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03 Gennaio 2014Lo chiamano anche “oro verde”, e a ragion veduta. L’olio è un prodotto che da secoli contraddistingue la cultura alimentare mediterranea, con testimonianze che fanno risalire la presenza degli alberi di olivo fin dai tempi biblici. L’ulivo è un albero simbolico per eccellenza e l’olio è sempre stato considerato prezioso, tanto da essere utilizzato per le cerimonie sacre. Se già i Greci avevano catalogato una decina di varietà di ulivi, i Romani, da ottimi commercianti, pare avessero addirittura una “borsa” dell’olio, che era distinto in 5 differenti qualità, valutate in base al grado di maturazione e alla sanità delle olive. Due parametri validissimi ancora ai giorni nostri, per definire la qualità di un buon olio extravergine di oliva, ingrediente che compare fra i fondamenti della “piramide alimentare” della dieta mediterranea, consigliata come il miglior stile alimentare possibile.
Non stupisce quindi che l’Italia sia uno dei mercati più importanti per l’olio: secondo i dati di aprile 2013 di Unaprol (Consorzio olivicolo italiano, www.unaprol.it), nel 2012 nel Bel Paese sono stati venduti più di 217 milioni di litri d’olio di oliva, di cui l’olio extravergine di oliva costituisce il 72%, mentre la quota rimanente se la spartiscono l’olio di oliva, un più generico olio “a marchio 100% italiano”, gli oli con certificazione DOP e IGP e quelli biologici, che pur essendo in crescita rappresentano ancora una piccola quota di mercato (circa 1%). Come è noto, non tutto questo olio, però, è di provenienza nazionale: molte importazioni vengono effettuate da grandi Paesi produttori, in particolar modo da Spagna, Grecia, Tunisia, Portogallo, il che rende particolarmente importante leggere le etichette dei vari prodotti per capire l’origine, la qualità, la tipologia e le caratteristiche del prodotto. Molte sono infatti le informazioni che ci può fornire l’etichetta, anche se a volte non è facile identificare quelle veramente essenziali.
I dati sull’origine dell’olio sono infatti obbligatori e devono riportare se si tratta di prodotto italiano, europeo, extraeuropeo o misto: provenienza che, di per sé non è automaticamente indicatrice della qualità del prodotto. Le certezze maggiori sulla provenienza si possono avere acquistando olio extravergine Dop, dato che l’ottenimento del marchio di denominazione può essere assegnato a produzioni dove l’intero ciclo produttivo, dalla materia prima al prodotto finito, è svolto all’interno dell’area geografica delimitata. Discorso analogo per l’olio extravergine Igp Toscano: un apposito Consorzio garantisce ogni bottiglia con la sua firma, verificando tutta la filiera di produzione, rigorosamente realizzata in Toscana, dalla pianta al confezionamento. Anche il luogo d’imbottigliamento va indicato e l’etichetta può eventualmente riportare le varietà (cultivar) di olive utilizzate: in Italia sono moltissimi, circa 350 e l’olio può essere monocultivar - ovvero ottenuto da un solo tipo di oliva, in generale dotato di sapori molto spiccati e particolari - oppure essere frutto di un blend di vari tipi di olio, sapientemente miscelati dai produttori per ottenere un prodotto dalle caratteristiche costanti nel tempo. Infine il colore, che non è un parametro distintivo della bontà di un olio: può variare da giallo limpido a verde bottiglia, ma non è il dato fondamentale su cui basarsi per valutarne il gusto.
Come scegliere, allora, un olio extravergine, se si cerca un prodotto di qualità? Ne parliamo con Riccardo Cassetta, amministratore della Biolevante, storica azienda pugliese che spicca, fra le tante italiane, per il fatto di vantare la filiera completa di produzione, che parte dai campi per arrivare all’imbottigliamento. Un’azienda che ha in portfolio oltre un centinaio di prodotti oleari (www.oliobiolevante.it).
«Se in un extravergine si vuole la certezza della provenienza, bisogna orientarsi verso i prodotti a denominazione e in ogni caso scegliere un prodotto 100% italiano, che è generalmente garanzia di un buon prodotto. Un dato indicativo della qualità è la bassa presenza di alchilesteri, sostanza dovuta ai processi fermentativi che avvengono quando le olive sono stoccate per periodi più o meno lunghi dopo la raccolta, e prima dell’estrazione dell’olio. In Italia i valori degli alchilesteri tollerati, che in futuro saranno indicati in etichetta, è decisamente inferiore rispetto a quelli tollerati negli altri Paesi UE.
La regola base è quindi affidarsi a un fornitore affidabile, certificato, che sappia informare in modo corretto e adeguato il consumatore, che sia il professionista o il cliente del ristorante, che è sempre più attento e informato. Lo sottolinea Giovanni Sbrugnera, titolare e amministratore di Tre Esse, associato Cic che opera nell’area del Triveneto e Alta Badia: «Il consiglio è di puntare a un extravergine 100% italiano. Suggerisco di non farsi tentare nel scegliere la strada del basso prezzo: è una deriva che compromette tutto il buon lavoro che un ristoratore cerca magari di fare su altri fronti. In generale, servirebbe una maggiore cultura alimentare e per questo organizziamo degustazioni, meeting con agenti e perfino manifestazioni proprio per diffondere una cultura del prodotto di qualità, fra i quali l’olio è uno dei vanti italiani. La forte pressione fiscale a cui il pubblico esercizio è soggetto a volte porta inevitabilmente a scelte di prodotti a basso prezzo, per riuscire a restare sul mercato. Una situazione da cambiare, che richiederebbe maggior voce in capitolo da parte delle associazioni di categoria e degli addetti del settore». L’extravergine oggi è anche un apprezzato prodotto biologico, scelto però ancora da una piccola quota di ristorazione. Dice ancora Riccardo Cassetta: «L’olio biologico pian piano sta prendendo piede in Italia: è un po’ più costoso, è vero, ma anche è qualificante, soprattutto quando pensiamo alla bottiglia che il ristoratore mette sul tavolo del suo avventore (in Italia le ampolle “anonime” sono bandite, ndr). E l’imprenditore attento dovrebbe tenerne conto».
In linea generale, i ristoratori possono attenersi a questa indicazione complessiva: gli oli di oliva vergine sono quelli ottenuti esclusivamente dalla semplice spremitura meccanica delle olive, che non hanno subìto trattamenti diversi da lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione. È classificato come extravergine se corrisponde a un olio assolutamente perfetto, senza difetti, con un’acidità libera (che non si avverte al palato, ma solo con analisi specifiche) espressa in acido oleico non superiore a 0,8 g per 100 g; gli oli che, invece, presentano piccole imperfezioni di gusto, vengono destinati alla raffinazione e miscelati con una percentuale variabile di extravergine diventando così olio di oliva vergine. Come detto, il colore è solo una questione di gusti e non è indicativo della qualità: infatti l’olio è più verde se le olive sono state raccolte non del tutto mature. Il primo prodotto in autunno, ha colore più scuro. E anche la limpidezza dipende solo dal fatto che sia stato sottoposto o meno a filtrazione.
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