caffè
14 Aprile 2014La puntata che Report ha dedicato al caffè nelle scorse settimane, continua a far parlare un settore messo sotto accusa della trasmissione di Rai Tre. Dopo il commento di Edy Bieker, a.d. di Sandalj Trading Company, MixerPlanet dà quindi spazio alle riflessioni di Enrico Meschini, titolare di Le Piantagioni del Caffè e presidente di CSC - Caffè Speciali Certificati, dando vita a una sorta di seconda ideale puntata di un filone che crediamo destinato a non esaurirsi qui.
Nello specifico, Meschini, affronta un tema spinoso per il settore quello della visione negativa che numerosi operatori esteri hanno del caffè italiano. «Quando parliamo con leggerezza e, non di rado, con un po’ di supponenza, della qualità del caffè che vendiamo all’estero - afferma il manager -, dovremmo ricordarci che l’espresso è un prodotto che ci identifica e per cui veniamo riconosciuti come italiani. Dovremmo quindi tener presente che fa sicuramente parte di quel pacchetto di prodotti che caratterizzano il “made in Italy”. Al contempo dovremmo anche ricordarci che il valore delle esportazioni del caffè tostato che si trasformerà nella nostra amatissima bevanda ha superato il miliardo di euro, diventando una voce importante nel paniere delle esportazioni italiane che sostengono questo nostro travagliato Paese. Non si può non considerare, però, che nell’ambito del mondo dei caffè speciali nordeuropei e canadesi, per citare solo ciò di cui sono certo per esperienza diretta, il fatto che un caffè sia italiano ha già assunto una connotazione negativa. Voglio citare un’esperienza diretta fatta l’anno scorso al London Coffee Festival: i numerosi espositori, tutti appartenenti al mondo dei caffè speciali, di cui parlavo in precedenza, accorrevano al nostro piccolo stand di Le Piantagioni del Caffè non celando la loro meraviglia per la qualità del nostro caffè. Sembrava loro quasi impossibile che degli italiani potessero fare meglio di loro. In questo atteggiamento, scaturito - certo - anche da una certa dose di ignoranza, si misura l’atteggiamento assunto da un settore all’avanguardia. Sono cosciente del fatto che il settore dei caffè speciali rappresenta una percentuale minima del totale dei consumi, tuttavia non si può non registrare questo atteggiamento come un campanello d’allarme, proveniente da un ambiente all’interno del quale si sviluppano gli opinion maker. Da una parte, mi piace pensare che ciò non possa che favorire i prodotti di “qualità vera” (e questo potrebbe confortarmi), ma da italiano mi domando a che rischio sia esposto il miliardo e oltre di euro delle nostre esportazioni. Credo sia giunto il momento di incominciare ad agire, tralasciando le polemiche e realizzando prodotti più accuratamente selezionati per il bene comune».
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