pubblici esercizi
28 Novembre 2016Mettersi in proprio è il sogno di molti barman. Ma avere successo con una nuova attività non è facile. Quali sono gli errori da evitare? E che cosa bisogna sapere per affrontare il grande passo al meglio? Lo abbiamo chiesto a quattro affermati bartender italiani. Ecco che cosa ci hanno raccontato.
GLI ERRORI DA EVITARE
[caption id="" align="alignleft" width="300"] Flavio Esposito[/caption]
Partiamo dall’inizio. Intanto, prima di cambiare vita è bene farsi un esame di coscienza. “Chi si illude che aprire un locale significhi lavorare meno è destinato a fallire. La scelta di diventare imprenditore deve partire dalla voglia di trasmettere una propria idea di miscelazione, unita a una seria esperienza dietro al bancone e alla maturata consapevolezza che il ruolo di dipendente non sia in linea con i propri obiettivi” afferma il barchef Flavio Esposito, classe 1987, titolare dal 2012 del Boutique 12 di Milano, che a fine giugno 2016 ha traslocato in una location più spaziosa, adiacente al vecchio indirizzo in Porta Venezia. Fatta questa premessa, a detta di tutti, l’errore più comune è quello di non avere le idee chiare sul format e, di conseguenza, sul target da conquistare.
[caption id="attachment_115489" align="alignright" width="193"] Luca Simonetta[/caption]
“Molti locali chiudono i battenti dopo pochi mesi perché mancano di un’identità definita. Prima di aprire un’attività bisogna studiare l’offerta del territorio, individuarne i punti critici e quindi proporre qualcosa di originale e di alternativo”, spiega Luca Simonetta, patron dal 2009 del MyLounge di Cesana Brianza, cocktail bar polifunzionale affacciato sulla statale tra Como e Lecco. Per conquistare clientela e reputazione servono determinazione e pazienza. Emblematica è proprio la storia del MyLounge: “La mia ambizione è sempre stata quella di portare l’alta miscelazione in Brianza, ma quando ho aperto l’attività, sette anni fa, la clientela non era pronta al mio progetto”, racconta Simonetta. “Così, per i primi due anni, per farmi conoscere ho puntato su happy hour con buffet e cocktail semplici e di largo consumo, come lo Sprizt e il Negroni. Poi ho introdotto un’offerta di twist e ho formato il personale al fine di trainarne la vendita. Infine, solo quando la clientela era ormai ampia ed eterogenea, ho sostituito il buffet con il servizio al tavolo e lanciato una lista di 14 cocktail “d’autore” realizzati con sciroppi e infusi home made, in abbinamento con panini gourmet. È stato un successo di pubblico e di fatturato, perché ormai il cliente era pronto. Se avessi proposto la stessa formula all’inizio avrei fatto un buco nell’acqua”. Molti giovani imprenditori, poi, sottovalutano l’importanza di una seria conoscenza delle numerose leggi cui occorre adempiere, tra cui quelle inerenti alla certificazione HACCP e alle tasse da pagare. “La burocrazia in Italia è complicata. Per giunta, alcune normative variano di regione in regione. Secondo me, in assenza di un’esperienza diretta come direttore-gestore, è meglio richiedere la consulenza di un professionista in materia. Diversamente è facile incappare in multe e problemi di ogni sorta”, riflette Flavio Esposito.
[caption id="attachment_113469" align="alignleft" width="300"] Luca Marcellin[/caption]
E ancora: per aprire un’attività è indispensabile di-sporre di un adeguato capitale e di un piano business accurato e studiato in linea con le proprie capacità di spesa. “A Milano per aprire un cocktail bar con una capienza di 30-40 posti a sedere servono almeno 100 mila euro. Che non vanno investiti in toto: è imprescindibile disporre di una buona liquidità che permetta di affrontare senza problemi eventuali spese impreviste o periodi di incassi ridotti. Ecco perché la scelta della location va valutata con attenzione, sia in termini di metratura, sia di posizione”, chiarisce il barman Luca Marcellin che dopo una “gavetta” di oltre 10 anni come bar manager negli hotel di lusso di tutto il mondo quest’estate ha aperto nel capoluogo lombardo il suo primo locale, il DRINC.
[caption id="attachment_115488" align="alignright" width="270"] Dom Carella © Paolo De Novi[/caption]
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“I costi fissi sono più o meno gli stessi in tutta Italia, a fare la differenza è l’affitto del locale. Ecco perché nel Sud l’investimento può scendere del 20-30%, ma gli scontrini sono mediamente più bassi”, evidenzia il lucano Dom Carella che ha inaugurato a luglio a Metaponto il ristorante cocktail bar gourmet Senso Farm, con un’importante offerta di food pairing a rotazione stagionale. “Un altro sbaglio diffuso è quello di sottovalutare l’impegno che richiede la gestione. Visto che è essenziale occuparsi personalmente della propria attività, soprattutto nel periodo di avviamento, piuttosto che affidare ad altri il locale all’inizio è meglio limitare l’apertura solo alla sera o al giorno, per poi allungare il servizio in un secondo tempo” aggiunge Luca Marcellin. Abbiamo finito? No. Perché per emergere non bastano esperienza, qualità, idee chiare, conoscenza delle leggi e disponibilità di capitale. Ormai è obbligatorio anche sapere comunicare. Le proprie idee, ma anche se stessi.
STRATEGIE DI COMUNICAZIONE
[caption id="attachment_115490" align="alignleft" width="171"] Foto in basso © Paolo De Novi[/caption]
Nell’era dei social media, Facebook diventa uno strumento utile, immediato ed efficace per promuovere brand e filosofia del locale. E per non sottrarre prezioso tempo al proprio lavoro sono sempre di più i barman che affidano a esperti di social marketing la gestione del profilo social del proprio esercizio. È il caso, per esempio, di Dom Carella che racconta: “Abbiamo lanciato la campagna di comunicazione di Senso Farm su Facebook a giugno, ovvero un mese prima dell’apertura, per iniziare a formare e incuriosire il pubblico lucano sul mondo del bere miscelato di ricerca e sulla cucina d’autore con un mix di aneddoti, informazioni sui prodotti e racconti di esperienze personali. Risultato? A dieci giorni dall’inaugurazione avevamo già raggiunto i mille followers, che ora sfiorano i 1.600. Va detto però che in Basilicata si sa poco di cocktail e quindi diffondere la filosofia del food pairing e dell’alta miscelazione è più facile, perché manca la cultura dei drink e di conseguenza la gente non ha preconcetti”. Tenete conto che i social media planner freelance chiedono un compenso che varia tra i 150 e i 250 euro al mese. “Parliamo di un investimento modesto, che assicura grandi ritorni. Ovviamente bisogna rivolgersi a professionisti seri, dotati di esperienza e di una reale conoscenza del settore. Il consulente ha il compito di scrivere i post sulla base delle indicazioni ricevute e di individuare la strategia migliore per ottenerne la massima visibilità. Personalmente, investo anche in newsletter e in campagne di guerrillamarketing pensate ad hoc per eventi speciali” specifica Flavio Esposito. Sempre a proposito di social, è molto utile essere presenti anche su TripAdvisor. “Noi abbiamo aggiunto l’app per le recensioni dei viaggiatori di TripAdvisor al profilo Facebook di Senso Farm. Il suo utilizzo richiede meno di un minuto e consente di condividere le informazioni con fan e amici, incrementando le interazioni”, racconta Dom Carella.
[caption id="attachment_113472" align="alignright" width="241"] Cocktail di Luca Marcellin[/caption]
Se il rapporto virtuale è strategico per fidelizzare la clientela, comunque non va mai trascurato il dialogo vis a vis: “Per appassionare gli avventori al vostro lavoro vi suggerisco di spiegare i prodotti e le tecniche utilizzate” consiglia Luca Marcellin. Quanto agli eventi, meritano un discorso a parte. Oltre alle classiche serate di degustazione, a richiamare l’attenzione del pubblico oggi sono soprattutto gli show drinking, che Luca Simonetta propone da un anno sotto forma di gara coinvolgendo nomi prestigiosi del settore e ottenendo ottimi incassi. “La Bartender Battle è una vera e propria competizione che vede sfidarsi due noti bartender italiani a ‘colpi di cocktail’ su un tema che varia di volta in volta. L’iniziativa piace per più motivi: è originale, interessante e coinvolgente. I due sfidanti devono realizzare tre cocktail a testa e il vincitore della serata sceglie il suo prossimo avversario e lancia l’invito attraverso un video su Facebook. La Bartender Battle attira non solo i clienti affezionati del locale, ma anche curiosi e professionisti del settore”, chiosa soddisfatto Luca Simonetta.
Si ringrazia Paolo De Novi per la foto di apertura dell'articolo
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