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18 Gennaio 2017Come viene sognato, percepito e raccontato l’Espresso Italiano fuori dall’Italia? Il punto di vista di chi produce il Made in Italy raccontato da Stefano Abbo amministratore delegato di Costadoro Spa e consigliere dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano (Inei) e Michele Manzin, responsabile ufficio estero della medesima azienda.
[caption id="attachment_115248" align="alignleft" width="201"] Stefano Abbo e Michele Manzin[/caption]
Cosa si aspetta il mondo da una tazzina di Espresso Italiano?
L’Espresso Italiano dev’essere un’esplosione dei sensi: deve conquistare la vista, l’olfatto e il palato. Deve avere una carica aromatica ampia e armoniosa. Le singole origini devono sposarsi e bilanciarsi fra loro per generare sensazioni armoniche, dal tostato ai frutti freschi. Questa è la vera maestria dei torrefattori italiani: creare delle miscele in cui ogni singola origine gioca il suo ruolo senza sovrastare le altre.
Cosa vogliono conoscere gli stranieri coffee lovers e professionisti dell’espresso italiano?
I bevitori di caffè espresso vogliono capire l’arte della torrefazione, l’incidenza dei parametri di tempo e temperatura sul risultato finale, l’arte della miscelazione, come riusciamo a coniugare complessità ed equilibrio finale. Vogliono comprendere come differenze apparentemente minime di origini e tostatura possano portare a tazzine così distanti fra loro in termini di gusto e carica aromatica.
Siamo in grado di rispondere a tali attese?
Poter fregiare la dicitura Made in Italy è sicuramente un vantaggio competitivo, una garanzia, non bisogna però sedersi su questo traguardo conquistato, ma continuare a promuovere il proprio know-how. Le aziende che fanno della qualità il più importante obiettivo da perseguire hanno una strategia commerciale e di prodotto unica in Italia e all’estero. Solo attraverso la formazione si può creare continuità nella filiera della qualità (che troppo spesso si interrompe ai cancelli degli stabilimenti). Solo attraverso la divulgazione delle proprie conoscenze e formando i baristi e i consumatori finali si possono ottenere risultati di rilievo. Certo è un processo faticoso che porta frutti nel medio-lungo periodo, ma è anche l’unico per differenziarsi e per far mantenere il nostro vantaggio.
Come viene raccontato e proposto all’estero l’espresso italiano?
Le aziende votate alla qualità lo raccontano con pathos e coinvolgimento, sono fiere di mostrare cosa fanno e come lo fanno, consapevoli che condividere la propria maestria e i propri “segreti” con i clienti e partner fa bene a tutto il comparto. Aziende meno interessate alla qualità non raccontano, non investono in formazione o in degustazioni poiché preferiscono investimenti con un ritorno immediatamente quantificabile in termini economici.
Che ruolo può avere l’Inei nella valorizzazione dell’Espresso Italiano nel mondo?
L’Inei può e deve avere un ruolo di primissimo piano in questo processo e deve essere realmente un’ulteriore garanzia per quelle aziende che fanno della qualità il loro punto di forza. Si deve rimanere sempre fedeli ai principi per cui è nato l’Istituto: la difesa e la divulgazione del vero Espresso Italiano Certificato.
L’Istituto Nazionale Espresso Italiano (www.espressoitaliano.org), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine e macinadosatori e altri sodalizi che volgono la loro attenzione all’espresso di qualità, oggi conta 42 associati con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro.
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