09 Marzo 2015
In qualche libreria lo si trova ancora. È un libro scritto da Luigi Furini dal titolo emblematico, Volevo solo vendere la pizza; è una storia, amara e senza lieto fine, di un giovane entusiasta che decide di aprire un locale investendo tutti i suoi risparmi: permessi, burocrazia, inutili ostacoli, balzelli vari, lungaggini esasperanti, transumanze da un ufficio all’altro lo convincono a desistere; ecco l’ingloriosa fine di un sogno, Luigi, stremato, rinuncia. Si può cominciare anche da qui a parlare di desideri infranti: chi resiste e quelli che invece chiudono, chi prospera, chi apre malgrado la lunga e dolorosa crisi economica scommettendo, e a volte è un vero e proprio azzardo, sul proprio futuro… È un elenco nel quale si incastrano, come tessere di un puzzle, diversi fattori e ogni pizzaiolo ha i suoi, diversi da quelli dei suoi competitors. Posizione, target dei clienti, concorrenza, scelte strategiche e gastronomiche… a ciascuno i suoi, che permettono di capire come fare in alcuni casi ad andare avanti (anche se certo la sola sopravvivenza economica e professionale non paga, al più rimanda un problema che va risolto in altro modo), ad altri a emergere, ad alcuni purtroppo, e non sono pochi, a chiudere l’attività. Su tutto e tutti un diktat, mai come in questo periodo buio di forte attualità: bando alle improvvisazioni e ai pressapochismi, le pizzerie spuntano come funghi, in alcuni casi l’una accanto all’altra; diversamente si va tutti a casa…
RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE
«Ho aperto il mio locale - racconta Giuseppe Castellano della Pizzeria Smeraldo di Brescia - diversi anni fa. Nel tempo, crisi e concorrenza di pizzerie “low cost” hanno costretto molti miei colleghi a chiudere. Non è stato facile, e a maggior ragione ancora non lo è, rimanere aperti. Ma con il duro lavoro e la passione per quello che facciamo possiamo assicurare una qualità costante e siamo ancora in pista. Se però le cose non cambiano quanto resisteremo?». Una confessione gelida e sincera, che rimanda a bollette, affitti e utenze sempre più pesanti, a un portafoglio clienti che, piano piano, sta diventando sempre più sottile. Sono però diverse le discriminanti che determinano successi e insuccessi, e tra queste la posizione e l’eventuale vicinanza con altri locali dello stesso tipo. «Due aspetti importantissimi - non ha dubbi Nevio Simoncelli della Pizzeria da Nevio di Cesenatico - perché da noi, in una città a forte vocazione turistica, la concorrenza è spietata e siamo tutti vicini gli uni agli altri. La mia ricetta? Prezzi invariati rispetto agli anni scorsi mantenendo però la stessa qualità; ovvio che, di contro, i profitti sono calati. In questo modo però sono riuscito a mantenere i miei clienti, ma chi non ha fatto come me si è dovuto fare da parte. Chi ha aumentato i prezzi o diminuito la qualità delle sue pizze l’ha pagata cara; non siamo più così tanti come negli anni scorsi». Fin qui semplici ricette per sopravvivere professionalmente in questi tempi di crisi, ma c’è chi ne approfittato per osare cambiando e investendo.
MARKETING E IDEE
È il caso di Tullio Emanuele Contardi, patron de Gli Artigiani della Pizza di Cava dei Tirreni che ha interamente stravolto locale e format proposto: «Ho investito tutto quello avevo e ho inventato la mia pizzeria. Per farlo ho radiografato i miei concorrenti: arredi, proposte gastronomiche, formule… Ho creato qualcosa che nella mia città non c’era, a partire dalle pizze, tutte di ricerca e, nel tempo, mi sono creato un target ben preciso. È stato un azzardo ragionato, ma diversamente la mia attività non avrebbe avuto un gran futuro, uguale com’era ai miei concorrenti». Una terapia in larga parte condivisa da Anna Rosa Lezzi de La Pergola-Il Pergolino di Santa Maria al Bagno (LE), con un distinguo determinato dalla disponibilità economica: «il mio salvadanaio non mi permetteva miracoli, così ho deciso di abbassare pretese e look del mio locale, che fino ad allora era stato sostanzialmente simile a molti altri. Con un investimento decisamente modesto ho cambiato tutto o quasi; più luminosità e calore alla mia pizzeria e una importante caratterizzazione rispetto ai miei concorrenti, che dalle mie parti sono numerosi e affamati». Tirando le somme la ricetta perfetta anticrisi non esiste: l’importante però non è tamponare una falla, che prima o poi si riaprirebbe, ma trasformare un periodo di forte crisi in un’opportunità per dare una svolta decisiva alla propria professione. Ma con cuore e, soprattutto, cervello. Sopravvivenza e improvvisazione non pagano più
SAGGEZZA FORMATO PIZZA
È stata una penna molto importante del giornalismo di settore, quella del celebre e blasonato Luciano Pignataro, a sintetizzare perfettamente e con efficacia le opportunità che una forte crisi come questa può offrire: «Forse i pizzaioli che investono sul proprio locale riducono i margini, ma è come se versassero i contributi per il futuro. Hanno colto la crisi come un’opportunità». Niente di più vero perché, come prosegue Pignataro «permette loro di aggiornarsi facendo però attenzione a non perdere la loro identità. E, in alcuni casi di famosi pizzaioli, convertirsi al low cost senza per questo rinunciare a tecnica, ricerca e a un pizzicalo di creatività». La parola chiave è dunque, anche per griffatissimi addetti ai lavori, sapersi reinventare anche perché la nuova frontiera anticrisi è quella delle pizzerie al taglio. Quali le carte vincenti nelle loro mani? Prezzi bassissimi e velocità di somministrazione, due sirene perfette per le orecchie dei clienti.
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