caffè
08 Dicembre 2015E’ un traguardo importante e inconsueto per un Centro Studi che punta sull’analisi sensoriale e valorizza i prodotti dell’eccellenza italiana. Come è cambiato il consumatore in questi anni rispetto all’utilizzo dei sensi?
Un quarto di secolo fa era soprattutto la curiosità verso una merceologia, il vino in primis, a spingere il consumatore a cercare di percepire meglio. Gradualmente, le persone hanno sviluppato autonome capacità di scelta, ed è cresciuto l’interesse per la correlazione tra quanto si sente e la qualità della materia prima impiegata e/o la maestria di esecuzione. C’è stata una crescita dell’affluenza ai corsi, ma anche ai banchi di assaggio eseguiti con il modello Stratus Tasting in cui si possono confrontare molti prodotti con l’assistenza di un sensorialista. Al termine dell’anno dovremmo raggiungere la bella cifra di 37.000 allievi e oltre 300.000 test sui consumatori, un traguardo importante anche per determinare le tendenze di gusto.
E le aziende come hanno cambiato il loro approccio?
Ci sono tre tipi di aziende: quelle che hanno precorso i tempi attrezzandosi con sistemi di analisi sensoriale (o si sono rivolte a società di service per l’esecuzione delle valutazioni), quelle che sono state sensibilizzate dai nuovi atteggiamenti dei consumatori e l’hanno implementata, e quelle che ancora oggi ne sono lontane. Il numero di quelle che fa uso di analisi sensoriale è cresciuto molto, ma soprattutto si sono estese le aree di utilizzo: un tempo si impiegava soprattutto nel controllo qualità, oggi molto di più nella ricerca e sviluppo e nel marketing.
Qual è il risultato di cui sei più orgoglioso del tuo lavoro di questi anni?
Aver contribuito a creare una vera “scuola” in cui lavorano tanti professionisti che innovano continuamente l’analisi sensoriale. Tutti ne conoscono le basi, però poi ognuno è più bravo degli altri in qualcosa: statistica, psicologia, semiotica, trasferimento della conoscenza, informatica. L’analisi sensoriale richiama tante discipline, se non c’è un team non c’è progresso.
E su quale fronte hai invece il rammarico di non essere riuscito ad ottenere di più?
Avremmo appunto potuto fare di più. Abbiamo molti margini di miglioramento. Pensiamo solo all’innovazione nei test a descrizione libera, alla biometria e a nuove tecniche per migliorare la capacità percettiva. Quest’anno, abbiamo partecipato al progetto Mimprendo bandito da Confindustria con i Collegi universitari di merito: vedere questi giovani lavorare sull’innovazione nel trasferimento della conoscenza si sta rivelando un’esperienza fantastica. Peccato non averlo fatto prima.
Raccontaci un po’ dell’espresso perfetto, uno dei tuoi cavalli di battaglia…
La mia più grande soddisfazione è di vedere che le regole tradizionali codificate dall’Inei restano il riferimento nelle tendenze di altri tipi di bevanda. Il caffè buono come al bar: è questo in sostanza il claim. La nostra tazzina nazionale diventa, per culture che approcciano il caffè, il primo modello di qualità. I baristi dell’altra parte del mondo vanno all’Università per imparare a farlo, per contro una parte degli italiani dà per scontata la qualità del caffè e si impegna meno. Le innovazioni tecnologiche per migliorare l’espresso ci sono, ma la mano del barista resta fondamentale, callo stesso modo della capacità del torrefattore di dare una miscela di qualità.
Parlando invece di grappa, com’è cambiato l’approccio al prodotto da parte di consumatori e produttori?
Il Rinascimento della grappa ha preso il via quando ha iniziato a narrare se stessa attraverso l’esperienza diretta dell’assaggio. Ne è nato un metodo che si è tradotto in miglioramento della qualità, ma anche della comunicazione. Certo, il tutto è accaduto perché i tempi erano maturi, ma la valutazione sensoriale del prodotto fu il catalizzatore dell’innovazione. E oggi è ben rappresentata dai Narratori del gusto, figure nate per una comunicazione innovativa dei prodotti e dei loro territori proprio mediante l’analisi sensoriale.
Puoi spiegare più nel dettaglio ai nostri lettori su cosa si basa l’analisi sensoriale? Come viene effettuata e quali risultati si propone?
Ci sono due grandi branche dell’analisi sensoriale: usano principi comuni per raggiungere obiettivi differenti. Una si occupa di dare una valutazione e una descrizione dei prodotti al fine di soddisfare il consumatore (anche attraverso la certificazione), l’altra di incrementare la capacità percettiva delle persone affinché possano fare scelte di qualità e aumentare il piacere che prova in un atto di consumo. Quello che distingue l’analisi sensoriale dall’assaggio e dalla degustazione è che tutti i test devono essere statisticamente validati. E ogni test deve garantire l’attendibilità, l’affidabilità e l’esaustività del risultato.
In quali ambiti l’analisi sensoriale potrebbe essere maggiormente implementata?
Oggi viene utilizzata nella scelta delle materie prime, nei processi di produzione, nella ricerca e sviluppo e nell’assicurazione qualità, ma anche, sempre di più, nella comunicazione, partendo dal presupposto che se un prodotto dichiara una caratteristica che il consumatore può percepire il fatto si trasforma in fidelizzazione molto forte. L’analisi sensoriale non si limita al food, ma a ogni cosa che può avere interazione con un sistema sensoriale: si parla di tazzine e di bicchieri, ma anche di aerei, carta igienica, punti vendita, bar, pubblicità, trasmissioni televisive e così via.
Quali consiglieresti ad barista costretto a tagliare costi a danno della qualità?
Di farsi un bel corso di Brand ambassador con i Narratori del gusto per trasformare il proprio locale da centro di somministrazione di cibi e bevande in un luogo dove si fanno esperienze emozionanti.
Quali sono le principali attività in cui siete impegnati oggi?
Da un lato stiamo avendo molto successo sull’estero e siamo molto impegnati nel trasferire i nostri metodi fuori dai confini nazionali: l’anno scorso il 51% dei corsi dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè sono stati fatti a stranieri o al di fuori dei confini nazionali. D’altro lato sentiamo fortemente il bisogno di sviluppare nuovi metodi, come quelli derivanti dalle neuroscienze che confluiscono nel moderno neuromarketing. E poi c’è il lavoro per le associazioni che si affidano a noi da Degustibus Carnis ai Narratori del gusto, dall’Istituto Nazionale Espresso Italiano all’Istituto Eccellenze Italiane Certificate, per non parlare dell’ultimo nato, l’Istituto Internazionale Chocolier.
Chi è LUIGI ODELLO Enologo, giornalista, professore a.c. in università italiane e straniere, fondatore di Odello Associati, presidente Centro Studi Assaggiatori e dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè, amministratore delegato dei Narratori del gusto, Istituto Eccellenze Italiane Certificate e Istituto Internazionale Chocolier, segretario generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano e segretario accademico dell’International Academy of Sensory Analysis, membro del consiglio di amministrazione di Absis Consulting e Istituto Nazionale Grappa direttore de L’Assaggio, Coffee Taster e Grappa News. Nel corso della sua carriera ha maturato particolari competenze in analisi sensoriale e nell’implementazione dell’innovazione in aziende dedicando particolari approfondimenti alla programmazione neurolinguistica e all’analisi transazionale. Ha al suo attivo 17 libri e collaborazioni con le più importanti riviste del settore.
Centro Studi Assaggiatori Fondato nel 1990 per mettere a punto metodi di analisi sensoriale e fornire servizi alle organizzazioni degli assaggiatori, è oggi la società italiana più avanzata in analisi sensoriale. Nel corso della sua attività ha svolto oltre 2.500 corsi con più di 19.000 ore di aula per un globale di circa 35.000 allievi. Nel campo dei test ha realizzato uno storico con 300.000 valutazioni dei consumatori e 250.000 valutazioni date da giudici sensoriali in laboratorio. In editoria ha pubblicato oltre 8.500 pagine dando alle stampe 137 numeri di periodici (tra cui L’Assaggio) e 18 monografie. Nell’ambito dell’assaggio e dell’analisi sensoriale sono nate 17 associazioni sfruttando il suo know how generato da una continua ricerca portata avanti anche con la collaborazione di 17 università italiane e 7 straniere.
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