caffè
12 Luglio 2013In inghilterra i big player cavalcano il trend dell’espresso italiano con risultati non ancora soddisfacenti. ma potenzialmente il prodotto può raggiungere tranquillamente i nostri livelli
Era almeno un paio d’anni che non tenevo un seminario sull’analisi sensoriale del caffè in Inghilterra. Molto è cambiato nella mia vita (ne è testimone l’orsacchiotto della Regina che fa capolino dalla mia borsa).
Eppure l’Inghilterra non è cambiata affatto: dà sempre una piacevole sensazione di modernità e di progresso.
E così mentre i nostri aeroporti boccheggiano in quanto a qualità delle infrastrutture, Heathrow ricorda ai passeggeri che punta a crescere ancora e si vanta di quanto può mettere a loro disposizione.
E tra le molteplici amenità che il principale aeroporto di Londra mette a disposizione vi è un buon numero di caffetterie.
Naturalmente presenti tutti i grandi marchi che stanno facendo la storia del caffè nel Regno Unito, e non solo, e una serie di marchi più locali (si fa per dire, ovviamente).
Tra i primi uno si definisce in modo esplicito “The Italian Coffee Company”: è Caffè Nero.
Un marchio conosciuto e ben diffuso, i cui comodi divani invitano a una sosta prima del volo.
Ordino un espresso, 1,55 sterline, al cambio di oggi circa 1,85 euro. Mi viene servito in una tazza di dimensioni italiane ed è pure della nostra lunghezza. L’aspetto è pallido, la crema presenta comunque una tessitura fitta e lucente.
Il resto della mia privatissima sessione di assaggio conferma la diagnosi: sottoestrazione.
Ma colgo ancora una delicatissima fruttatezza e comunque nessun particolare difetto.
Tra me e me rifletto che se questo caffè fosse stato estratto in modo pieno, probabilmente sarebbe stato un buon caffè. Anzi, voglio osare, probabilmente oltre la media degli espresso presenti sul mercato italiano. Cosa possiamo dire allora della promessa di Caffè Nero? Da un lato certamente non abbiamo bevuto un vero espresso italiano, la sottoestrazione ne ha naturalmente pregiudicato le sorti sensoriali. Ma dall’altro, potenzialmente, abbiamo un prodotto che lavorato in modo corretto si sarebbe inserito senza esitazioni nell’elenco dei buoni caffè italiani.
Considerazioni finali: nel Regno Unito c’è sempre voglia di Italian Style, i big player locali lo sanno e cavalcano questa tigre, a vari livelli.
Anche i nostri torrefattori lo fanno, con alterne fortune, ognuno all’ombra del proprio campanile.
Una visione più unitaria aiuterebbe il nostro espresso a crescere in un paese che, in fin dei conti, ci vuole bene.
L’autore è Consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e Amministratore del Centro Studi Assaggiatori
www.assaggiatoricaffe.org
Chi fosse interessato a contattare l’autore può farlo scrivendo a: carlo.odello@assaggiatori.com
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A cura di Matteo Cioffi
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