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08 Ottobre 2024
Dall’Australia e ritorno, a casa. Con una sfida: dimostrare che anche in provincia si può fare qualità, sfidando l’ombra, sempre un po’ ingombrante nel nostro Paese, della tradizione e dell’abitudinarietà: nei posti, nei luoghi, nei percorsi.
È questo il viaggio di Gustificio di Carmignano di Brenta (PD), eletto Bar dell’Anno 2024 alla presentazione della Guida Bar d’Italia del Gambero Rosso da una giuria di esperti composta da Antonia Klugmann, illy chef ambassador e chef del ristorante L’Argine a Vencò, in provincia di Gorizia, Lorenzo Ruggeri, direttore responsabile Gambero Rosso, Marina Savoia, curatrice della Guida Bar d'Italia, Moreno Faina, direttore Università del Caffè illy e Violante Avogadro, chief communication & key client officer illy.
Abbiamo chiesto al deus ex machina e titolare, il 36enne Andrea Poli, come è nato e come è stato accolto il suo locale.
Dove si trova Gustificio?
A Carmignano di Brenta, un paesino che si divide tra Padova, Vicenza e Treviso, è un po' terra di nessuno, siamo in campagna. Tutti qui hanno un parente che o fa o faceva il contadino, i miei nonni avevano la stalla, le mucche e quindi chi nasce dove vivo io dal rapporto con la terra non può scappare, c'è un grande attaccamento. Io ho lavorato in Australia, sono stato all'estero, mi sono laureato [in Igiene degli alimenti in veterinaria, Padova, ndr], perché volevo andare ancora più a fondo in quello che poi sarebbe stato il mio lavoro: a me se chiedevi a due anni cosa avrei voluto fare da grande avrei risposto il cuoco.
Dove nasce questa passione diremmo quasi primaria?
Mio zio aveva una locanda dove lavorava mia mamma e ci sono cresciuto, per me era Gardaland e ho sempre sognato di avere il mio locale. Sono partito facendo corsi di cucina, cene private, ho cercato di risparmiare e poi durante la pandemia mi son detto: o ora o mai più. Così nel 2022 ho aperto Gustificio che è una locanda di provincia. Il bello è che non siamo in città, però i nostri clienti sono molto attaccati a noi perché ci riconoscono come una delle ambasciate della qualità del nostro territorio e quindi sì, abbiamo un rapporto con i nostri clienti, io li conosco tutti per nome, sono più le volte in cui bevo il caffè con un mio cliente che da solo. Apriamo alle 6.45. il caffè accompagna tanti incontri, ne bevo anche otto al giorno.
Il caffè di qualità l'hai incontrato in Australia?
Tanti dicono che il caffè di qualità si beve solo in Italia, io non sono d'accordo: il caffè di qualità, soprattutto la lavorazione corretta del latte è più facile trovarlo - magari dirò una cosa che piace a pochi - nei Paesi anglosassoni, dove il prezzo della tazza è molto più alto. Quindi c'è la possibilità di curare ogni tazza.
Quanto costa a Gustificio la tazzina?
Da me il caffè è a 1,30 euro, abbiamo illy tostatura media. Il problema in Italia è che mediamente non c'è tempo, tutti vogliono il caffè in un secondo, bollente subito servito al tavolo, è come se dentro al locale ci fossero solo loro, non vogliono aspettare e guai se arriva freddo. All'estero c’è una cultura completamente diversa. Il caffè può anche avere una acidità più marcata, cosa che a me piace tantissimo, e quindi non solo quelle bevande che sembrano cioccolato, per me il caffè non può essere eccessivamente rotondo, amo la bevuta un po' più lunga, se ne beve meno ma di più grande qualità. Poi è indubbio che in Italia c’è una cultura dell'espresso e tutto quello che vogliamo ma non si può dire che il caffè più buono sia solo in Italia.
A livello di caffetteria che offerta proponete?
Intanto abbiamo montato una Modbar, in modo da creare un rapporto diverso con il cliente che viene al banco, quindi cerchiamo una condivisione più ampia, senza il muro della macchina davanti. Facciamo Flat White e preparazioni non propriamente italiane, ma anche grandi classici della tradizione italiana, penso al caffè leccese con il ghiaccio, l'orzata e il caffè, sicuramente uno dei miei preferiti.
Avete un solo caffè?
Abbiamo decaffeinato, miscela base espresso e una monorigine che cambia ogni mese. Ha un costo un po' più alto a tazzina ma è comunque molto apprezzata, soprattutto da chi viene al ristorante, dove una tazza costa 2 euro.
Come si propone un’offerta diversa in provincia?
Qui non c'è la cultura alla qualità, noi proviamo a farla arrivare, spesso si è criticati, soprattutto da chi entra per la prima volta. Quando ho aperto Gustificio ero stato all'estero, avevo visto grandi colleghi, ho scommesso tutta la mia vita in questo progetto mettendo tutto ciò che avevo, da un punto di vista sia economico sia umano. Mi aspettavo un “Wow!”: ho aperto a febbraio, a maggio ero seduto una sera fuori dal mio locale e a momenti piangevo perché la gente entrava e non capiva. Mi dicevano «Ma chi pensi di essere?» e questo mi ha fatto tantissimo male, perché non faccio il mio lavoro per i soldi, lo faccio perché mi piace. Poi è ovvio che c'è un ritorno economico come tutte le cose al mondo, ma se guardassi i soldi cambierei campionato. In ristorazione oggi se dividi i giorni lavorati per l’incasso non ottieni proprio la migliore cifra del mondo, però a me piace. Il mio sogno era portare in provincia un concetto assolutamente metropolitano. Oggi, a distanza di soli due anni e mezzo e con tanto impegno, qualcosa abbiamo fatto.
Come ci sei riuscito?
Io penso che il palato sia la cosa più anarchica del mondo. E quando assaggia una cosa buona poi non vuole più tornare indietro. Quindi la sfida è stata insegnare a queste persone un gusto nuovo, che ora riconoscono come qualità, magari senza sapere neanche da dove viene: ho dei clienti anche anziani che non sanno perché quella cosa è buona, sentono solo che lo è e a quel punto, a quasi parità di prezzo, preferiscono andare magari una volta in meno al mese fuori ma premiarsi. Questa secondo me è la sfida del futuro. Poi una volta che ti posizioni lì tirarti giù per gli altri è un gran problema perché devono essere più bravi di te, non è più un discorso di prezzo o di simpatia. Quando sei bravo la gente lo sente.
In provincia è più difficile affermarsi, però una volta che ti conoscono hai meno concorrenza.
Esatto, non è una moda. E di fatto i pochi concorrenti sono nostri amici e il collega che ha coraggio di fare quello che faccio io, e io sono l'ultimo arrivato. È ovvio che lo tuteli. Non mi sentirai mai parlare male di un collega che ha iniziato magari dieci anni prima di me, trascurando famiglia e vita privata, e mi ha anche in parte insegnato. Se ho fatto quel che ho fatto è perché qualcuno mi ha dato lo stimolo a farlo, e prima di tutto sono stati i miei colleghi. La mia cultura me la sono fatta grazie a chi prima di me ha illuminato la via.
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A cura di Matteo Cioffi
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