24 Luglio 2018
Nella ristorazione, per non chiudere dopo poco tempo dall’apertura, bisogna che ci sia un rapporto tra il prezzo di un piatto e il costo della materia prima necessaria a realizzarlo. In gergo si chiama food cost. Costa caro il food se vogliamo materie prime particolari o se diamo poca importanza alla stagionalità. Lo stesso accade con il vino al ristorante, ma anche nelle cantine di produzione. In questo secondo caso ad esempio il prezzo finale della bottiglia è determinato da numerosi fattori.
Costo del vetro, ammortizzazione dei macchinari e annata più o meno difficile, fanno sì che un vino aumenti di prezzo o si mantenga stabile. Sulla bottiglia e sul suo costo finale incide anche la qualità delle uve. Non parlo di quella che l’annata ha imposto ai grappoli, ma di quella che deriva dal blasone del vigneto.
IL COSTO DEL VIGNETO
La vigna ha un costo di acquisto che in qualche modo, nel tempo, va spalmato sul prezzo finale di una determinata etichetta. I prezzi della terra, con viti annesse, oscillano da zona a zona, in parte in maniera direttamente proporzione al costo del prodotto finale. Normalmente rispetto al nostro paese la tendenza è quella di acquistare il pacchetto completo di azienda e vigneto, piuttosto che limitarsi al solo ‘pavimento vitato’. Sia che si tratti di argilla, di calcare o di altro composto geologico, il prezzo lo fanno anche, come accade per le abitazioni o le attività commerciali, la metratura, in questo caso parliamo di ettari, e la posizione. Contestualizzando diremo che il range nazionale del prezzo dei vigneti è piuttosto ampio.
DA SUD A NORD
Per il ‘vigneto Italia’ si va da qualche decina di migliaia di euro al milione. Partendo dal basso, geograficamente parlando, l’Etna, area viticola ultimamente piuttosto alla moda, visto che anche Angelo Gaja ha deciso d’investire da queste parti, in pochi anni ha visto raddoppiare le quotazioni dei propri terreni. I fattori, al di là delle preferenze spero non solo legate alla moda che investe queste aree, sono da attribuire anche alla collocazione dei vigneti, intesa, in questo caso come versante del vulcano, ma più in generale anche come esposizione delle piante. Questo fattore fondamentale, insieme alle altre condizioni meteoclimatiche e geologiche comprese all’interno della parola ‘terroir’, fanno sì che il prezzo complessivo di un ettaro possa raggiungere i 120/130.000 euro. Su una cifra simile si aggirano i prezzi della stessa porzione di vigneto in Chianti Classico (150.000), mentre per Montalcino arriviamo anche a 400.000 euro. Sempre rimanendo in Toscana, Bolgheri, forse anche in virtù del poco terreno a disposizione, si attesta a 300.000 euro. Più o meno la stessa cifra a cui si può acquistare un ettaro di vigna nella zona classica del Prosecco, ma gli euro da sborsare calerebbero rapidamente, se volessimo acquistare lo stesso vigneto nella zona della Doc allargata. Si sale, invece, a 500.000 per una vigna di un ettaro nella zona classica della Valpolicella, cifra addirittura raddoppiata per una vigna di Nebbiolo per la produzione di Barolo. In quest’area oltre al milioncino che si deve sborsare per una porzione grande un ettaro, bisogna considerare l’orgoglio, aspetto che in qualche maniera tiene alta l’asticella dei prezzi. Qui si vende poco e sempre malvolentieri. Forse
anche per questa ragione le compravendite fanno notizia più per l’atto in sé che per la cifra pagata. Questo accade quando la zona di produzione ha nel proprio DNA un forte elemento contadino, quasi come se su quegli stessi terreni insistessero, oltre alle radici delle viti, anche quelle, invisibili ma forse più salde e -passatemi il termine- radicate, che invece legano gli uomini ad un territorio.
I PREZZI FUORI DALL’ITALIA
E all’estero? In Germania, zona Mosella, si possono fare buoni acquisti, ma anche qui in pochi vendono nonostante la domanda. In Francia cala la Champagne come prezzi, crescono, ma di pochi punti percentuali, la Borgogna, lo Jura (zona centrale della nazione) e la Loira. Tiene, come sempre, Bordeaux, anche se sono in calo i capitali stranieri che qui vogliono investire. Le cifre nel bordolese, praticamente le stesse da un paio di anni, parlano di un paio di milioni per i vigneti di Pauillac e quasi la metà per quelli situati a Saint-Julien o Margaux. Scendendo di prestigio e denominazione, siamo in ambito di Bordeaux AC, le cifre perdono qualche zero arrivando addirittura a 15.000 euro.
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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A cura di Matteo Cioffi
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