10 Aprile 2019
Prosecco Rosé? Non esiste ma se ci fosse nove americani su dieci lo acquisterebbero. E’ il risultato di un’indagine Wine Monitor Nomisma - resa nota lunedì durante la presentazione “Prosecco è Economia” organizzata presso il Prosecco Doc Pavilion nell’ambito di Vinitaly - che ha coinvolto quattromila consumatori di Italia, Regno Unito, Germania e Stati Uniti.
I “meno convinti” sembrano proprio essere gli italiani, fra i quali il consenso verso un’ipotetica versione rosé del Prosecco raggiunge comunque il 72%. “Qualcuno è convinto di averlo già assaggiato – rileva Emanuele Di Faustino, project manager dell’area agroalimentare dell’istituto di ricerca – ma questo rispecchia la persistenza di una certa confusione fra i consumatori, inclini a sovrapporre l’idea di un vino frizzante o spumante a quella del Prosecco”. Informati, dopo la domanda, rispetto alla inesistenza di un disciplinare di produzione del Prosecco Rosé, gli interpellati hanno in ogni caso ribadito che, qualora fosse posto sul mercato, molto probabilmente sarebbero attratti in modo robusto dalla variante.
“Ed è proprio questa la strada imboccata dal Consorzio Prosecco Doc”, conferma il Presidente Stefano Zanette, “che forte della sempre più significativa produzione di spumanti rosati nell’area della denominazione -confortata anche dai dati raccolti dai principali enti di ricerca- è nella fase di esame di una proposta di modifica del disciplinare, al fine di uniformare la produzione sotto un unico nome: Prosecco. Quella proposta oggi in degustazione è la prima versione di rosé, molto probabilmente non la definitiva, ma sicuramente molto vicina a quella che sarà approvata".
Al prof. Vasco Boatto dell’Università degli Studi di Padova il compito di illustrare i dati 2018 del Prosecco Doc: oggi l’area della denominazione si estende su 9 province di due regioni, Veneto e Friuli Venezia Giulia, in cui insistono 24.450 ettari di vigneto gestiti da 11.102 aziende. Le aziende vinificatrici sono 1.211 di cui 348 sono case spumantistiche. Nel 2018 sono state prodotte 464 milioni di bottiglie (+5,6% sull’anno prima), di cui l’83% di vino spumante (in crescita la versione brut, sempre più apprezzata)e il 17% frizzante, per un fatturato pari a circa 2,4 miliardi (+13,4% su 2017), 1,8 dei quali realizzati sui mercati esteri. Fra questi l’Europa pesa per il 72%, il Nord America per il 22% e l’Asia per quasi il 4%. Rispetto alla vendemmia 2018, si stima una produzione di 3,65 milioni di ettolitri (+12%), con 650 mila a riserva vendemmiale.
“Per l’export è sempre al primo posto il Regno Unito, con una sostanziale stabilità (-0,2%), seguito a ruota da USA (+4,2%) e Germania (+3,1)", conferma il prof. Boatto. Da segnalare anche le ottime performance di Francia, +12,4%, Belgio, +19,3% e Svezia, + 29,1%, che si portano rispettivamente al 4°, 6° e 7° posto.
Grandi aspettative sono state riposte dal Consorzio anche sulle anticipazioni dell’Avv. Amdeo Teti, Direttore Generale per la lotta alla contraffazione UIBM, in materia di tutela del Made in Italy. “Un’azione sinergica di tutto il Governo Italiano – conclude il Presidente Stefano Zanette – è ciò che tutte le denominazioni italiane auspicano da tempo e che sarà in grado di garantire il meritato successo del sistema paese, in particolare del food & wine”.
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