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31 Ottobre 2013I prodotti alimentari tradizionali sono in grado, se inseriti in un contesto di valorizzazione e attualizzazione, di attrarre clientela locale e turisti
Tipicità come volano per l’horeca. Del resto il Belpaese, oltre che di santi, papi e navigatori, è anche terra di tanti prodotti alimentari tradizionali, spesso produzioni così piccole a livello di quantità, da non riuscire ad uscire dal proprio territorio. Ma capaci, se inserite in un progetto di valorizzazione e di “attualizzazione” di attrarre clienti locali ma anche i tanti turisti che percorrono da Nord a Sud la Penisola, proprio alla ricerca di specialità nascoste. Non solo: in un trend complessivo di “ritorno alle origini”, anche i giovani finiscono per essere attirati dalla tipicità.
Valore gastronomico e didattico
Il nostro Paese è il più ricco di produzioni tipiche: secondo una stima Coldiretti sono oltre 4.000 le filiere che hanno una forte connotazione tradizionale e sono legate a precisi territori e a lavorazioni frutto di una forte impronta culturale, cui vanno aggiunti i prodotti a tutela comunitaria: 252 Dop e Igp e 331 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 59 a denominazione di origine controllata e garantita (Docg) e 118 a indicazione geografica tipica (Igt). Un patrimonio inestimabile. Naturalmente, la ristorazione si è già accorta da tempo di questo fenomeno, e molte proposte sono incentrate sulla riscoperta e sul recupero di antichi giacimenti gastronomici locali, che costituiscono l’ossatura dell’offerta di trattorie e ristoranti. Diverso l’approccio del canale bar che si è accorto con un certo ritardo della capacità di attrazione della tipicità. Non di un simulacro ad uso e consumo dei forestieri, ma di un percorso di riscoperta che non lascia indifferenti nemmeno i clienti locali, spesso a digiuno di quegli elementi culturali che il tempo e le varie influenze hanno rimosso. Così Francesco Farinetti, ad di Eataly, spiega il successo della catena dedicata al meglio del made in Italy a tavola, che riscopre e riveste le tante tradizioni regionali finite nell’oblio: «Da noi – spiega – i cilenti non vengono solo per riempire la pancia o il carrello, ma per riempire anche la mente. Vogliamo che i nostri clienti ritornino a casa soddisfatti e avendo imparato qualcosa in più. Magari qualcosa che i loro nonni conoscevano bene, ma che oggi le nuove generazioni hanno perduto. Da noi, i clienti possono riscoprire prodotti e tradizioni con un’attività didattica approfondita e rigorosa».
[caption id="attachment_12744" align="alignleft" width="300"] Il nuovo Bistrot aperto alla Stazione Centrale[/caption]
Operazioni promozionali
Ma tipicità non significa solo piccole produzioni rivolte a un pubblico di elite: Autogrill, per esempio, per il suo nuovo Bistrot aperto alla Stazione Centrale di Milano, mette a disposizione prodotti tipici della tradizione regionale italiana a un pubblico di massa, con una location incentrata sulla semplicità, un’immagine da mercato urbano tradizionale e un’offerta a 360° durante la giornata, tra caffetteria, street food, wine bar e tavola fredda.
Naturalmente un ruolo di primo piano, in questo percorso di riscoperta delle produzioni tradizionali, lo giocano i tanti Consorzi di Tutela, che punteggiano l’Italia: a volte con operazioni rivolte al pubblico di massa, vedi le partnership tra i Consorzi di Tutela e la multinazionale del fast food a stelle e strisce McDonald’s, per fare un esempio, oppure con iniziative rivolte alla ristorazione. «Nel 2012 e nel 2013 –dichiara Igino Morini, Consorzio Tutela Parmigiano-Reggiano– vi è stata una collaborazione tra noi e l’Associazione dei cuochi dell’Emilia Romagna, per riunire i più titolati professionisti del cibo che lavorano nella regione e diffondere una migliore conoscenza del nostro prodotto e del suo uso in cucina. Chef to Chef, il titolo di questa manifestazione, che ha avuto il suo clou nell’incontro dell’aprile scorso tenutosi nel mese di aprile a Polesine Parmense (Pr). alla presenza di cuochi, giornalisti, studiosi del cibo, sommelier e produttori delle eccellenze dell’Emilia-Romagna». Interessanti anche i programmi sviluppati dal Consorzio a Modena e Reggio Emilia, con periodi promozionali che prevedono menù tematici con il Re dei formaggi italiani protagonista sulle tavole di wine bar, trattorie e ristoranti.
Funziona solo se autentica
Prendendo in esame il Parmigiano-Reggiano, un produttore ha lanciato la sfida alla possibilità di conciliare tipicità e canale horeca, realizzando un nuovo caseificio annesso a un locale multifunzionale, che serve dalle colazioni del mattino, ai pranzi, alle merende pomeridiane, fino alla cena e al dopocena, con musica e discoteca. «Visti i numeri – dichiara Nicola Bertinelli, patron Caseificio Bertinelli di Noceto (Pr) – possiamo dire di aver dato una svolta all’immagine tradizionale del caseificio, spesso luogo inaccessibile. Da noi, tramite una vetrata, è possibile seguire l’intera lavorazione Tra i nostri clienti, molti non avevano mai visto la produzione del Parmigiano-Reggiano, pur mangiandolo magari tutti i giorni. Credo che la tipicità abbia una eccezionale capacità di attrazione. Ma attenzione: non dobbiamo pensare solo a uno specchietto per le allodole. Il rispetto e l’autenticità sono prerequisiti indispensabili per il successo di ogni locale, in particolar modo se punta sulla tipicità come valore distintivo».
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