food
26 Novembre 2012L'hamburger non è più il simbolo del cibo spazzatura, della globalizzazione e del mangiare fast. Il panino più famoso al mondo ha una nuova dignità grazie alla rivisitazione in chiave mediterranea. Gli chef lo propongono al ristorante con ingredienti di eccellenza, come piatto unico a pranzo, e si diffondono locali che ne servono di tutti i tipi, con un denominatore comune: la qualità. Soprattutto per quanto riguarda la carne. Prediletta quella locale, meglio se a km0, di prima scelta. Aggiunge un tocco d’italianità il formaggio: provola, gorgonzola, grana padano, casera, solo per citarne alcuni. Gli elementi che compongono il panino sono la base per un prodotto che non ha nulla in comune con il junk food.
La nascita è europea
Se pensate che l’hamburger sia un recente prodotto americano, vi sbagliate. Ha un’origine ultracentenaria ed europea. Prende il suo nome dalla città di Amburgo dove, nelle macellerie, la carne, tritata, a forma di polpetta, veniva consumata dai marinai, cruda e speziata, in mezzo al pane. Questo modo di mangiare la carne fu poi esportato agli inizi dell’Ottocento dai marinai tedeschi nei porti americani, dove fu ribattezzato hamburger e simboleggiava l’avventura nel nuovo mondo. Gli emigranti continuarono a preparare e a consumare “le polpette schiacciate” anche una volta giunti in America, per ragioni di economicità e di praticità. Fu l’inizio del successo.
L’arrivo in Italia
Erano gli anni ’80 quando i primi hamburger si consumavano nei fast food italiani. Prima la catena di ristoranti Burghy, dopo Wendy, poi il colosso McDonald’s, e ancora Burger King hanno introdotto il modo di mangiare veloce nel nostro Paese. I bambini si divertivano, i genitori si sbrigavano, i fegati si affaticavano. Per decenni mangiare panino e patatine ai “tavolini plasticosi” uguali in ogni città, ha rappresentato uno status symbol metropolitano. Si pensi solo al fenomeno dei “paninari” milanesi, i figli della “borghesia bene” che negli anni Ottanta avevano il loro luogo d’incontro proprio davanti al fast food in centro. Finché però, alla fine degli anni ’90, iniziano le polemiche, ontologiche e simbolistiche: gli hamburger hanno troppi grassi, contengono eccessivi conservanti, alzano il colesterolo, sono poco igienici, rendono obesi i bambini, sono il simbolo della globalizzazione, uccidono la tradizione gastronomica del nostro Paese, rappresentano il capitalismo americano… L’hamburger subisce una battuta d’arresto. Con la riscoperta dello Slow Food, della passione gastronomica, del rinnovamento dei valori culinari tradizionali, il panino da mangiare veloce accompagnato da una fresca bibita gassata, patisce un cambio d’immagine. È il cibo di chi ha poca possibilità di spesa, di chi non ha rudimenti gastronomici, di chi si accontenta.
Il cambio d’immagine e non solo
Gli anni Duemila sono stati duri per gli hamburger. Tacciati dai nutrizionisti come junk food hanno dovuto aspettare qualche anno per essere riscattati. Ci ha pensato proprio la catena più famosa al mondo, McDonald’s, a rilanciare l’immagine dei gustosi panini. Era il 2010 quando l’allora ministro delle politiche agricole e alimentari in persona si prestò ad essere testimonial per McDonald’s. Luca Zaia e l’ad dell’azienda presentarono il progetto Mc Italy e in particolare due nuove ricette con ingredienti di esclusiva provenienza italiana: carne bovina italiana 100%, così come il pane e l’insalata, formaggio Asiago e Parmigiano Reggiano Dop, Pancetta della Val Venosta e Bresaola della Valtellina Igp. Le polemiche non mancarono, ma l’atto in sé diede vita ad un nuovo trend: l’hamburger rivisitato in chiave mediterranea, con ingredienti selezionati, di qualità e a volte persino a km0. La contromossa di marketing della multinazionale americana alle critiche non si fece attendere. Per sottolineare la qualità degli hamburger e la possibilità di farne addirittura prodotto gourmet, venne ingaggiato niente meno che il guru della cucina italiana: Gualtiero Marchesi. La collaborazione portò alla creazione di due nuove proposte ispirate alla musica classica e all’arte: “Vivace”, con pane speciale al bacon ricoperto di semi di girasole, bacon a fette, spinaci saltati, cipolla marinata, hamburger di carne bovina al 100 %, maionese con grani di senape; e “Adagio”, con pane speciale ricoperto di mandorle a pezzetti, mousse di melanzane, pomodori a fette, melanzane a cubetti in agrodolce, hamburger di carne bovina, ricotta salata. Indubbiamente le golose e ricercate creazioni del Maestro hanno ispirato i ristoratori italiani che oggi offrono combinazioni con ingredienti di eccellenza, spesso interamente made in Italy. I consumatori apprezzano moltissimo. A riprova che il tanto criticato panino di carne, così come la pizza, rappresenta una ricetta con storia e dignità e che gli ingredienti ne sono la chiave fondamentale della buona riuscita. Meglio ancora se accompagnato da una birra artigianale!
A Milano: Al Mercato
Beniamino Nespor e Eugenio Roncoroni due intraprendenti ragazzi con radici ed esperienze americane, hanno aperto due anni fa un ristorante con annesso Burger Bar. «Offriamo street food ricercato, da tutto il mondo, ma l’hamburger è il protagonista in assoluto. Ai milanesi piace, forse anche un po’ per moda. Nella cucina c’è un trend americano molto forte. L’hamburger in chiave gourmet è un successo, nonostante proponiamo anche molte altre ricette, i nostri clienti si concentrano sempre sul panino» racconta Eugenio. Gli ingredienti? «Abbiamo mixato il meglio del made in Italy con altri ingredienti di qualità. La carne è Rossa Reggiana, rigorosamente italiana, proviene dall’azienda agricola San Paolo di Parma. Come formaggio usiamo il cheddar, di origine inglese, ma anche gorgonzola e il gruviera. Al posto della semplice cipolla, proponiamo una confettura di cipolle rosse, e per chi ama il piccante abbiamo la marmellata di peperoncini con diversi livelli di piccantezza». La variante più golosa? «Quella con il foie gras!» www.al-mercato.it
A Torino (e a Rivoli): M**Bun
Si definisce un’agrihamburgeria. La filosofia è semplice: prodotti sani e gustosi, ingredienti del territorio con filiera corta, materiali riciclabili o biodegradabili, rispetto per le persone e per l’ambiente, rispetto dei ritmi.
La carne è pura razza piemontese etichettata dal Coalvi, il marchio di qualità del Consorzio di Tutela della Razza Piemontese. Le patate e le verdure sono fornite dall’azienda Agrocompani di Chieri (To). I latticini provengono dall’Azienda Agricola Fontana Cervo di Villastellone (TO) e le mozzarella di bufala sono dell’azienda Chicco Luca Di Carmagnola. www.mbun.it
A Firenze: Lungarno23
All’interno di un palazzo del Cinquecento sull’Arno, gli hamburger sono ottenuti da carne di razza Chianina (IGP), e proposti con patate fritte fresche, panino artigianale al sesamo e insalata con pomodori di prima qualità.Ai panini sono stati assegnati i nomi dei tori più famosi dei principali allevamenti della Valdichiana. I prodotti traggono origine dalla tradizione gastronomica toscana, esclusivamente selezionati presso piccole realtà imprenditoriali, secondo la logica della massima riduzione dei passaggi nel trasferimento degli alimenti che si interpongono tra il produttore ed il consumatore. www.lungarno23.it
Lorenzo Secondi, chef de Il Soppalco (Mi)
[caption id="attachment_3913" align="alignright" width="150"] Lorenzo Secondi, chef de Il Soppalco[/caption]
«Lo propongo scomposto servito con fette di pane a parte, formaggio valtellinese casera, scottato leggermente e adagiato sul crostone di pane, insalata mista a parte con contorno di verdure che, al contrario delle patatine fritte, hanno effetto sgrassante. La carne (180 gr) è di prima scelta, piemontese, che personalizzo con un tocco di bacon che dona un profumo affumicato. L’hamburger è un’ottima soluzione per il mezzogiorno al ristorante perché è un piatto unico facile e rappresenta una valida alternativa al classico piatto di carne. A livello di calorie credo possa competere con una tagliata perché la cottura alla griglia toglie il grasso in eccesso e lo rende appetibile anche per le signore!». www.pappafood.it
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