caffè
18 Luglio 2014La crescita del mercato del caffè in confezioni monodose per macchina per uso privato è esaltante : quasi il 16 % nel 2013 nella sola GDO, avendo fatto segnare un aumento del fatturato dai 114 milioni di euro registrati nel 2012 ai 132 milioni del 2013; ormai quello del caffè porzionato rappresenta il secondo segmento dopo il macinato (circa 700 milioni di euro nel 2013), ma mentre tutto il comparto del caffè è in calo la branca di mercato delle confezioni mono uso, come abbiamo visto, registra incrementi positivi in doppia cifra e nel dato menzionato non sono contemplate le vendite on line e quelle delle boutique delle ricariche di caffè.
Anche se spesso i termini cialde e capsule sono usati indifferentemente come se fossero sinonimi della confezione monodose di caffè macinato per macchine per uso domestico / ufficio, è propedeutico - per la comprensione dei risultati della ricerca effettuata - precisare le differenze.
Con capsule si intendono le monoporzioni confezionate in plastica o alluminio, mentre con cialde si identificano le mono dosi confezionate in carta.
I produttori si stanno sempre più orientando verso le capsule a discapito delle cialde.
I mood degli internauti
Analizziamo ora i mood del popolo del web “writing on line about” capsule e cialde di caffè; va precisato che quando i naviganti ne parlano, fatta eccezione per i prezzi e la reperibilità, non fanno distinzioni tra i canali di acquisto, ovvero il loro sentiment verso il prodotto non muta se acquistano le confezioni di ricariche di caffè on line, in negozio o presso la GDO.
Stando ai frequentatori della rete la spiegazione “ufficiale” dei produttori di caffè per motivare il passaggio alle capsule è che l’involucro in plastica o alluminio consente una conservazione ottimale del caffè macinato preservando meglio aroma e qualità rispetto alla cialda in cellulosa, sebbene anch’essa chiusa ermeticamente e confezionata in atmosfera protetta.
Ma le vere motivazioni del cambiamento, per gli internauti, sono le seguenti. La capsula permette la realizzazione di un packaging più esclusivo e nella corsa all’immagine ed al prestigio intrapresa dai produttori, per diversificare un prodotto altrimenti indifferenziato quale è il caffè, ciò ha un forte peso e soprattutto giustifica un prezzo superiore rispetto alla cialda.
La capsula consente la progettazione di confezioni “proprietary”, quasi impossibili da realizzare con la confezione in carta, permettendo di arginare e contrastare il mercato delle ricariche compatibili.
I costi del caffè discussi sul web
Analizziamo ora alcune considerazioni economiche – che non arrivano al 10% dei pareri totali intercettati - per trarre una conclusione contro tendenza.
I naviganti hanno la seguente percezione dei prezzi: le caffettiere (moka) classiche costano pochi euro, mediamente 10, le macchine (per uso domestico/ufficio) per il caffè in polvere hanno prezzi a partire dai 50 euro, quelle per caffè in capsule e cialde prezzi vari ma decisamente superiori con una media, secondo gli internauti, intorno ai 200/250 euro, per finire le macchine (sempre per uso privato/ufficio) che funzionano esclusivamente con caffè in grani (chicchi) hanno un entry price oltre i 400 euro.
Per quanto riguarda il caffè in polvere il prezzo medio al chilo del macinato per espresso è, stando al popolo della rete, di quasi 10 euro, quello del caffè in grani di 20 euro, per un chilo di caffè in cialde si spendono mediamente poco più di 35 euro, mentre un chilo di caffè in capsule costa in media oltre 45 euro.
In un periodo di crisi economica pesante e prolungata, purtroppo senza previsioni di ripresa nel medio e breve periodo, da una popolazione che ha ridotto la spesa alimentare di quasi 13 miliardi di euro in 8 anni nonostante l’aumento dei prezzi, ci si aspetterebbe che per preparare il caffè in casa o in ufficio utilizzi un caffè da 10 euro al chilo con una caffettiera che ne costa altrettanti, invece gli italiani preferiscono prepararlo spendendo in media 25 volte di più per la macchina e 4,5 volte di più per ogni singolo caffè.
Questo nella nazione della tradizione della moka !
Stando al popolo del web il confronto è con il caffè consumato al bar e sebbene la qualità delle cialde e delle capsule non sia ancora quella della tazzina al bancone è quanto di più si avvicini ad essa e quindi il benchmark non è con il caffè preparato con la caffettiera, “di ormai storica memoria”, ma è con l’euro circa dell’espresso; la percezione in rete del costo di un caffè monoporzionato top di gamma è inferiore ai 50 centesimi.
Pochissimi i pareri intercettati riguardanti siti di vendita on line particolarmente vantaggiosi o relativi alla qualità delle ricariche compatibili. Concetti quali la praticità e la rapidità della preparazione derivanti dall’utilizzo di macchine per il consumo privato vengono appena sfiorati dai naviganti (4% circa di menzioni) e sembrano non essere alla base della scelta o essere divenute una commodity e non più una reason why di acquisto.
Il tema caldo è l’ambiente
Ma cosa scrivono maggiormente nel web coloro che chattano riguardo al caffè in cialde e in capsule?
I naviganti, nel 15% dei casi, parlano della qualità, del gusto, dell’aroma, della “bontà” del caffè di una determinata marca o di una determinata linea di prodotto, ma il dibattito in rete sul caffè porzionato verte soprattutto su salute, ambiente, sostenibilità, col 70% circa dei pareri, tutti fortemente critici.
Nonostante i principali brand si siano da tempo attivati con interventi che salvaguardano l’ambiente ed aiutano socialmente i paesi produttori di caffè, quali la rotazione delle colture, il rimboschimento, la costruzione di asili e scuole, programmi sanitari per le popolazioni locali, tali interventi sono vissuti dalla maggior parte dei naviganti come “green/social washing“ e le accuse alla coltivazione intensiva, alla deforestazione, allo sfruttamento del territorio, al bassissimo prezzo di acquisto del caffè riservato ai produttori locali, alle condizioni di lavoro dei lavoratori, in particolare quelle dei raccoglitori, trovano ampio spazio in rete, dove si diffondono e moltiplicano.
Sicuramente la produzione intensiva di caffè sembra catalizzare, almeno in rete, tutte le principali accuse fatte alla globalizzazione.
Altro tema molto dibattuto, facente parte del 70% di pareri fortemente critici, è l’inquinamento derivante dal mancato smaltimento delle capsule in plastica ed in alluminio.
Particolari accuse vengono mosse all’impossibilità di riciclare per un ulteriore utilizzo le capsule in plastica ed alluminio e nonostante alcuni produttori si siano attrezzati autonomamente per la raccolta ciò sembra non soddisfare ancora l’opinione dei consumatori critici.
Gli interventi non risolutori a tale proposito di Cial (consorzio nazionale per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in alluminio) e Conai (Consorzio nazionale imballaggi) sono fortemente criticati in rete dagli internauti che invocano solo capsule in cellulosa; lo standard europeo ESE (Easy Serving Espresso), (standard non obbligatorio), che prevede cialde biodegradabili e caffè compostabile, è sbandierato in rete come esempio da seguire
Molto popolare in rete anche la proposta di un’azienda italiana di Novara che ha studiato e produce una particolare bioplastica di origine vegetale, completamente biodegradabile, che rispetta gli standard richiesti ai contenitori per alimenti, in grado di resistere alle alte temperature cui le capsule del caffè sono sottoposte.
Circolano nel web dati allarmanti sulla quantità di tonnellate di CO2 liberate nell’atmosfera per la produzione delle sole capsule in plastica e molta enfasi è stata riservata alla direttiva CEE che auspica una rapida soluzione al duplice problema – alluminio e plastica - da parte dei produttori di caffè.
Circa un terzo del 70% delle pesanti critiche mosse al caffè monoporzionato riguardano il furano, problema che, da quando è stato sollevato in uno studio effettuato dall’Università di Barcellona nel 2011, torna periodicamente alla ribalta della cronaca e non è mai scomparso dalle argomentazioni “contro” presenti nel web.
In estrema sintesi: l’Efsa (autorità europea per la sicurezza alimentare) effettua un monitoraggio costante della quantità di furano presente negli alimenti, sostanza non pericolosa in piccolissime dosi che però il nostro organismo non è in grado di smaltire ed il cui accumulo può fare insorgere tumori; da uno studio commissionato dall’Efsa all’Università di Barcellona emergerebbe che l’alta temperatura cui sono sottoposte le capsule di caffè ed il fatto che siano chiuse impedirebbero al furano, che è particolarmente volatile, di disperdersi come normalmente avviene e quindi il consumo regolare di caffè in capsule potrebbe portare ad un accumulo nell’organismo di quantità cancerogene di furano.
La questione è controversa e non vi sono studi che confermino l’ipotesi dell’Università di Barcellona ma il dibattito sul web non si spegne.
Come sempre nelle nostre ricerche non indaghiamo la veridicità o meno delle affermazioni scritte nel web dai naviganti riguardo problematiche, prodotti e servizi, essendo il nostro scopo monitorare il sentiment dei consumatori.
Ricordiamo che i consumatori avversi ad un prodotto sono molto più motivati nel manifestare il proprio dissenso di quanto lo siano i consumatori favorevoli allo stesso prodotto e che un parere negativo scritto nel web ha molta più risonanza, generando un effetto virale, di un parere positivo.
Segnaliamo inoltre i seguenti dati relativi al 2013 : oltre l’80% degli utenti del web domestico afferma di leggere on line opinioni su prodotti e servizi; Il 58% sostiene di seguire i consigli rintracciati in rete ed il 56% di cambiare opinione in base a ciò che legge nel web.
I costi non fermano i consumi
Concludendo: nonostante una macchina per uso privato per il caffè in capsule costi 25 volte una caffettiera, un chilo di caffè in capsule costi 4 volte e mezzo un chilo di caffè in polvere, nel mercato del caffè, globalmente in contrazione, la vendita delle capsule continua a crescere.
Questo non toglie che il popolo del web nel 70% dei casi sia fortemente critico verso i brand di caffè, sia per lo sfruttamento ambientale e sociale dei paesi produttori, sia per i problemi connessi con lo smaltimento delle capsule in alluminio e plastica, sia per loro mancato riutilizzo, sia per l’immissione di tonnellate di CO2 nell’atmosfera derivante dalla produzione di capsule in plastica, sia per la dibattuta possibile presenza di furano nel caffè preparato con le capsule.
Ciò nonostante le vendite di caffè monoporzionato in cialde, che non presentano il problema del furano, che sono biodegradabili essendo in cellulosa, che non sprigionano CO2 durante il processo di produzione, è in calo, stando al popolo del web per motivi di marketing, non consentendo la realizzazione di capsule proprietary, non permettendo la realizzazione di un packaging prestigioso e di immagine, non giustificando un prezzo maggiore.
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