ed esigenti.
Sappiamo che sai emozionare con il Flair, dovessi farlo semplicemente con un cocktail, quale sceglieresti?
Sono un amante dei cocktail e, come per la cucina, mi piace assaporare sempre nuovi accostamenti. In generale cerco di bere solo drinks con distillati premium e l’aggiunta di frutta fresca o spezie e dolcificanti naturali. Il cocktail perfetto per emozionare il cliente è quello costruito su misura per lui, con prodotti di qualità, con attenzione a tutti dettagli così da poter offrirgli un’esperienza sensoriale.
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