21 Aprile 2015
In alto a destra, sul sito www.expo2015.org, ticchetta inesorabile il cronometro di un conto alla rovescia ormai sceso sotto quota 60 giorni. “Ce la faremo davvero?” è la domanda che ci poniamo un po’ tutti. Nel sito espositivo i tecnici assicurano che, al massimo, rimarrà da stringere un po’ qualche bullone dietro le quinte. Ma che le avanguardie dei migliaia di visitatori italiani e stranieri che varcheranno i cancelli il primo maggio si troveranno davanti un’EXPO impeccabile. Che li stupirà per le architetture audaci, per una panoramica di ampiezza mai vista prima su cosa significa “cibo” in tutto il mondo e per la speciale attenzione al futuro della sostenibilità. Del resto, l’Esposizione Universale in salsa meneghina ha già battuto diversi record ancor prima di iniziare. Innanzitutto quello dei Paesi presenti, ben 145 in rappresentanza del 94% della popolazione mondiale - mai così tanti prima in un’EXPO - oltre a tre organizzazioni internazionali (l’ONU, la UE e il CERN) e a diverse grandi aziende. Record anche per il numero di Paesi presenti con un padiglione proprio, 60 contro i 42 di Shanghai. Altre due “prime volte” di questa EXPO tricolore sono la presenza di 13 organizzazioni della società civile e l’idea dei cluster, padiglioni collettivi che riuniscono i Paesi più piccoli non per aree geografiche, come in passato, ma con una logica di filiera, dalla materia prima al consumatore: ce ne saranno 9, dedicati rispettivamente a riso, cacao e cioccolato, caffè, frutta e legumi, spezie, cereali e tuberi, bio-mediterraneo, isole, zone aride.
Infrastrutture ed economia
Uno studio di SDA Bocconi ha calcolato che l’impatto economico di EXPO 2015 sul Paese sarà pari a 24,7 miliardi di euro tra il 2012 e il 2020, al netto delle infrastrutture, mentre il valore aggiunto dell’indotto sarà di 10,5 miliardi di euro e si stimano 200 mila posti di lavoro generati. È prevista, inoltre, la nascita di nuove imprese per 1,7 miliardi di produzione aggiuntiva (e circa 12.400 occupati) e un incremento degli investimenti diretti esteri per 1 miliardo di valore aggiunto (16.500 unità di lavoro). Benefici anche per il patrimonio immobiliare (1,1 miliardo di produzione aggiuntiva e oltre 8 mila posti di lavoro) tra investimenti legati al sito Expo e rivalutazione degli immobili dell’area milanese. Ma sono proprio i flussi turistici quelli che dovrebbero contribuire di più: capaci di fruttare 9,4 miliardi di produzione aggiuntiva, 4 miliardi di valore aggiunto e circa 80 mila posti di lavoro, ai quali vanno sommate 10 mila unità di lavoro come effetto di lungo periodo.
Lifestyle italiano per stupire i nostri ospiti
Il primato forse più importante, dunque, è un altro. Quello dei biglietti. Come confermato da EXPO durante la recente Bit - Borsa Internazionale del Turismo, i tagliandi già staccati sono oltre 8,5 milioni dei quali più di 5, cioè circa il 60%, venduti all’estero. Come previsto - anche grazie agli accordi stretti da EXPO con i Tour Operator locali - oltre un milione sono stati venduti nella sola Cina, ma non mancano le sorprese. In Bangladesh ne sono stati staccati 150 mila e si prevede che 250 mila saranno venduti in Africa. L’evento sembra dunque ben avviato a raggiungere, se non superare, il target dei 20-21 milioni di visitatori di cui almeno un terzo dall’estero. Stiamo parlando di circa 7 milioni di visitatori stranieri in più, che non faranno tanta strada solo per vedere l’EXPO: vorranno visitare il Bel Paese, alloggeranno nei nostri hotel, mangeranno nei nostri ristoranti. Faranno shopping nei nostri negozi e vorranno rilassarsi e divertirsi nei nostri locali. E che andranno ad aggiungersi, ci si augura, agli abituali flussi turistici soprattutto dai nuovi mercati: Eurostat certifica che l’Italia è il primo paese dell’eurozona per numero di pernottamenti di turisti extra-UE, con 54 milioni di notti nel 2012 (+14 milioni rispetto alla Spagna). Siamo il primo paese europeo per numero di pernottamenti di turisti cinesi (2,5 mln), giapponesi (2,8 mln), sudcoreani (680 mila), brasiliani (1,8 milioni), australiani (2,2 milioni), statunitensi (11 milioni) e canadesi (2 milioni).
Perché tanta attenzione per Expo?
Il motivo è chiaro: Milano e l’Italia piacciono nel mondo, soprattutto, come si dice oggi con un anglicismo, il nostro lifestyle. Una propensione che grazie a EXPO potremmo sicuramente valorizzare di più in chiave business, visto che gli spazi di miglioramento ci sono. Nell’edizione 2014 del prestigioso Country Brand Index di FutureBrand, l’Italia si classifica solo 18esima su 22 (delle 75 analizzate) tra le nazioni che possono essere considerate “marchi”. Tra i nostri cugini latini e principali competitor nel lifestyle, però, la Francia è anch’essa solo 17esima, mentre la Spagna non è riuscita a rientrare tra i country brand. Anche tra le città più influenti non andiamo molto meglio: la prima e unica italiana, Roma, è al 17mo posto. Questo è sicuramente un ambito dove EXPO potrà dare il suo contributo, rafforzando il prestigio del brand Italia. Guardando alle diverse dimensioni analizzate, a dispetto del non eccelso piazzamento generale, l’Italia risulta prima nella percezione del panel internazionale per il turismo e per il patrimonio culturale. Quest’anno, inoltre, FutureBrand ha dedicato un rapporto specifico proprio al tema del “Made in”. Si conferma innanzitutto che i consumatori sempre più considerano un valore aggiunto il paese di provenienza di un prodotto, e che questo si basa su fattori sia razionali sia emozionali. La survey sottolinea inoltre che il valore percepito del Made in è tanto maggiore quanto più numerose sono le categorie in cui il Paese è considerato eccellente, e che i marchi aziendali contribuiscono in modo significativo al prestigio del Made In nazionale. Nella classifica generale, il Made in Italy è al quinto posto su 20 Paesi, dopo USA, Francia, Germania e Giappone. Mentre, scendendo nel dettaglio delle categorie, le sorprese non mancano. L’Italia risulta seconda dopo la Francia nel food & beverage e ancora seconda, ma dopo gli USA, nel fashion. In compenso, siamo percepiti al terzo posto nel luxury dopo Svizzera e Francia, al settimo nel beauty e al decimo nell’elettronica.
Osservatorio sostenibilità
Puntare sul Made in Italy può essere dunque la chiave per massimizzare l’investimento EXPO del sistema ospitalità. Ma il variegato mondo dell’ospitalità professionale è pronto a svilupparla? E in che modo? Grande attenzione è rivolta soprattutto a proporre un’offerta in sintonia con i temi dell’Esposizione, ad esempio la sostenibilità. Secondo una ricerca condotta dall’app per le prenotazioni last minute HotelTonight, i punti di forza su cui punteranno gli hotelier per attrarre gli ospiti stranieri saranno la filosofia green e la maggiore internazionalità. Il 68% degli intervistati dichiara di utilizzare misure per il risparmio energetico, il 45% si impegna per compensare l’impatto ambientale e il 41% adotta misure per evitare sprechi di cibo. Inoltre, un albergatore milanese su due tradurrà il materiale informativo in più lingue rispetto a oggi e introdurrà un menù più internazionale nel proprio servizio di ristorazione. Sul fronte, appunto della ristorazione, indicazioni positive arrivano dalla prima edizione dell’Osservatorio METROnomo, creato da Metro Italia in collaborazione con IEFE Bocconi, una survey su un panel di oltre 300 PMI del settore. sul fronte della sostenibilità che è uno dei temi portanti di EXPO. In chiave di azioni concrete, molto gettonate la raccolta differenziata (88%), l’utilizzo di dosatori (73%), la riduzione degli sprechi (70%). Seguono bottiglie riutilizzabili o a rendere (63%), prodotti a kilometro zero (62%), materiali ecologici (60%), apparecchiature a basso consumo energetico (56,5%). “L’importanza della sostenibilità come leva strategica è estremamente positiva” ha dichiarato Fabio Iraldo, direttore di ricerca IEFE Bocconi . Ma queste azioni hanno poi un reale (o percepito) impatto sugli interlocutori chiave? In generale il riscontro è positivo: per il 71% dei rispondenti le iniziative ambientali hanno contribuito ad una maggior soddisfazione dei clienti, mentre il 64% ritiene che abbiano migliorato l’immagine aziendale. Un po’ più tiepidi rimangono gli intervistati nel trovare un collegamento con nuove opportunità commerciali (50%). “Questi ultimi dati sono incoraggianti anche se l’ambizione è quella di alzare la percentuale dei molto soddisfatti, più bassa rispetto a coloro che nelle risposte si sono dichiarati abbastanza soddisfatti - ha proseguito Iraldo -. A questo proposito si può ipotizzare che una comunicazione più strutturata possa fare la differenza: il 42% degli intervistati non compie nessuna azione specifica in merito”. METROnomo propone un vero e proprio decalogo per valorizzare la sostenibilità come differenziale competitivo, con concetti che spaziano da “cosa proporre in tavola” (ad esempio, alimenti di produzione biologica integrata), a “gestire la struttura in chiave green” fino a “organizzarsi per migliorare” e “comunicare il proprio impegno”.
L’importanza dell’italian style
Elementi di innovazione sicuramente importanti, ma quello che si aspetta il visitatore, soprattutto straniero, è una buona dose di Italian Style. Che significa design, gusto, e capacità di interpretare le esigenze del cliente in maniera originale e nuova. “Parlando di qualità - aggiunge dal suo punto di osservazione Paolo Marchi, ideatore di Identità Golose - le difficoltà più grandi che incontra il Made in Italy oggi derivano dalla scarsa capacità di operare come sistema. A differenza di altri paesi nostri concorrenti (come la Francia, ma non solo), siamo forti sui singoli prodotti ma molto meno nel difendere la ‘italianità’ nell’insieme. Negli USA, ad esempio, moltissime persone pensano che la pizza sia una specialità americana, per non parlare dei prodotti più o meno contraffatti o dei vini prodotti in diverse parti del mondo con vitigni italiani”. “Eppure - prosegue Marchi - nel mondo c’è tantissima voglia di Italia e si tratta di un’attenzione informata e consapevole. Nel mio ultimo viaggio in Oriente mi sono sentito porre domande molto particolareggiate sugli ultimi sviluppi della cucina italiana contemporanea, molto al di là dei piatti o dei prodotti più tipici. Eppure in pochi, fuori dal settore, sanno che l’Italia è leader nel produrre anche le attrezzature e i componenti, oltre che nel cibo stesso: non riusciamo a ‘proiettare’ il prestigio delle eccellenze più conosciute come cibo, moda e design, anche su comparti che sono altrettanto importanti economicamente, se non di più”.
La chiave? Il made in Italy di prossima generazione
“Parlare oggi di innovazione significa dare al design e alla creatività un ruolo che fino a ieri era assunto quasi esclusivamente dalla tecnologia - aggiunge il professor Francesco Morace, presidente di Future Concept Lab -. Si parla oggi di ‘design thinking’: l’esperienza estetica, nella sua espressione legata al sentire, al gusto e all’intuizione, permea ormai il consumo in tutto il mondo e riapre i giochi consegnandoci un mercato da ripensare, da ricreare, da ridisegnare. Questo nucleo forte di valori creativi arriva dalla tradizione umana e sociale, centrale nel design all’italiana per la definizione di strategie di lungo termine per il miglioramento della qualità della vita e del suo gusto quotidiano”. “Le differenze tra mondo Ho.Re.Ca. e mondo Retail sono sempre più sfumate - continua Morace -. Stiamo assistendo ad un vero e proprio cambiamento d’epoca. In altre parole, si afferma il deciso viraggio verso l’esperienza del gusto, proponendo l’etica del prodotto, del prezzo e della qualità che diventa eccellenza grazie alla sapienza di un saper fare che non abdica alle scorciatoie “virtuali”. L’incontro progressivo tra prodotti e servizi di settori diversi avverrà all’insegna di questa alleanza tra etica ed estetica, scompaginando positivamente i confini tra i format. Bistrot di Autogrill nella Stazione Centrale di Milano, bene interpreta la capacità di un brand di valorizzare la propria offerta di servizi legati alla ristorazione e contemporaneamente l’esperienza di un format aperto e che travalica i confini di genere”.
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