bevande
19 Ottobre 2016Gianni Brera, grande narratore dello sport c’era nato e, forse per questo, ne andava pazzo. Per anni l’Oltrepò Pavese è stato un territorio vitivinicolo d’indiscusso primato qualitativo, per altro ottenuto con diverse tipologie: dal rosso fermo alla bolla, senza dimenticare i bianchi fermi. Per comprendere questa specie di supremazia, basterebbe ricordare che per anni gli spumanti italiani più famosi hanno fatto spesa, proprio qui, di quei grappoli, in particolar modo varietà Pinot Nero, necessari a incrementare la raffinatezza e la struttura dei propri perlage. A farne le spese è stato proprio il territorio dell’Oltrepò, che non è riuscito nel tempo a farsi portatore in prima persona di quell’eccellenza che tutti gli attribuivano. Miopia territoriale e contemporanea affermazione di altre realtà vitivinicole hanno per anni offuscato la percezione legata ai vini di questa zona. Nonostante questo il territorio è comunque rimasto portatore sano di qualità e quantità. Proprio rispetto a quest’ultimo aspetto bisogna innanzitutto premettere che l’area di coltivazione della vite, copre qui circa 13500 ettari. Per capirne l’estensione, senza ricorrere al metro, basterebbe usare quello tanto caro al Gianni di qualche riga più su. La vigna in Oltrepò occupa uno spazio uguale a quello di ben 18900 campi da calcio messi uno accanto all’altro. Nonostante il paragone qui per fortuna nessuno gioca più a fare semplicemente il vino, dedicandosi piuttosto a quella qualità che la storia ha per anni attribuito a questa zona. Le condizioni che oggi come un tempo ne determinano il valore, si devono ad un intarsio di combinazioni. Parlo di un microclima fluviale, altezze che raggiungono i 350 metri slm e una miscela di terreni di natura sabbiosa, calcarea e persino gessosa. Non dimentichiamoci poi delle uve. In Oltrepò già sul finire del 1800 pare se ne contassero oltre 200 varietà. Oggi la somma totale non raggiunge le medesime cifre, anche se i vitigni numericamente più rilevanti sono: Croatina (uva rustica dalla maturazione tardiva), Barbera, Pinot Nero, Riesling renano e Moscato. Per riappropriarsi a pieno titolo di questa vocazione, il Consorzio Tutela Vini Oltrepò ha voluto fortemente che le etichette che qui si producono, siano esse spumanti, frizzanti o ‘tranquille’, fossero rigorosamente tutelate e disciplinate. I risultati sono: un Igt, ben sette Doc (alcune dai nomi stravaganti come nel caso del Sangue di Guida e del Buttafuoco) e una Docg relativa agli spumanti. Proprio quest’ultima denominazione ha dettato i requisiti qualitativi dello spumante dell’Oltrepò, fissando un affinamento sui lieviti mai inferiore a 15 mesi e una presenza del Pinot Nero mai al di sotto del 70%. A questo rigore produttivo si è affiancato un ulteriore salto in avanti, grazie al progetto Cruasè (il nome è frutto dell’unione dei termini cru e rosé). Individuato, come è giusto che fosse, nel Pinot Nero il punto di forza degli spumanti della zona, il Consorzio ha deciso di creare questo marchio, costruito attorno ad uno spumante rosato. Alcuni, i più maliziosi in realtà, obietteranno che la scelta poteva cadere, magari, su qualche varietà autoctona. Il Pinot Nero in Oltrepò ha tuttavia radici molto profonde e di conseguenza antiche (almeno 150 anni). A questo si aggiungono: una declinazione rosata, la scelta della spumantizzazione attraverso il metodo classico, oltre a un riposo sui lieviti per almeno due anni e un dosaggio piuttosto contenuto (il Cruasé si può realizzare solo in versione Brut o Nature). Questo rigore produttivo non serve solo a caratterizzare fortemente il prodotto, ma anche a impedire che sotto l’ombrello di un marchio nuovo, possano coabitare realtà qualitativamente troppo diverse tra loro. Questa sfida è stata raccolta con entusiasmo da numerosissimi produttori della zona. I nomi? L’azienda Conte Vistarino, qui dal XIX secolo per altro con 820 ettari di cui 200 vitati, con lo spumante Cruasé Saignée della Rocca, la cantina Ca’ di Frara con il suo Pinot Nero Oltre Il Classico Nature Riserva, la cantina Isimbarda e quella dei fratelli Giorgi, entrambi con i rispettivi Cruasè e infine la Tenuta il Bosco della famiglia Zonin, di nuovo con un Cruasé chiamato questa volta Oltrenero.
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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A cura di Matteo Cioffi
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