spirits
24 Luglio 2017Dopo anni difficili, da almeno un paio di stagioni l’amaro in Italia pare vivere una seconda giovinezza. Già, perché questo classico liquore della nostra tradizione – ottenuto da diversi processi produttivi e distinti mix di erbe, fiori, radici ed estratti di piante – fino a poco tempo fa nell’immaginario collettivo era percepito come un prodotto “vecchio” e consumato quasi solo come un digestivo. Insomma, era sinonimo di “ammazzacaffè”. Da qualche tempo, invece, il suo consumo fuori casa è in netta crescita. Anche tra i giovani. Come mai? Merito delle strategie di riposizionamento intraprese da molte aziende, dalle bartender competition sponsorizzate dalle case produttrici (come quelle di Fernet-Branca e Strega, giusto per citarne un paio) ai ricettari (come il calendario 2017 firmato dalla Distilleria Caffo dedicata al Vecchio Amaro del Capo in versione mixability e il libricino targato Lucano con la storia dell’amaro, la tecnica di preparazione e una proposta di cocktail in collaborazione con Bartender.it e 1930 Cocktail Bar di Flavio Angiolillo e Marco Russo), ma anche della produzione di nuovi amari dalle botaniche accattivanti e “trendy” (esempio emblematico, l’Amaro 33 allo Zenzero a base di grappa di Prosecco invecchiata ed estratto allo zenzero lanciato nel 2016 dalla Distilleria Andrea Da Ponte), nonché del boom degli amaro bar negli Stati Uniti e del revival dei drink vintage (spesso a base di amaro).
[caption id="attachment_124423" align="alignleft" width="215"] VIRGINIA DUCCESCHI[/caption]
Risultato? “Oltre a essere richiesto come aperitivo o after dinner, sta diventando protagonista del mondo della mixology come ingrediente o semplice dash”, osserva Virginia Ducceschi, classe 1992, barlady dello storico Rex di Firenze, tra le ideatrici e responsabili del nuovo locale estivo sul Lungarno Molo 5. Le ragioni del boom dell’amaro le spiega Giuseppe Suriano, alias Geppo Sartoriale, bar manager del B-Side Live Music Pub a Rende in provincia di Cosenza, che in carta ha diversi drink rivisitati con l’Amaro Jefferson di Vecchio Magazzino Doganale. Qualche esempio? Presto detto: dall’Americano al Negroni fino al Boulevardier. “Richiestissimo è poi il Dopolavoro, una ricetta di Vecchio Magazzino Doganale a base di Jefferson Amaro Importante, Roger Bitter extra Strong, Carlo Alberto Riserva Vermouth Rosso e tre dash di tintura di Jefferson”, aggiunge Suriano. Che poi puntualizza: “L’abbinamento tra distillati e amari è una frontiera in parte ancora da scoprire e rappresenta una grande opportunità per rivisitare in chiave moderna alcuni grandi classici quasi dimenticati negli ultimi anni”.
UNIVERSO AMARO: ECCO I MACRO CONSIGLI
[caption id="attachment_124424" align="alignright" width="215"] GIUSEPPE SURIANO[/caption]
Premesso che l’universo dell’amaro è vastissimo e che questa non è la sede per parlare dei prodotti nello specifico, è essenziale conoscere le regole per un perfect serve. Esistono diversi modi per servire l’amaro: fresco o a temperatura ambiente, con ghiaccio o liscio, oppure mischiato con seltz (un tipico mix è quello con l’Amaro del Capo), con la Coca Cola (negli USA piace il connubio con il Fernet-Branca), o con la Sprite (tra i più richiesti, quello con Branca Menta) et similia. Quanto al suo utilizzo nel bere miscelato, le sue note amaricanti lo rendono un ingrediente interessante per realizzare cocktail creativi e dalla forte personalità. “Ideale per donare carattere ai drink pre e after dinner, l’amaro si sposa perfettamente con vermouth, liquori e bitter. Ma per creare connubi vincenti è indispensabile conoscere bene il prodotto e dosare bene le quantità”, osserva Diego Ferrari, capo barman della Rotonda Bistro di Milano che propone una lista cocktail dalla gradazione rigorosamente inferiore ai 21 gradi in cui compaiono tra gli ingredienti diversi amari dal Cynar al Braulio, dal Deus al Black Note...
[caption id="attachment_124425" align="alignleft" width="212"] DIEGO FERRARI[/caption]
Detto questo, quali sono gli amari più adatti come ingredienti per i cocktail? “In generale, vale la regola che quanto più è alta la gradazione dell’amaro, tanto più facile è il suo utilizzo nell’ambito del bere miscelato. Basta per esempio uno spoon di Amaro Strega in un daiquiri e di una vaporizzazione sul Negroni per conferire al drink un aroma unico”, risponde Alexander (Alex) Frezza, classe 1977, socio dell’Antiquario di Napoli, il primo cocktail bar in stile “speakeasy” aperto in città, nonché fondatore di Bar in Movimento (società di cocktail catering). Fatte queste premesse e assodato che condizione imprescindibile per un ottimo cocktail è utilizzare ottimi prodotti, è ovviamente indispensabile utilizzare amari eccellenti. A ricordarlo è Giuseppe Suriano: “Il mio consiglio è di usare sempre amari premium, cercando dei mix capaci di esaltare le loro botaniche. Solo così conquisteremo la clientela che è sempre più esigente e raffinata nei gusti”.
LE PROSPETTIVE FUTURE
[caption id="attachment_124426" align="alignright" width="212"] ALEX FREZZA[/caption]
La nuova tendenza spinge alla produzione di nuovi amari più contemporanei, giovani e facili. “Dal punto di vista del mercato ora siamo in pieno boom”, commenta Elena Delmagno (brand ambassador di Martini), “Così come è accaduto per vermouth e gin, l’amaro fa gola a molti imprenditori e oggi si stanno moltiplicando le piccole produzioni. Sulla lunga distanza ci sarà un ridimensionamento del settore. Alla fine avranno successo solo le aziende che puntano sulla qualità, tenendo conto della storia dell’amaro e del rispettivo territorio di produzione”.
[caption id="attachment_124427" align="alignleft" width="300"] ELENA DELMAGNO[/caption]
Quanto al futuro dell’amaro nel mondo della mixability, sono tutti d’accordo: c’è ancora molto da scoprire e da inventare. “Eccezioni a parte, in Italia abbiamo una conoscenza superficiale di questo liquore. Potremmo fare molto di più in ambito di mixability. Per rendere virtuoso il connubio tra amaro e cocktail bisogna però conoscere davvero i diversi prodotti e sperimentare nuovi abbinamenti fino a quando non si crea la ricetta perfetta”, commenta Virginia Ducceschi.
[caption id="attachment_124428" align="alignright" width="212"] LEONARDO CAPPIELLO[/caption]
Esattamente come avviene nel settore food, anche per gli amari il km 0 è un valore aggiunto. “Privi di coloranti e additivi chimici, gli amari tipici locali in genere sono preparati con pochi ingredienti e di conseguenza sono più naturali e dotati di aromi particolari. Inoltre gli amari locali rappresentano un elemento di novità e di attrazione per la clientela perché spesso sono introvabili al di fuori del territorio di produzione”, sottolinea Leonardo Cappiello bar manager del tapas bar Gesto Fai Il Tuo di Milano, format presente anche a Perugia e a Firenze (e presto a Bologna) dalla filosofia green, sostenibile ed eco-compatibile.
IL COCKTAIL DI DIEGO FERRARI
Besanino
Famedio
Accade in America: l’amaro protagonista, da New York a San Francisco
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