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04 Luglio 2016I dati parlano chiaro: la canapa per uso alimentare, ovvero la Cannabis Sativa L. priva di sostanza psicotropa THC ma ricca di preziosissime caratteristiche salutari, si sta diffondendo in tutto il mondo. Anche in Italia. «Nel nostro Paese la coltivazione della canapa per la produzione di semi a scopo alimentare è consentita dal 2011 e sono già numerose le piccole ditte e aziende agricole che hanno iniziato a coltivare terreni a questo scopo», osserva Silvio Saraceni, presidente dell’Associazione Culturale Tuanis che ha organizzato lo scorso febbraio a Roma Canapa Mundi, la Fiera Internazionale della Canapa, che è già stata confermata anche per il 2017. E il mercato è destinato a crescere. «La canapa è una coltura dalle grandi proprietà: i semi – che si sviluppano nei fiori femminili della pianta della Cannabis Sativa L. verso la fine dell’estate – non contengono glutine e sono quindi accattivanti per celiaci e vegani, inoltre vantano un’alta concentrazione di omega3, omega6, omega9 che riducono fortemente il contenuto di colesterolo nel sangue», spiega lo chef marchigiano Marco Cartechini che per primo ha iniziato a coltivare, trasformare e cucinare la Cannabis Sativa L. dal 2011 e che spesso, nei suoi show cooking, utilizza prodotti a base di canapa: dall’olio alla birra, dalle farine alla pasta.
COME SI CONSUMA Della canapa si utilizzano soprattutto i semi per creare olio e farina, ma anche foglie e fiori della pianta possono essere impiegati nel settore alimentare per realizzare tisane, birra, caramelle. «L’olio a crudo può essere assunto al mattino a digiuno come integratore alimentare ed è perfetto per condire le insalate, ma è meglio mischiarlo con quello di oliva (50% e 50%) per mitigarne il sapore pronunciato, tendente alla nocciola. Inoltre tenete conto che il prezzo al dettaglio dell’olio di canapa è superiore a quello d’oliva extravergine: si aggira infatti sui 50 euro al litro. L’elevato costo è dovuto all’altissimo numero di semi necessari per produrlo. Non è invece adatto per friggere, perché ha un basso punto di fumo (ovvero a temperature basse comincia a rilasciare sostanze volatili che divengono visibili sotto forma di un fumo tendente al colore azzurro, formando anche acroleina, una sostanza tossica, ndr)», chiarisce Alessio Petulla, tra i soci fondatori di CanapAroma che produce e commercializza prodotti a base di canapa, nonché organizza cene ed eventi con menù caratterizzati dal connubio e dalla rivisitazione di piatti tipici della cucina romana con farina, semi e olio di canapa.
Quanto alla farina di canapa, naturalmente priva di glutine, si può aggiungere agli impasti di pasta fresca, come nei panificati, ma sempre miscelata ad altre farine: «Contiene molecole utili all’organismo come gli acidi grassi essenziali, fibre, vitamine e amminoacidi, ma va utilizzata in piccole quantità perché conferisce un sapore amaro», aggiunge Petullà. E Pasquale Polosa, titolare di Canapa Lucana azienda che produce olio, farina e pane di canapa a chilometro zero con i semi acquistati dalle aziende agricole del territorio riunite in consorzio, specifica: «La farina ha un sapore molto forte, simile a quella integrale. In quanto priva di glutine, va miscelata con una percentuale che oscilla fra il 7% e il 20%, perché da sola non si legherebbe». Un suggerimento: per le preparazioni glutiniche si può lavorare con farro e grano, mentre per una farina gluten free è indicato abbinare farina di riso o di tapioca. Uno sguardo, ora, al seme decorticato, che si presenta come piccoli granelli color paglia dalla consistenza morbida e vellutata, invece «stimola i processi fisiologici, rinforza il sistema ormonale, nervoso e immunitario, integra naturalmente acidi grassi e proteine. Si aggiunge, per esempio, alle insalate, ai panificati, al cioccolato e nello yogurt» puntualizza Petullà.
[caption id="attachment_101297" align="alignleft" width="248"] FABIO CAMPOLI, PRESIDENTE DEL CIRCOLO DEI BUONGUSTAI[/caption]
PERCHÉ PIACE AGLI CHEF Bene, se le qualità salutistiche sono a questo punto evidenti, quali sono invece i motivi che dovrebbero spingere uno chef a utilizzare olio o semi di canapa in cucina, considerato il maggior costo? Intanto, rappresentano un’interessante alternativa nella cucina vegetariana, gluten free e vegana. «Olio, semi e farina di canapa sono ingredienti preziosi per chi, come me, crede che occorra puntare su biologico e mondo vegetale e dimostrare che è possibile ridurre anche del tutto l’uso di prodotti animali, con una perdita irrisoria rispetto al ritorno ottenuto in termini di salute, economia e gusto. Sì, perché olio, semi e farina di canapa permettono di creare originali rivisitazioni di piatti della cucina italiana, ma non solo. Come la pizza fritta a base di farina di canapa, la piada di canapa con broccoletti, radicchio e formaggio di soia e i torciglioni di canapa con ragù bianco di canapa», racconta Giuseppe Tortorella, esperto di street food vegan e cucina tradizionale italiana vegana. Inoltre, olio e semi di canapa permettono di arricchire la cucina con un sapore inedito e di diversificare il menù con piatti curiosi e di appeal. Lo sottolinea Fabio Campoli, presidente del Circolo dei Buongustai, chef di trasmissioni televisive, testimonial, docente e consulente per aziende, nonché esperto di food design. «Consiglio a tutti di usare la canapa in cucina perché oltre alle proprietà salutistiche, introdurre un nuovo ingrediente è sempre uno stimolo per la creatività. Bisogna individuare le giuste percentuali nell’impasto, ma garantisce morbidezza, una nota erbacea e una simpatica cromia verde. Ottimo, per esempio, è il mio Riso dei Green: un riso integrale cotto per assorbimento in purea di spinaci e biete fresche, mantecato con semi decorticati di canapa e servito con lamelle di mandorle e canederli di stracchino di riso».
[caption id="attachment_101298" align="alignright" width="297"] LUIGI LOSCALZO – CIOCCOLATERIA DOLCEVITA JESI[/caption]
Un discorso a sé merita il cioccolato. Luigi Loscalzo, titolare della cioccolateria Dolcevita di Jesi in provincia di Ancona, ha iniziato nel 2014 a studiare gli abbinamenti per creare tavolette, snack, crema spalmabile e cioccolatini a base di canapa alimentare. «Mi sono avvicinato all’ingrediente grazie a due aziende agricole locali che mi hanno offerto in prova olio e semi di canapa. Ho scoperto che l’olio di canapa non solo fa bene, ma conferisce al cioccolato morbidezza nonché un sapore erbaceo, tendente alla nocciola. Inoltre, olio e semi di canapa si sposano perfettamente con il peperoncino e il cacao». E ai colleghi chef lancia un invito: «A inizio settembre venite a Pikkanapa, il Festival e Mercato del peperoncino e della canapa in programma a Jesi: vi farete un’idea degli svariati utilizzi possibili in cucina degli ingredienti a base di canapa».
[caption id="attachment_101299" align="alignleft" width="300"] FABIO CAMPOLI - CESTINO DI PASTA FROLLA FARCITO CON CREMA FRANGIPANE ALLA FARINA E SEMI DI CANAPA[/caption]
PROSPETTIVE FUTURE Fabio Campoli non ha dubbi: «Il prezzo dei prodotti a base di canapa diminuirà parallelamente alla diffusione delle culture. In ogni caso, già oggi vale la pena ampliare l’offerta del menu dei ristoranti con ricette speciali a base di canapa e quella dei bar con snack, piadine e dolci confezionati a base di olio, semi o farina di canapa. Non solo attirate i clienti celiaci e vegani, ma anche tutti i palati curiosi e amanti delle novità». E Marco Cartechini aggiunge: «Per abbassare il prezzo di olio, semi e farina di canapa bisognerebbe coltivare una varietà autoctona che garantisca un buon equilibrio tra semi (per i prodotti alimentari) e fusto (per la fibra tessile) al fine di ottenere il massimo rendimento dalla pianta, di per sé molto versatile. L’ideale sarebbe poterla sfruttare interamente usandola a scopi tessili, alimentari e industriali. Se anche il fusto fosse di qualità e, quindi, trasformabile, per i produttori si alzerebbero i guadagni con un conseguente restringimento del prezzo al dettaglio». Il costo dei semi per olio di canapa «si aggira tra i 150 e i 200 euro al quintale, quello per le piante di canapa Sativa L. si aggira sui 5-7 euro al chilo» chiarisce infine.
Alcune delle principali associazioni italiane che si dedicano alla coltivazione e all’informazione sugli utilizzi della canapa
A.PRO.CA.MA. (Associazione Produttori Canapa Marche) tra le prime nate in Italia, fondata da Marco Cartechini, Antonio Trionfi Honorati e Mattia Guarnera
Assocanapa (www.assocanapa.org): riunisce oltre 300 aziende per oltre 1.000 ettari
ACS (Associazione Canapa Siciliana) attiva dal 2013 è impegnata nella realizzazione del primo impianto di trasformazione in Sicilia per la canapa industriale e dei suoi derivati
Canabruzzo (www.canabruzzo.it) produce Futura75, la prima di canapa in Abruzzo usata per ricavarne olio e farina
Canapa Sarda Onlus (www.canapasarda.it) nel 2015 con lo scopo di creare un nuovo mercato con filiera locale, coltivando e trasformando la pianta
CanaPuglia (www.canapauglia.it) attiva dal 2011, sui è aggiudicata il Premio Ambiente Faraglioni di Puglia 2012
Lucanapa (www.lucanapa.com) attualmente l’associazione coltiva 56 ettari a canapa, dalla provincia di Salerno passando per la Basilicata per finire in Puglia in provincia di Foggia
Toscanapa (www.toscanapa.com) ha sviluppato sul proprio sito web una piattaforma di coordinamento nazionale dove agricoltori e professionisti nel settore della canapa possono conoscersi, scambiare opinioni, approfondire tecniche di lavorazione e creare rete
UN PO’ DI STORIA
In Italia la coltivazione della canapa sativa, detta canapa da fibra o canapa industriale, era conosciuta già nell’Età del Bronzo. Il nostro Paese è stato uno dei primi produttori al mondo fino agli anni ’40: ai tempi, si coltivavano circa 100 mila ettari. Dal 1998 la coltivazione di canapa industriale è tornata legale in Italia. La varietà seminata deve contenere un basso tenore di THC (ovvero la sostanza psicotropa), inferiore allo 0,2%, e deve essere certificata dal cartellino rilasciato dall’ENSE, Ente Nazionale Sementi Elette. Dal 2011, inoltre, la canapa è stata re-introdotta nell’agricoltura italiana anche per l’uso nutrizionale e alimentare.
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A cura di Matteo Cioffi
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