26 Settembre 2014
I consumi stanno dando i primi segni di ripresa, sulla spinta del ritorno di una nuova voglia di shopping, ma su direzioni ben diverse dal passato. Che i cambiamenti dei consumi fossero strutturali si sapeva. Che prima o poi il mood cupo e diffidente dei consumatori sarebbe cambiato, era una speranza nell’aria. Ma probabilmente la modalità con tutto ciò sta avvenendo spiazzerà coloro che nel commercio non riusciranno ad adattarsi. Innanzi tutto questa ripresa avverrà ancora in condizioni di scarsità di risorse e di incertezza economica. Non si tratta quindi di un rilancio spensierato sullo shopping, quanto di una nuova consapevolezza che porta a ottenere il meglio alle migliori condizioni. La crisi del modello consumistico ha lasciato nella società una sana diffidenza verso gli
[caption id="attachment_31425" align="alignleft" width="300"] Work Coffee, un esempio di locale che aggrega le persone che cercano/offrono lavoro[/caption]
strumenti del marketing e delle vendite di un tempo. I meccanismi promozionali sono percepiti superati poiché tendono a indurre consumi che ad oggi non interessano più. Si ricercano nuovi canali di acquisto, nuove forme di partecipazione e condivisione, si mixano in modo spontaneo e assolutamente non ideologico lo shopping nei negozi del centro città con quelli in e-commerce. Si frequentano i mercati a chilometro zero e quelli rionali e contemporaneamente si attinge a offerte in crowfunding: il “vecchio” e il nuovo si mischiano dando origine ad un modo più libero e soddisfacente di esprimere i consumi. Si potrebbe dire che in questo panorama i consumatori diventano più padroni delle proprie azioni, meno passivi e più lucidi.
Questa è la situazione degli shopper italiani fotografata dall’Osservatorio Consumatori 2014 di Sign-M&T, indagine annuale che esplora i modelli di consumo del Paese e le performance di gradimento delle insegne italiane. Persiste ancora un mondo di “shopper” in crisi, che inseguono le promozioni da volantino o ricercano la convenienza di tutti i giorni presso i discount (quasi il 28% del totale dei consumatori nazionali). Ma si tratta di una fascia sempre più marginale, spinta sui redditi e sugli strati socioculturali più bassi. Una fetta di italiani - tendenzialmente di età più elevata - che fanno fatica ad andare “oltre”. Si conferma ancora l’esistenza di un gruppo di “ignavi” dello shopping (15%): consumatori più giovani che non si preoccupano degli acquisti lasciando l’incombenza ad altri (i genitori?), ma sono attivati da poche insegne di riferimento (nel settore dell’entertainment e del fashion). Così come l’Osservatorio Consumatori fotografa anche per quest’anno una fetta di italiani, elite culturale e d economica, che al contrario sono iper-critici e iper-informati (14,5%): tutto sanno e tutto pretendono dai propri acquisti. La novità 2014 è che mentre un tempo rappresentavano comportamenti metropolitani, oggi esprimono tendenze presenti anche in provincia. Il restante 43% dei connazionali esprimono invece, come già indicato, comportamenti di shopping nuovi, di rilancio delle spese ma su nuove destinazioni e con nuove modalità. È su questi consumatori - innanzi tutto - che conviene lavorare, adeguando le offerte horeca in modo da intercettare i nascenti trend. Rimettere al centro la qualità dei prodotti come prima cosa, passando dal “racconto” di una esperienza presunta (la finta trattoria, la finta macelleria storica…) all’offerta di un format “sincero”. Non è questione di ambientazione, di arredo o di comunicazione, ma di scelta onesta di un assortimento prodotti e servizi di valore (va benissimo il chilometro zero, ad esempio o il “fatto in casa” davvero). Ripensare il tema della convenienza, che non vuol dire riempirsi lo stomaco a basso prezzo ma offrire delle proposte coerenti con quanto richiesto. Il nuovo consumatore non chiede massificazione ma esperienza: benissimo le promozioni che premiano la fedeltà dei clienti ma altrettanto importante è rinnovare costantemente l’offerta in modo da proporre sempre nuove soluzioni (vincono in questo caso i format creativi, i laboratori di innovazione, in continuo test di prodotto). Anche la relazione con i clienti è un terreno da ripensare: molto meno “happy hour” e molto più valore, anche in questo caso. Il futuro è nei luoghi che costruiscono comunità di persone basate su temi e feeling “veri” da condividere. Non lo “sballo” o il “divertimento” a prescindere: meglio il bar abbinato al laboratorio di riparazione delle biciclette o le esperienze tipo workcafè che aggregano le persone che cercano/offrono lavoro attorno ad una offerta horeca. La specializzazione intesa come offerta riconoscibile e differenziante. L’onestà nel proporre un’offerta commerciale chiara. Nel parlare ai nuovi consumatori con un nuovo linguaggio sapendo che quello di un tempo è definitivamente superato.
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