pubblici esercizi
30 Gennaio 2017Si può, anche se oggi pare quasi proibito. Il mondo del bere miscelato come del resto quello del distillato rimangono letteralmente imbottigliati per un falso problema: quello relativo alle limitazioni, giustissime, legate a loro volta alla sicurezza stradale. Ricordando che basterebbe utilizzare i mezzi pubblici o una turnazione rispetto all’astenersi dal bere da parte del pilota in occasione di una serata tra amici, vorrei parlare di un nuovo trend che parte proprio dall’idea del proibito. I cosiddetti speakeasy, sono un omaggio a una tipologia di locale che nacque negli Stati Uniti in pieno proibizionismo. Se il motto della contemporaneità è quello di non esagerare, all’epoca in cui questi locali presero vita, il consumo di alcol era addirittura vietato. Per dare meno nell’occhio gli speakeasy crebbero in zone defilate, celati dietro porte o passaggi segreti, servendo i propri drink all’interno di anonime tazze per il caffè o il thè. Locali poco illuminati, dedicati al bere e al socializzare, parlando easy, ovvero facile, sia per modulazione di tono sia in rapporto agli argomenti, mai troppo seriosi.
LO SPEAKEASY OGGI
Il concetto oggi viene riproposto da locali in cui gli accessi sono filtrati da password segrete o da location altrettanto insolite. Il tutto con il pretesto di bere un cocktail, spesso preparato da grandi bartender, godendo al tempo stesso di una certa esclusività e, perché no, riservatezza. I nomi ormai non stanno più da tempo sulle dita di una mano. Dai newyorkesi Employees Only, anonima vetrina celata da tende e tendoni, sino al PDT per il cui accesso bisogna recarsi in un locale che vende hot dog, entrare all’interno della cabina del telefono sempre collocata nel locale e da qui accedere allo speakeasy vero e proprio. In Italia la moda sta dilagando, grazie a barnascosti come il romano Jerry Thomas, dedicato a colui che prima di altri scrisse un libro sulla miscelazione.
L’INTIMITÀ DI UNA SEGRETA
A Modena infine esiste un locale che, partendo proprio dal concetto di speakeasy, lo ha reinterpretato in chiave più territoriale, grazie al cibo e al vino, aspetti non così frequenti nei normali bar-nascosti, oltre a una precisa scelta legata alla location. Se come detto questa tipologia predilige posizioni defilate e parole d’ordine per l’accesso, lo Spaccio delle Carceri, ambiente a pochi passi dai due luoghi di culto della città come il duomo e il ristorante di Massimo Bottura, punta al: tutti al fresco! Ovviamente il riferimento va al nome, visto che la location, per pochi e di conseguenza intima, sorge proprio accanto al vecchio carcere di Modena. All’interno ritroviamo un mix di stili, comunque resi coerenti dal gusto di Matteo De Pietri (patron oltre che uno degli animatori dell’enogastronomia cittadina), che per ‘la sua prigione’ ha voluto recuperare persino alcune porte del vecchio carcere. Oltre a questo un bancone in cemento e una scelta di cocktail preparati da bartender titolati, utilizzando solo il meglio in fatto di ‘spiriti’. I numeri parlano di 80 gin, 30 mezcal diversi – secondo Matteo il trend da qui in avanti – che vengono, insieme a tantissimi altri distillati, inseriti all’interno di differenti drink (per la precisione 20 ogni 3 mesi) a loro volta cambiati, come accade per la cucina, con il trascorrere delle stagioni.
PASTEGGIARE CON I SUPERALCOLICI
L’idea di Matteo è legata alla materia prima. Se parliamo di freschezza e quindi di massima espressione del gusto, cocktail e cucina devono rispondere alle stesse dinamiche. Da questo l’idea di abbinarli tra loro, grazie anche all’abilità di chef che hanno lavorato presso alcuni tra i fornelli migliori al mondo; da Adrià a Bottura, fino all’attuale chef che ha ‘spadellato’ per anni presso un famoso locale stellato della città. L’abbinamento per un
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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