spirits
27 Giugno 2024E se il rum fosse il nuovo gin? In mancanza di dati aggiornati proviamo a cogliere gli indizi. Rispetto a qualche anno fa la cultura sul distillato principe della canna da zucchero è aumentata parecchio in Italia, ci sono eventi a tema come ShowRum, giunto alla decima edizione che quest’anno per la prima volta si terrà a Bologna in ottobre, e qualche giorno fa Whisky Club Italia, l’associazione fondata nel 2014 da Claudio Riva, ha organizzato il primo Rhum Agricole Day a Milano con una buona partecipazione sia di espositori sia di pubblico. Nelle aste on line gli imbottigliamenti più prestigiosi sono, è vero, ancora lontani dalle cifre iperboliche di certi whisky ma i prezzi sono saliti non poco e, comunque, già il fatto che oggi esistano aste esclusive per il rum la dice lunga.
Ci sono poi i nuovi rum da isole fino a poco fa tenute fuori dagli scambi commerciali, il clairin haitiano ma non solo lui, e sono arrivati o stanno arrivando rum da territori non tradizionali. Come l’Italia ad esempio, nella quale sono recentemente spuntate almeno tre distillerie dedicate: Avola e Alma in Sicilia, Berolà in Campania. Come direbbe Agatha Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Aggiungiamoci infine che il nostro Paese ha da tempo una confidenza con il rum superiore, tanto per dire, a tequila e mezcal e che può vantare alcuni “profeti-divulgatori” come Leonardo Pinto, l’ideatore di ShowRum tra le altre cose, Marco Graziano de Le vie del rum e, soprattutto, Luca Gargano, il patron di Velier che, dieci anni fa, fu proclamato da un consesso di produttori nientemeno che “mejor hombre de rum” al mondo.
Il rum bianco inoltre poggia saldamente su alcuni cocktail evergreen come il Daiquiri, Mojito, Cuba Libre e sebbene questi richiedano, per nascita e per storia, un rum di “scuola cubana” niente impedirebbe a un bartender di giocarsi il twist con un rum diverso. Insomma, le potenzialità ci sono tutte. Pertanto, con questo spirito, ci siamo presentati alla degustazione guidata organizzata proprio da Velier a Milano nella sua sede a due passi dal Duomo. Officiata da Angelo Canessa, altra enciclopedia vivente in materia, la degustazione ha avuto a oggetto sette imbottigliamenti piuttosto recenti di casa Velier. I primi tre sono riuniti sotto il nome di Papalin, termine affettuosamente rivolto da una delle figlie di Gargano al padre e da questi adottato per un primo storico imbottigliamento risalente a oltre un decennio orsono.
Si tratta di blend di distillerie diverse ma della stessa isola: un Papalin Haiti 2022 maturato quattro anni in trentadue botti e in clima tropicale, pot still e frutto dell’assemblaggio di distillati prodotti da Sajous, Vaval, Casimir, Le Rocher e la distilleria di Port-au-Prince. Elegante, morbido, “facile” nonostante la gradazione di 53.1 % vol; un secondo Papalin Haiti maturato sei anni in sole sette botti che hanno contenuto sherry più complesso, inizialmente più spigoloso e più impegnativo ma che conquista sorso dopo sorso; infine il terzo, che invece arriva da Réunion e si distingue per essere un blend di rum da melassa di invecchiamenti lunghi, soprattutto considerato che si svolgono in clima tropicale, dai dieci ai quindici anni.
A seguire una delle distillerie giovani dei Caraibi e da poco entrata nell’orbita di Velier ovvero Papa Rouyo 2022 dalla Guadalupa. La gradazione alcolica si alza, 56.7% vol, la distillazione è sempre pot still, il sorso è decisamente impegnativo ed è un po’ come salire sul ring con Mike Tyson. Le prendi di sicuro, ma è di certo un’esperienza. Papa Rouyo fa parte della linea Habitation Velier, così come l’assaggio successivo ovvero il Renegade 2020 dalla omonima distilleria di Grenada. Renegade è il progetto caraibico di Mark Reynier, la firma della distilleria irlandese Waterford che si è fatta conoscere in tutto il mondo per lo studio e la valorizzazione dei diversi terroir.
Con Renegade l’approccio è lo stesso e il risultato di questo imbottigliamento è davvero notevole con una materia prima molto evidente, anche a dispetto dei tre anni di maturazione, per un sorso che coinvolge naso e palato e ti fa riprendere in mano il bicchiere. Il Renegade ha grande freschezza e una certa immediatezza tuttavia il successivo assaggio, il Last Ward 2007 maturato per sedici anni alle Barbados e frutto di un blend di tredici barili della distilleria Mount Gay firmati da Frank Ward è una Formula Uno. Gradazione alcolica da allaccio immediato delle cinture, 60% vol, ricchezza di note da Cappella Sistina, infinitamente lungo e capace di provocare sensazioni diverse a ogni sorso è rum da centellinare lungo l’arco di una serata. A nostro parere: un capolavoro.
Infine, last but not least, il debuttante al gran ballo: El Amparo. Rum ecuadoriano e ultima scoperta, forse, in ordine di tempo di Gargano. Piccola produzione, bottiglia “umile” in confronto alle eleganti e massicce sorelle dei vari Papalin, Habitation Velier e Last Ward ma grande espressività, rustica genuinità e sicuro potenziale per i futuri, ma prevedibili, sviluppi. Insomma, una bottiglia che conferma quel tocco magico da talent scout che tutti attribuiscono a Gargano e che lui ha dimostrato in ormai innumerevoli occasioni. E, più in generale, la dimostrazione che il rum per diversità storiche, geografiche, “ampelografiche” o varietali ha tutte le carte in mano per affascinare il pubblico degli appassionati italiani e tornare a essere protagonista, ma con enormemente maggiore consapevolezza rispetto al passato, delle loro scelte.
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A cura di Matteo Cioffi
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