caffè

23 Giugno 2023

Chiara Bergonzi: “Da giudice internazionale vi dico cosa non va nel caffè italiano”

di Anna Muzio


 Chiara Bergonzi: “Da giudice internazionale vi dico cosa non va nel caffè italiano”

In cima al mondo del caffè ci sono loro, i giudici sensoriali dei campionati del mondo di barista (WBC - World Barista Championship di SCA, gli unici internazionali), ovvero quelli deputati a giudicare i migliori del mondo. Un po’ come arbitrare la finale dei mondiali insomma, In Italia si contano sulle dita di una mano. Gli ultimi tre riconoscimenti sono stati rilasciati ad Atene in occasione del World of Coffee (con Bergonzi c’erano Francesca Bieker e Andrea Faggiana) solo pochi giorni fa.

A Chiara Bergonzi dunque (che è anche dal 2015 giudice internazionale del circuito WLAAC, i mondiali di Latte art, e dallo scorso novembre Q-Grader) facciamo una domanda, precisa e ovviamente provocatoria.

Cosa c’è che non va nel caffè italiano?
Ci sono dei problemi oggettivi. In Italia uno dei primi è la tostatura scura. Il caffè è l’unico alimento che l’italiano accetta di assumere bruciato. Manda indietro pizza e focaccia bruciati o la pasta scotta ma non il caffè.

È anche una questione generazionale...
"Le tostature devono cambiare, le nuove generazioni iniziano a capire come si cuoce ma abbiamo ancora tante aziende legate alle ricette del nonno e del prozio, dicerie che non si avvalgono di tecniche scientifiche o corsi di aggiornamento avanzati e che tostano ancora scuro. Quanti hanno in azienda dei QGrader o dei Cup Taster professionisti? Ci sono torrefattori in Italia che non sono mai andati in piantagione e non assaggiano caffè: ma come fai a venderlo? C’è gente che compra caffè in Borsa e non sa cosa arriva, guarda solo il prezzo".

Che conseguenze ha sul caffè la tostatura scura?
"Si vede dal chicco che rilascia olio ed è nero. Dal punto di vista sensoriale dà l’amaro in gola che porta a mettere lo zucchero e sa di cenere, legna e terra: sono caffè di bassa qualità".

Cosa rispondi a un barista che dice che lo usa perché è quello che vuole il cliente?
"Che è un barista che non ha argomentazioni da professionista per riuscire a dare giustificazioni differenti, perché ci sono tantissime sfaccettature legate alla materia prima per spiegare la differenza tra un caffè buono e uno mediocre".

Il mondo va verso il 100% Arabica e le Single Origins...
"Il cliente avanzato vuole avere la singola origine in purezza e noi siamo ancora qua con la miscela e con Robusta di bassa qualità perché il problema grosso dell’Italia è che fino a che il torrefattore prende il cliente con comodati e finanziamenti, la qualità della materia prima sarà sempre l’ultimo argomento. Ed è completamente sbagliato, è la prima regola che bisognerebbe andare a sradicare".

Quanto lo paghi il comodato d’uso?
"Dai 2 euro ai 2,50 al chilo. Poi dipende dal torrefattore e da quanto vuole marginare ma non solo; hai il rappresentante, le macchine e le tazzine in comodato, lo sconto anticipato, il caffè deve arrivare dal crudista che deve guadagnarci, cosa vuoi che ci sia in quel pacco lì".

Rispetto al caffè verde all’origine il ricarico in tazzina è del 2000%...
"Tieni conto che un caffè verde lo puoi pagare dai 4 ai 6 euro, io lo pago dai 9-10 fino ai 50 euro al chilo e poi metto un margine onesto e pulito. È come il vino, se vuoi prendere un Sassicaia lo pagherai in un modo e se vuoi una bottiglia basica in un altro".

Secondo te negli ultimi 50 anni la situazione è peggiorata?
"Sì, perché ai tempi tutto il mercato dello specialty coffee rientrava nel caffè commerciale dato non c’erano i due mercati separati, oggi chi fa specialty se lo tiene e rivende in altro modo, così la materia prima commerciale ha una qualità leggermente più bassa".

Altri problemi?
"La crema: sfatiamo il mito che deve essere alta e gonfia. La crema, o meglio microschiuma, ideale deve essere elastica, non deve essere marrone scura non deve avere macchie o bolle. Deve essere sottile, deve coprire tutta la tazza ma non si deve poter mangiare col cucchiaino, non deve essere percepibile con una texture poco fitta, bollosa ma deve essere flat, color nocciola chiaro e lasciare la tazzina pulita. Se no vuol dire che c’è molta Robusta, il caffè è tostato scuro e la materia prima è di bassa qualità".

Veniamo al barista: cosa può sbagliare?
"Tanto, dal momento in cui mette il caffè nel macinino, se non pulisce tutta l’attrezzatura tutti i giorni con i prodotti idonei. Bisognerebbe macinare on demand per avere il macinato fresco e se il barista non tara la macinatura e non controlla la dose costantemente, se non flussa la doccetta prima di estrarre quello che esce non sarà una tazza estratta correttamente, sarà o sovra o sotto estratta. E magari anche bruciata, perché ci si dimentica di far passare l’acqua dalla doccetta prima dell'estrazione. Ci sono accorgimenti che il barista deve avere che riguardano principalmente pulizia, macinatura e dosi".

In Italia secondo alcune stime la percentuale di specialty è allo 0,3%: ma il cliente è pronto?
"È indietro perché Il torrefattore lascia ignorante il barista e il barista il cliente".

Però, qualcosa sta cambiando?
"Sì, dieci anni fa era tutta un’altra cosa, se ne inizia a parlare, si sa cos’è un coffee-shop, ogni grande città ne ha uno, si vede sui social la latte art e gli specialty, prima o poi ci incappi dentro. Anche l’apertura di Starbucks ha contato, il caffè della Roastery è cento volte meglio di quello del bar sport dell’angolo".

Lo scoglio del prezzo?
È il più importante, l’italiano medio fa cancan ma poi cede, non troverai mai un italiano che non va più al bar a bere caffè, anche se costasse 2,50. Il problema esiste perché non viene fatta un’operazione di massa, certo che se uno l’ha a 1,70 e l’altro a 1,20 la prima fase è 'vado di là che costa meno'. Poi è sempre stato visto come una commodity e anche questo non aiuta. In tutte gli altri prodotti la qualità più alta viene pagata di più, nel caffè no.

Secondo te quale dovrebbe essere il prezzo minimo per un buon caffè?
Minimo 1,50, ma meglio dai 2 euro in su se vuoi un caffè buono con il servizio professionale di un barista.

TAG: CHIARA BERGONZI,WORLD BARISTA CHAMPIONSHIP,SCA

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