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25 Giugno 2024C’è un posto nella Costa Smeralda dei vip che non ti aspetti. Eppure è lì, a Baja Sardinia, dal 6 agosto 1970. Una montagna incantata nella notte che comprende un club storico fatto di un garden e di una grotta naturale, il Ritual Club, frequentato dagli anni Settanta dal jet set, come si diceva allora, e un ristorante all’aperto, le Terrazze, nato nel 2019.
È un luogo unico, fatto di scale di granito e pavimenti che ricordano il Parc Güell di Gaudì ma poi è un’altra cosa, con le decorazioni a spirale realizzate con i tondini del cemento armato che richiamano il segno dell’infinito come leitmotiv che collega i vari livelli. Decorazione supremamente funzionale, dove aggrapparsi mentre si scende e sale verso il castello-nuraghe senza tempo partorito dalla visione dell’architetto, artista e gioielliere Andres Fiore.
Siamo alle porte di Baja Sardinia. Andres, un mito tra i locali, non c’è più ma dal 2004 c’è Francesca, la figlia a portare avanti con determinazione quella stessa visione organica ed ecologista: «Mio padre comprò questa montagna intrigato dalla grotta naturale. Ma per costruire tutto questo non è stato tagliato un albero né una roccia». È lei che decide di trasformare i giardini pensili del castello-abitazione di Andres (il nome viene dalla gioventù in Venezuela a cercar diamanti e pietre preziose) in un ristorante gourmet, da quest’anno guidato dallo chef ligure Alessandro Cabona. La cucina è lineare, fresca, estiva, colorata e “femminile” come la definisce Francesca «con un tocco di leggerezza, delicatezza, perché ci si deve alzare da tavola sentendosi bene, non appesantiti».Poi c’è la mixology.
Declinata in tre postazioni a Le Terrazze e quattro bar al Ritual club. Il tutto coordinato da Tiziano Rossi, direttore del rooftop restaurant e mixology bar Le Terrazze e dal bar manager umbro Marco Pisellini. A lui chiediamo come si organizza una “macchina” che in tre mesi fattura in tutto 4 milioni di euro.
Come si gestiscono 7 postazioni bar ogni sera?
Con tanto lavoro di preparazione al pomeriggio. Al ristorante c'è la drink list vera e propria con tre postazioni, al club ci sono quattro bar, anche lì c'è un lavoro importante di organizzazione, si lavora in pre-batched per essere molto veloci durante la notte: la velocità è fondamentale in un club. Quindi la qualità nelle preparazioni realizzate il pomeriggio la ritroviamo nella notte in un club dove c'è un grande afflusso di persone: in una serata se ne alternano fino a 900. L'azienda che a pieno regime conta 150 dipendenti proprio perché la logistica di questo posto meraviglioso è molto complicata, dobbiamo essere in tanti per offrire un ottimo servizio.
L’offerta di mixology è la stessa dappertutto?
No, al club c’è un bar con prodotti premium dove serviamo tutti i drink nel vetro, mentre negli altri tre bar lavoriamo con il policarbonato. La struttura ha molti gradini e una quantità di vetro importante diventerebbe un problema di sicurezza per gli ospiti.
Anche lo staff è separato tra club e ristorante?
Lo staff è diverso ma lavoriamo in simbiosi, un po' con gli stessi partner e fornitori. Sono due staff e due lavori diversi coordinati durante l'inverno, quando facciamo un lavoro unico di approvvigionamento merci, sponsor e organizzazione. Al ristorante si cura più il drink, i prodotti sono diversi e anche i volumi (abbiamo cento coperti) quindi possiamo fare molti prodotti home-made. Al club la scelta è più limitata: Paloma, due analcolici nostri che ci pre-batchamo, uno dolce uno secco, Margarita, vogliamo offrire lo stesso standard di cocktail in tutti i bar e con il pre-batched ci riusciamo. Ma anche al ristorante cerchiamo di standardizzare tutto, la cucina e il servizio e il drink. Il locale ha questi ambienti così diversi e unici, ma ovunque si sieda l'experience del cliente deve essere la stessa.
Ci racconti la drink list di questa stagione?
Abbiamo 9 drink signature di cui il 30% a base del distillato del momento, il tequila, con un concetto contemporaneo quindi bicchieri Nude, cubo grande Oshizaki, pochissime garnish per dare valore al cocktail, pochi prodotti anche home made. Il 70% della drink list è con i nostri partner Martini e Diageo. Lo stesso prodotto lo lavoriamo in più modi: con la buccia dell’anguria ad esempio facciamo un’infusione, con la polpa una soda. Tutto in pre-batched, quest’anno l’abbiamo portato ai bar del club ma il concetto è iniziato alle Terrazze, tutti i drink signature sono pre-batched.
Usate prodotti sardi?
Ci piace raccontare il territorio ma anche essere molto internazionali, data la clientela che abbiamo. A fine stagione facciamo un’analisi e i drink che abbiamo venduto meno l’anno dopo li sostituiamo, quelli che hanno funzionato di più li teniamo, poi cerchiamo di dare un 30-40% di proposte nuove. I drink che togliamo dalla carta li lasciamo come fuori menù per qualche vecchio cliente che magari ci è affezionato.
La mixology al ristorante come funziona?
Alle Terrazze si divide in tre momenti: aperitivo, cena e after dinner. La parte after dinner può essere legata a un pubblico che scende al club, c’è un pubblico che viene soltanto nella fascia aperitivo per bersi un drink e godersi il tramonto e il pubblico della cena: negli ultimi due, tre anni la gente, stranieri ma anche gli italiani, pasteggia molto più spesso con i drink.
Tra classici e signature com’è la richiesta?
Per il 70% signature.
A cena portate la drink list?
Portiamo la lista e proponiamo sempre un aperitivo a inizio cena, poi c'è chi si ferma lì e chi, contento dell'offerta, continua tutta la cena con i drink, è una cosa che ci piace molto. Ci diverte.
Tendenze dell’estate? Low ABV?
Noi facciamo o drink veramente low alcol, molto beverini per i gusti di tutti, oppure con sapori abbastanza decisi e alcolici, è difficile che ci posizioniamo nel mezzo. Con la nuova tendenza degli spirits zero facciamo almeno il 10% di analcolici, non ce l’aspettavamo, quando la gente è in vacanza vendere uno o due analcolici su dieci mi ha sorpreso.
Quali drink vanno di più?
I Paloma, ma anche se il tequila è molto in auge il gin ancora regge: Gin Tonic, qualche Gimlet, Martini cocktail, a Le Terrazze facciamo tanti Espresso Martini lavorando con una clientela molto internazionale. Poi in aperitivo si lavora con i bitter.
Raccontaci qualcosa di te...
Sono umbro di Narni in provincia di Terni, ho iniziato nel lontano 1998 in Riviera Romagnola nella sala. A Milano approdo nel 2006, ho fatto l'apertura di tanti locali, mi sono occupato di startup. Poi sono venuto in Sardegna: due anni al Billionaire con Briatore nel 2009, poi qui al Ritual, dove da subito mi sono occupato della gestione di tutti i bar del club. Da qui sono passato a Formentera per 6 anni con un gruppo di ristoratori italiani: mi occupavo delle drink list di tutti i locali. Sono ritornato al Ritual con il progetto del ristorante le Terrazze nell’inverno 2021. Ho rivoluzionato la carta drink e abbiamo subito avuto un grandissimo successo, ora proseguiamo con questa linea molto contemporanea, internazionale, in linea con i migliori club. Al momento sono fisso qui, lavoro tutto l'anno a questo progetto: sei mesi sto a Milano dove mi documento sulle nuove tendenze sia del bar sia della ristorazione, i sei mesi estivi mi trasferisco in Sardegna. A ottobre e novembre riposiamo, da dicembre rimettiamo in moto la macchina perché questo è un locale complesso, pensiamo a modifiche per ottimizzare il lavoro e il servizio mentre da gennaio iniziamo con le nuove drink list, il nuovo menù, il nuovo staff.
Differenza tra qua e il Billionaire?
Questo è un posto molto più vero, autentico, con un'energia particolare. Il Billionaire è un mondo sicuramente divertente. Poi qualsiasi esperienza che fai accresce il tuo bagaglio di vita e professionale. Al Ritual possiamo veramente esprimerci e portare la nostra idea di drink, di ristorazione e di servizio. Francesca Fiore ci dà carta bianca e si fida di noi, abbiamo iniziato a lavorare insieme con Tiziano e Marco [Poltronieri, General Manager, ndr] dal 2008, c’è una fiducia totale tra di noi ed è bello metterci la faccia in un posto così.
Come va con il nuovo chef?
È stata una ricerca che abbiamo fatto quest’inverno, mi sono scartabellato tantissimi curricula e sin dalla prima telefonata con lui abbiamo capito che faceva per noi, perché è un profilo giovane, ha 33 anni, ma con una buonissima esperienza alle spalle e la stessa visione di ristorazione, di servizio, di offerta che volevamo dare. Ci siamo trovati subito in sintonia anche nella creazione del nuovo menù.
Qualità e semplicità
Sì, cerchiamo di partire da un'ottima materia prima e trasformarla poco, usando i prodotti dell'estate quindi la frutta, la verdura e le erbe aromatiche mediterranee. Cerchiamo di dare un prodotto mediterraneo e internazionale, fondere i due aspetti, avendo clienti polacchi, dagli Emirati Arabi, americani e russi.
La stagionalità è scontata: avete solo una stagione.
Noi in tre mesi, da metà giugno a metà settembre, ci giochiamo tutto il lavoro di un anno e quindi non possiamo sbagliare. Però abbiamo tanto tempo per programmare, quindi arriviamo belli carichi, belli pronti, belli decisi grazie a tutto il lavoro fatto in inverno.
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A cura di Matteo Cioffi
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