caffè

18 Novembre 2014

Acqua e caffè: questione di elementi

di Angelica Salustri


Acqua e caffè: questione di elementi

acquaAcqua, preziosa quanto spesso dimenticata. L’acqua è assieme veicolo ed elemento predominante nella preparazione di una tazza di caffè. Quando parliamo di espresso da “manuale”, quindi preparato con 7 grammi di macinato, con un’erogazione della durata di 25 secondi e un risultato in tazza di 25 ml, ci troviamo di fronte una bevanda formata dal 94-95% di acqua e un 6-5% di caffè. Queste percentuali diventano più estreme in presenza di caffè filtrato o all’americana, con un 98% d’acqua che ha estratto e portato con sé in tazza gli aromi e i gusti del caffè. Bastano questi dati per chiarire che l’acqua è l’ingrediente segreto e che la sua qualità influenza enormemente il valore di un caffè. Vi siete mai chiesti: “l’acqua con cui preparo il caffè ai miei clienti è buona?”. Se sì, avete fatto bene. Ora cerchiamo di capire quali sono gli aspetti fondamentali da conoscere e quali le procedure da seguire per un’acqua a regola d’arte prima e un caffè impeccabile dopo. Ne parliamo con Dario Manazza, docente della scuola AICAF, Accademia Italiana Maestri del Caffè, consulente per una torrefazione, assaggiatore e trainer Iiac (Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè) che ha alle spalle anche corsi professionali sul trattamento delle acque e sulle macchine per caffè espresso.

L’acqua utilizzata in caffetteria è quella fornita dalla rete idrica (si presuppone già in assenza di sostanze tossiche, patogeniche e batteriche): a seconda del territorio e della gestione delle acque, il torrefattore e l’installatore della macchina per espresso devono raccogliere le informazioni sull’acqua servita. In Italia esiste una mappa che ad ogni Comune assegna il valore del grado di durezza dell’acqua, misurato in gradi francesi, una scala piuttosto chiara che definisce la quantità di calcio e magnesio, ossia il calcare incrostante. L’acqua ideale per la preparazione del caffè non supera i 9 gradi francesi. In condizioni normali di temperatura e pressione, calcio e magnesio sono sali minerali “buoni” che restano disciolti nell’acqua. È l’aumento della temperatura ad innescare un processo di separazione e solidificazione degli elementi che origina il deposito calcareo. Detto ciò, la durezza dell’acqua identifica la presenza degli elementi che danneggiano la macchina: il calcare, infatti, è il responsabile delle incrostazioni che si accumulano all’interno della caldaia penalizzando la sua funzionalità. Non danneggia il caffè a livello organolettico, come fanno invece il cloro ed altre sostanze provenienti dall’acquedotto. Che cosa accade in presenza di acqua dura nel circuito della macchina? Come spiega Dario Manazza, acqua 2«l’acqua del circuito caffè è prelevata dalla rete idrica e scaldata in tempo reale, la si chiama anche acqua di prima bollitura. Quando eroghiamo un caffè dopo che la macchina è stata a riposo per un certo numero di minuti, abbiamo a disposizione acqua che è già arrivata a temperatura e che, attraversata la doccetta, arriva al pannello di caffè nel portafiltro ed estrae il caffè in tazza. Tendenzialmente questo accade anche quando la macchina è “stanca”, cioè quando la resistenza all’interno della caldaia è incrostata dal calcare. Quando invece abbiamo la necessità di erogare un caffè dietro l’altro, la resistenza danneggiata dal calcare non è in grado di scaldare l’acqua fredda proveniente dalla rete e nel momento in cui l’acqua non raggiunge la temperatura idonea, tutti i caffè realizzati risultano sottoestratti». Oltre ad abbassare la capacità termica e causare problemi di spreco energetico, è chiaro che il calcare influenza la riuscita di una buona tazza proprio perché influenza la temperatura dell’acqua. Il sistema di trattamento o depurazione dell’acqua più comune e diffuso è l’addolcitore che viene montato all’ingresso dell’impianto idrico per agire sull’acqua prima che questa venga spinta all’interno della caldaia. L’addolcitore funziona tramite resine a scambio ionico che vanno rigenerate con il cloruro di sodio, ossia il comune sale grosso. Lo scambio avviene proprio tra gli ioni di calcio e magnesio e gli ioni di sodio. Esistono addolcitori manuali e addolcitori automatici. Con quello manuale il barista ha il compito di mantenere il sistema attivo, aggiungendo periodicamente il sale grosso per rigenerare le resine ed effettuare il lavaggio usando correttamente i rubinetti di apertura e chiusura dell’addolcitore. Il momento in cui intervenire dipende molto dalla durezza dell’acqua e dalla mole di lavoro del bar, cioè dai metri cubi d’acqua che passano attraverso la macchina per erogare un certo numero di caffè al giorno. Anche l’addolcitore automatico effettua i cosiddetti lavaggi ed il barista, in questo caso, deve ricordare solo di aggiungere il sale una volta esaurito. Perché è fondamentale non dimenticare le manutenzioni? «Nell’addolcitore tradizionale, le resine trattengono il calcare fino a quando, a seconda del grado di durezza e del lavoro effettuato, si saturano. Il sale serve a lavare le resine eliminando il calcare accumulato e a riattivarle, rendendole di nuovo “ghiotte” di calcare. Quando ciò non accade l’acqua viene bypassata dura fino ad incrostare la resistenza all’interno della caldaia». All’addolcitore automatico possono essere collegate altre apparecchiature, come la lavatazze, condizione ulteriore che determina la frequenza dei lavaggi (generalmente, da una a tre volte alla settimana). Ad oggi gli addolcitori automatici sono quelli più diffusi e scelti dai torrefattori perché ritenuti meno impegnativi per il barista. Un altro sistema privilegiato è il decarbonatatore: «funziona con resine caratterizzate da una maggiore autonomia e che vanno sostituite anziché rigenerate. Anche in questo caso il tempo di esaurimento dipende dai metri cubi d’acqua e dal grado di durezza dell’acqua e viene verificato facilmente da una sorta di contatore che indica la quantità d’acqua utilizzata». Esiste anche un trattamento ad osmosi inversa, che si basa sull’uso di una membrana con un altissimo potere filtrante che trattiene tutti i sali contenuti nell’acqua. Il risultato dell’osmosi inversa, però, è un’acqua in cui tutte le caratteristiche sono portate a zero, perciò un’acqua troppo pura e non idonea alla preparazione del caffè. Infatti, sottolinea l’esperto, «in presenza di acqua pura il caffè non trova nulla a cui aggrapparsi. Per questo motivo, ad un sistema a osmosi inversa va integrato un sistema di rimineralizzazione che, dopo il filtraggio arricchisca l’acqua con una parte necessaria di sali minerali affinché si creino le condizioni ottimali per preparare il caffè». Il calcare non è il solo nemico del caffè Se per alcuni aspetti l’approccio al trattamento delle acque può essere una questione di scelta, per altri c’è una reale oggettività: come per il calcare che rovina la macchina da espresso, così per la presenza di cloro, altri disinfettanti e sostanze odorose che rendono difettoso e poco gradevole il gusto in tazza. Questi elementi, a differenza dei sali minerali, sono percepibili chiaramente al naso e al palato e vanno abbattuti tramite l’utilizzo di cartucce filtranti, a carboni attivi, da integrare ai sistemi di trattamento.

Estrazioni di caffè alternative: macchina per cialde e capsule?

Anche in questi casi l’acqua va filtrata e resa inodore, incolore e insapore. Se non si dispone di acqua neutra, si può usare acqua oligominerale imbottigliata con basso residuo fisso (circa tra i 100 e i 200 mg./l.). La stessa indicazione, seppur generale, vale per la preparazione di caffè filtrato con diversi metodi. Altri parametri utili alla scelta di un’acqua povera sono il pH (in media 7.0) e il contenuto di sodio (inferiore ai 10mg./l.).

Acqua “al servizio”: sì o no al bicchiere d’acqua servito accanto alla tazzina di espresso?

Ebbene, sembra essere più una scelta edonistica che una condizione che facilita l’assaggio. Si tratta di una coccola verso il cliente, di un dettaglio del servizio che solitamente viene apprezzato. Di certo, l’acqua dev’essere naturale e non gassata, per non sollecitare le papille gustative prima del caffè. Inoltre, se notate che il cliente beve l’acqua dopo il caffè, allora l’esperienza di gusto della tazza non era all’altezza delle sue aspettative!

TAG: BARISTI

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