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10 Marzo 2020Non è una questione di campanilismo: la cucina italiana continua a crescere in tutto il mondo e il suo potenziale è sempre altissimo, con un valore di circa 330 miliardi di euro e un picco a doppia cifra: +10,6% rispetto al 2016. A tutto ciò si legano altri due aspetti sui quali riflettere: la Cina è il primo paese in valore, mentre gli Usa sono il Paese nel quale la ristorazione tricolore ha la maggior penetrazione. Buona parte di questo successo fa capo a quello che, in gergo, si definisce food service, ossia tutto ciò che concerne il ‘mangiare fuori casa’ abbracciando così differenti target, da quello più veloce a quello che contempla un pasto già pronto o una breve sosta.
Le abitudini stanno di certo cambiando anche in fatto di gusti, complice la globalizzazione e complici anche un segmento di popolazione – soprattutto i nati dagli anni ’90 in poi – che aprono gli orizzonti su un qualcosa di diverso, qualcosa che possa essere provato e sperimentato, anche se arriva da un Paese dall’altra parte dell’Oceano. E in pratica, proprio questo effetto, eccezione fatta per l’Europa, lo si registra maggiormente in Asia e negli Stati Uniti, rispettivamente con due inversioni di tendenza se confrontate ai decenni passati: nel primo caso è ‘scoppiata’ la voglia di far conoscere tutti gli aspetti della ricchezza culinaria made in Italy, complici anche molte start-up che puntano alla conoscenza di specifici prodotti che identificano il lifestyle italiano; dall’altro lato sembra che il boom di ‘patatine e hamburger’ stia un po’ scemando a vantaggio di uno stile di vita più sano che parte dall’alimentazione e dalla ben nota dieta mediterranea, presa a modello per combattere l’obesità (assai diffusa negli Usa) e molte altre patologie che scaturiscono da una scorretta alimentazione.
In Italia, anche se la pausa pranzo è sempre più ridotta per questioni di lavoro e tempo, sopravvive ancora un aspetto di convivialità, ossia il mangiare fuori dall’ufficio, anche solo per pochi minuti, ma in compagnia, resta uno degli aspetti imprescindibili per la maggior parte delle persone. Stando invece alla ricerca condotta da Deloitte in collaborazione con Alma, l’espansione del food service e della cucina italiana nell’Asia Pacific è in crescita per merito degli street stalls, che si confermano il canale più performante nella regione, anche se i ristoranti di alta e media qualità, assieme alle trattorie e alle osterie continuano la loro scalata, portando sul podio, seguita da quella giapponese, la cucina italiana, forte delle materie prime e di un’attenzione crescente verso i prodotti siglati Slow Food, sempre più richiesti dai consumatori. Alla qualità della cucina italiana, in rapporto anche alla già citata dieta mediterranea, si innesca l’esigenza più forte di una ‘sostenibilità culinaria’ che porta con sé il valore intrinseco per gli alimenti e la preparazione del pasto, a prescindere che sia street food o servito al tavolo.
“Il concetto di pranzo è completamente rivoluzionato, alterando un po’ la ristorazione classica, compresa quella italiana – dichiara Rocco Pozzulo, presidente della Federazione Italiana Cuochi – Vedendo alcune soluzioni che alternano differenti proposte di ristorazione, penso che la migliore possa essere, per esempio, quella di offrire più formule del cosiddetto piatto unico, andando così a bilanciare i valori nutrizionali ma, nello stesso tempo, proponendo sempre il meglio della cucina italiana”. La tendenza generale, almeno nei Paesi presi a campione, è quella di mangiare meno e la tradizione tricolore porta con sé un alto potenziale perché è in grado di soddisfare tutti i palati, si presta non solo per essere gustata in trattorie o ristoranti ma pure in uno street food di livello e, non per ultimo, è portavoce di una cultura gastronomica molto antica che, un poco alla volta, si sta diffondendo anche all’estero. Tutte peculiarità che si intersecano a una questione ormai globale: il tempo a disposizione. “È vero che la cucina italiana è in forte espansione e trasformazione ma la differenza tra pranzo e cena è sostanziale, e questo è un dettaglio non trascurabile sul quale riflettere perché porta con sé una serie di sottocategorie imprescindibili – continua il presidente Fic – dal tempo alla disponibilità economica”. Senza ombra di dubbio anche molte altre cucine sono buone e si stanno ritagliando spazi sempre più consistenti nei Paesi sviluppati, ma la biodiversità alimentare italiana è un qualcosa di unico poiché è difficile trovarla con altrettanta abbondanza e piace universalmente. “Differenze regionali, clima e territori che, a seconda delle loro peculiarità, sono in grado di dare prodotti inimitabili ma, il successo della tavola tricolore – aggiunge Pozzulo – è dato pure dalla capacità che gli stessi cuochi italiani hanno di presentarla in Paesi dalle usanze e dalle tradizioni completamente opposte rispetto al nostro”.
[caption id="attachment_172603" align="aligncenter" width="916"] Variegata, creativa e con attenzione al benessere, la cucina italiana si posiziona sul podio delle preferite del pianeta.[/caption]
Alla qualità e al gusto dei piatti italiani dà ragione un numero sempre crescente di giovani cuochi che vanno all’estero e, viceversa, giovani cuochi stranieri che arrivano in Italia per arricchire e incrementare il loro bagaglio culturale, a partire proprio dalla fondamentale conoscenza della materia prima. “Lavorare in altri Paesi è di certo un grande vantaggio, è un interscambio culturale – conclude il presidente – ma penso che lo sviluppo futuro della cucina italiana verterà, a prescindere dai dati e dalle statistiche, su una sola parola: benessere. Questo non significa stare a dieta o mangiare alimenti senza gusto, anzi! Sempre di più si dovrà trovare un equilibrio tra ciò che piace e ciò che fa bene e penso che questa sia una delle chiavi di successo dell’arte culinaria italiana nel mondo”.
Cucina sana ma non senza gusto, fatta magari da piatti che comprendono non più di 5-6 ingredienti e pure la ricetta tradizionale, se fatta bene, continua a essere richiesta ed è costantemente di moda. Il luogo nel quale la convivialità la fa sempre da padrona è ‘la tavola’, in primis quella dei ristoranti nei quali, oltre agli elementi attinenti al magiare sano, si cerca sempre di più un’esperienza speciale da fare e da ricordare. Location anche alternative, dove si può mangiare, intrattenersi e magari dedicare quel poco di tempo che resta per fare shopping, anche di prodotti legati al food. E questo è il caso del Grocerant, una versione ibrida tra un supermercato e un ristorante: un altro polo d’attrazione e di moda poiché cattura l’interesse dei consumatori sempre più attenti non solo alla qualità ma anche alla convenienza e all’accessibilità dell’offerta.
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A cura di Matteo Cioffi
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