pubblici esercizi
12 Febbraio 2015Diciamolo: in Italia non esiste una vera e propria cultura del tè. Gli appassionati non mancano, i curiosi desiderosi di sperimentare nemmeno. Ma non esiste un vero tea-system diffuso in modo capillare. Chissà come mai viene da chiedersi.
«Perché non c’è una moda del tè, bisognerebbe crearla. E in questo, magari, un personaggio carismatico sarebbe d’aiuto. Tipo George Clooney, per esempio»- scherza Gabriella Lombardi che per un attimo smette i panni di titolare del Chà Tea Atelier per tornare la pubblicitaria che era un tempo. Ma è solo una parentesi veloce: per lei oggi il presente è qui e adesso, nella sala da tè aperta in una zona centrale di Milano più di quattro anni fa. Il tè, dopo le due figlie, è la sua grande passione che ogni anno la porta in Cina per rinnovare l’assortimento.
«Naturalmente la mia è solo una boutade - precisa poi – però è vero che oggi il tè è per lo più ricercato come bevanda salutistica che “fa bene” per le sue proprietà antiossidanti e drenanti. È insomma ancora questo trend filosalutistico a trainarne il consumo. E poi, in seconda battuta, il packaging. I neofiti, infatti, in mancanza di una conoscenza reale del prodotto si fanno spesso guidare molto dall’appeal della confezione...
Per fortuna, però, qualcosa si sta finalmente muovendo. E io posso costatarlo in prima persona, non solo grazie alle richieste dei clienti della sala da tè, ma anche alla tipologia di prodotti che vendo in negozio. I più curiosi, pronti alla sperimentazione sono quelli che per mestiere viaggiano molto: venire spesso in contatto con culture diverse li rende più aperti e sensibili ad un rito così peculiare come quello del consumo del tè.
E poi ho notato un interesse particolare anche tra i giovani, universitari per lo più, che accettano volentieri di sperimentare tè e servizi diversi, anche se dimostrano una certa predilezione per i gusti fruttati e floreali. Se poi ci focalizziamo sul gender, devo ammettere che gli uomini sono più avanti. Non hanno paura di provare nuovi gusti, sono attenti alla preparazione e rispettano con cura i tempi di infusione,sono curiosi di provare accessori di servizio diversi da quelli consueti e – cosa fondamentale – accettano di farsi consigliare nella scelta».
Quanto sono importanti i corsi di degustazione?
Direi che sono basilari, per fare cultura del tè e diffonderla. Qui da Chà Tea Atelier ne organizziamo di vario livello: da quelli base che guidano alla scoperta del tè e delle sue tipologie a quelli più complessi. L’ideale è rivolgersi a un piccolo gruppo, altrimenti si rischia che la lezione diventi troppo dispersiva, quando invece serve un rapporto personale con ciascuno dei suoi componenti.
Tè e food pairing, qual è il segreto?
Nel locale l’offerta si limita ai cibi dolci, perché gli abbinamenti con il salato sarebbero stati una proposta troppo di nicchia. E poi volevo che Chà Tea Atelier restasse una sala da tè pura, senza contaminazioni con bar e ristorazione veloce, formule che non sento mie. A prescindere da questa mia scelta, comunque, credo molto nel food pairing a 360 gradi. Anche con il salato, in cui vedo infinite potenzialità.
Per la scelta degli abbinamenti esistono due scuole: procedere per contrasto o per affinità.
Ad esempio vedo bene l’abbinamento tra un tagliere di affettati dal gusto deciso e – per contrasto- un wulong più delicato. Ma ritengo altrettanto valido - procedendo per similitudine - abbinarvi un tè affumicato dal gusto deciso.
Come è articolata la vostra offerta di tè?
Spaziamo parecchio: il prezzo a teiera varia dai 3,50 euro ai 12 ed è speculare all’offerta in negozio. Sembra paradossale, ma più un tè è caro più fa risparmiare perché si presta meglio alle infusioni multiple e può essere utilizzato per una maggior numero di estrazioni.
Accanto al tè, in assortimento ho pure alcune varietà di rooibos, un arbusto sudafricano dalle proprietà antiossidanti, per chi non vuole rinunciare alla nobile pratica dell’infusione, ma solo alla teina. Sono prodotti in crescita in quanto progressivamente i clienti si stanno documentando e sono sempre più consapevoli delle loro proprietà.
Il segreto per realizzare una buona tazza di tè?
Beh, partirei dall’acqua, che deve avere un residuo fisso minimo e non deve mai arrivare a 100°: la sua temperatura deve piuttosto essere regolata in base alla tipologia del tè. Per questo occorre munirsi di bollitore dotato di termostato: orientativamente dovrebbe essere tra i 95 e i 100 °C per i tè neri e forti e scendere fino a 75-80 °C, per i tè verdi e oolong. Altro accorgimento: deve essere versata sul tè (sia esso in foglia o in bustina) mai versare prima l’acqua e poi procedere all’infusione!
E poi mi raccomando, il limone non va già messo in tazza: i veri intenditori detestano il limone nel tè. Lasciate che sia il cliente a scegliere se utilizzarlo o meno. Stessa cosa con il latte, ovviamente.
A proposito di clienti, ritengo stimolante per loro coinvolgerli progressivamente nella realizzazione del loro tè ideale.
Magari dotandoli di un timer con cui possano in autonomia regolare i tempi di infusione. Quella dedicato al tè deve essere una pausa piacevole e rilassante: per questo è giusto che ognuno diventi il regista del “suo” momento!
Un ultimo consiglio: come gestire gli assortimenti?
A un locale che, pur non essendo specializzato, voglia proporre una buona offerta ai propri clienti conviene operare una scelta mirata.
È meglio limitare l’assortimento, ma essere in grado di dare consigli intelligenti e informazioni esaustive, piuttosto che confondere i clienticon una proposta ampia, ma di cui non si sappia praticamente nulla.
E poi mi raccomando: attenti alla conservazione: il tè si ossida facilmente, è fondamentale tenerlo al riparo dalla luce (assolutamente no ai barattoli di vetro) e dall’aria.
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