pubblici esercizi
24 Giugno 2011Il numero di imprese che non riescono a far fronte al proprio fabbisogno finanziario è aumentato nel primo trimestre del 2011 del 5% rispetto al trimestre precedente; sono raddoppiate nello stesso periodo quelle che hanno chiesto un fido o la rinegoziazione di un fido esistente ed è più che raddoppiata la percentuale di quelle che si sono viste rifiutare del tutto la richiesta di finanziamento (dal 4% all’8,9%), mentre la quota di imprese che si sono viste accogliere la propria domanda di fido (53,9%) è risultata la più bassa da due anni a questa parte. Sono questi i dati allarmanti dell’Osservatorio sul Credito per le Imprese del commercio, del turismo e dei servizi realizzato da Confcommercio-Imprese per l’Italia.
Tavola
rotonda
E su questi dati si è innestata la discussione di una interessantissima Tavola Rotonda organizzata da Fipe durante il recente Tuttofood in Fiera a Milano. Con la conduzione di Claudio Ferraro, Direttore del Centro Servizi dell’Ascom–Epat di Torino, si sono affrontati a viso aperto i rappresentanti della Filiera Alimentare (dai Baristi ai Ristoratori, dai Grossisiti di Bevande ai Torrefattori), con quelli di Banche (Intesa Sanpaolo) e dei Consorzi Fidi (Fidicomet Milano).
Ne sono nate scintille, con accuse (civilissime) reciproche ma soprattutto con la constatazione che se le cose non cambieranno il Settore potrebbe finire in mano agli usurai e alla malavita organizzata.
La critica all’attuale sistema del credito in Italia è stata fortissima, acuita da una situazione di mercato sempre più difficile da affrontare da parte dei Pubblici Esercizi. “1 criteri di analisi aziendale utilizzati dalle banche per gli affidamenti sono troppo superficiali e standardizzati e non sono in grado di cogliere le specificità del settore dei Pubblici Esercizi”, ha detto Giorgio Buratti, Presidente Fipe Trentino . “Un settore nel quale, stando ai dati medi dei Consorzi Fidi, entrano in sofferenza soltanto l’1/2% dei casi complessivamente affidati e quasi sempre per modiche somme”.
Anche secondo Remo e Fabio Ottolina, storici Torrefattori milanesi, i Bar non se la passano bene; stanno soffrendo le pene dell’inferno in questa fase di gelo dei consumi, ma vogliono investire. Per farlo sono pronti a tutto, anche all’usura. “I torreffattori che posseggono proprie finanziarie, come noi, ha detto Fabio, fanno la loro parte per evitare al Barista di ricorrere a scorciatoie che possono rivelarsi micidiali per un’Azienda. Noi cerchiamo di farvi fronte con la nostra società finanziaria di emanazione non bancaria ma assolutamente legale e controllata dalla stessa Banca d’Italia, prestando denaro esclusivamente a tassi legali, con la massima trasparenza e sanza spalmare sulle forniture di caffè i relativi costi”. “Se non ci fossimo noi, ha concluso Remo, che è anche Vice Presidente dall’Associazione Nazionale Torrefattori, molti baristi rischierebbero di finire nelle mani degli usurai”.
“Alla difficoltà di accedere al finanziamento, ha aggiunto Alfredo Zini, Vice Presidente di Fipe, si aggiungono dettagli procedurali e burocratici sempre più pesanti e spesso incomprensibili per le piccole imprese.
Le banche dovrebbero cambiare registro e aiutare le imprese a realizzare progetti di sviluppo indispensabili per operare con successo in un mercato sempre più confuso e disordinatamente competitivo”.
Il futuro
del settore
Insomma il grido di allarme è stato generale e ha disegnato scenari poco rassicuranti per il futuro del settore. “Però è sbagliato, secondo Alessandro Donnini, di Italgrob, che tanti soggetti diversi cerchino in ogni modo di surrogare, anche se legalmente, il ruolo delle Banche. Se ciascuno si limitasse a fare bene il proprio mestiere, ne guadagnerebbero tutti. Sarebbe invece importante e urgente aprire un dialogo nella filiera per trovare, insieme, al sistema del credito nuove strade”.
E la palla è stata prontamente raccolta da Salvatore Barone, di Intesa Sanpaolo: “anche la Banca sente la necessità di scambiare maggiori informazioni con la clientela nell’ambito di rapporti più trasparenti e basati su maggior fiducia reciproca.
E siam pronti a farlo subito insieme alla Fipe. Però dobbiamo farlo con la consapevolezza che dobbiamo tutti muoverci nell’ambito delle regole esistenti, che sono molto diverse da quelle di soli dieci anni fa. Oggi le Banche sono costrette da precise normative a privilegiare la documentazione formale al colloquio, per poter far fronte in qualsiasi momento ai diversi controlli che le Autorità Centrali mettono in atto per evitare crisi drammatiche come quella che ha colpito recentemente l’intero sistema bancario mondiale, esclusa l’Italia”,
Insomma quella a Tuttofood è stata una giornata di scontro e confronto molto utile, che ha spinto i protagonisti a intraprendere insieme un nuovo cammino per il quale tutti si sono impegnati a fare un passo indietro per poter fare, poi, insieme, un bel passo avanti.
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