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27 Novembre 2023Sono i dolci più amati dagli italiani. Con il pandoro che da dieci anni guadagna posizioni ed è arrivato a superare, di misura, il panettone. E se la grossa fetta di consumatori rimane sui tradizionali (il 66% quanto al panettone, il 69,3% per il pandoro, mentre solo l’11,6% per il panettone e il 9% per il pandoro ama le coperture), la GenZ preferisce prodotti più elaborati, con creme (collegate a un maggiore edonismo) mentre uvetta e canditi sono amati dai senior. E in realtà sono l’aspetto più polarizzante, visto che un 20% di chi consuma il panettone ne vorrebbe in abbondanza e un 20% lo preferisce senza.
Sono alcuni dei risultati emersi da uno studio condotto a inizio novembre (con 1213 interviste e un panel dai 18 a 70 anni) da AstraRicerche per Unione Italiana Food sul rapporto degli italiani con i grandi lievitati da ricorrenza. Che sottolinea come questi due lievitati siano i dolci nazionali: nell’ultimo anno oltre il 95,3% degli italiani ha mangiato almeno uno dei due, con l’82,2% che ha nominato il pandoro e l’81% il panettone, mentre la colomba raccoglie il 71,2%.
PERCHE' NON AL BAR?
Sono dolci consumati in tutto lo Stivale, anche se il panettone rimane il preferito nel Nord Italia e il pandoro raccoglie più consensi nelle regioni del Sud. Ecumeniche anche le occasioni di consumo: protagonisti indiscussi dei festeggiamenti di fine anno, soprattutto la GenZ li apprezza anche a colazione (38,8%), merenda (29,2%) o ancor più come dolce del dopocena (42,3%).
“La destagionalizzazione in realtà non è ancora molto diffusa ma potrebbe essere una opportunità, nel momento in cui i preparativi per il Natale negli ultimi anni tendono ad essere anticipati - dice Cosimo Finzi, ceo di Astraricerche – e se la tradizione vince, c’è un 10% di innovatori e uno su quattro che spazia tra tradizione e innovazione: ci si sta muovendo in questa direzione”.
Interessanti anche le modalità di consumo del lievitato, che richiamano il bar: il 40,6% apprezza l’abbinamento con una tazza di tè e caffè, mentre al 29,1% piace la fetta appena un po’ scaldata. Uno su 4 ama inzupparlo nella bevanda preferita e ci aggiunge qualcosa (gelato, creme alla frutta, zucchero a velo), segno del desiderio di “personalizzarlo”. “I giovani ci giocano, vogliono innovare il prodotto tradizionale” spiega Finzi.
L'HORECA COME OPPORTUNITA'
Bar o ristorante, i lievitati di Fine Anno potrebbero essere consumati con maggiore frequenza anche al di fuori delle mura domestiche “Al ristorane, ad esempio, a fine pasto si potrebbero offrire lievitati particolari, appoggiandosi a panifici, pasticcerie o laboratori locali e indicandone la provenienza: è una pratica molto diffusa all’estero, ancora poco in Italia”, dice Finzi.
Quanto ai bar, il momento giusto per proporre pandoro o panettone potrebbe essere la colazione, per dare un’alternativa all’offerta tradizionale di caffè e cappuccio con cornetto. “Pochi però lo fanno. Il problema è che la gran parte dei bar non si muove e tende a proporre sempre le stesse cose, sono pochi locali che si distinguono con una offerta eccellente. Eppure ci sarebbero tantissime opportunità: è come quando un bar al posto di offrire un caffè ne offre due, al posto di offrire una birra ne offre tre, e il mercato generalmente risponde bene”.
In Italia si consumano nel periodo natalizio (indicativamente dal 7 dicembre all’8 gennaio) 1,2 kg di lievitati pro capite e 2,3 kg per famiglia, per un totale di 95 milioni di pezzi. Quanto all’export, la produzione complessiva è di quasi 14 mila tonnellate per un valore di 105 milioni di euro.
DISCIPLINARE E FAKE NEWS
Certo, i lievitati cambiano. Anzi “sono un prodotto della tradizione che riesce ad anticipare i gusti del consumatore”, come ha detto Mario Piccialuti, Direttore Generale di Unione Italiana Food, che ha ricordato come da quasi 20 anni (dal 2005) esiste la Denominazione riservata, un disciplinare che regola anche la produzione industriale e che definisce ingredienti (come il burro, le uova fresche e il lievito madre), tutela la forma e il metodi di lavorazione a lievitazione naturale, a garanzia di autenticità e qualità per il consumatore.
La ricerca però evidenzia una contraddizione: se il 79,9% degli italiani danno ai lievitati prodotti industrialmente un voto superiore al 7 e solo 8% non ne è contento, persiste la percezione di una maggiore qualità dell’artigianale, specie tra i giovani. Il motivo? I lievitati industriali conterrebbero più quantità di conservanti (secondo il 43% e il 54% dei giovani), ingredienti meno pregiati come margarina e olio di palma al posto del burro (53%), utilizzando inoltre lievitazioni forzate per accelerare i tempi (36,3%). Dulcis in fundo, i prodotti non artigianali sono considerati anche più calorici (27%). Quattro italiani su dieci, inoltre, non sanno che esiste un disciplinare apposito.
“La sensazione - conclude Finzi - è che siano prodotti molto amati e consumati, ma attorno ai quali ci sia un po’ di nebbia e confusione”.
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