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29 Gennaio 2024Sabato 27 gennaio, presso le Distillerie Nonino di Ronchi di Percoto (Ud), alla presenza di oltre 400 persone si è svolta la cerimonia di consegna dei riconoscimenti ai vincitori del Premio Nonino. Noi eravamo lì per voi ad applaudire, a scattare foto a prendere appunti sul taccuino. Vi avevamo già spoilerato i vincitori qui, ma qualche riflessione vogliamo comunque farla. Quest’anno infatti la cerimonia è avvenuta in concomitanza con i festeggiamenti per i cinquant’anni della creazione del Monovitigno® Nonino realizzato per la prima volta nel 1973 (leggi tutta la storia qui): tanta l’emozione e tantissimi gli amici giunti da ogni dove per festeggiare. Il che non è dettaglio da poco.
Non discutiamo neanche sul valore dei premiati e della giuria, che è riuscita ad anticipare ben sei premi Nobel. Pensate che il primo presidente di giuria del Premio Nonino di letteratura fu Mario Soldati. Era il 1977. Due anni prima, nel 1975, la distilleria istituì il Premio Nonino Risit d’Aur per premiare, ogni anno, il vignaiolo che aveva posto a dimora il miglior impianto di uno o più degli antichi vitigni autoctoni friulani, Ribolla, Schioppettino, Tazzelenghe e Pignolo.
Il motivo era semplice: stavano scomparendo in quanto era vietata la coltivazione. E oggi come allora il Premio pone al centro temi come l’importanza della lettura, il soccorso alle vittime delle guerre, ma anche il cambiamento climatico in atto, i confini e la ricostruzione di un’identità collettiva contro le divisioni imposte dai conflitti.
Sotto questa luce il doppio premio “Nonino Risit d’Aur” vale una dedica da parte nostra. Sul palco, l'emozione del friulano Angelo Floramo, 57 anni, storico e docente, ma soprattutto “figlio della frontiera” gli applausi alle donne coraggio di Bratunac e Srebrenica, donne sopravvissute alla guerra che 23 anni fa con la cooperativa “Insieme" cominciarono a produrre le marmellate dei “frutti di pace”.
Il primo scopo della Cooperativa – fondata da Radmila Rada Zarkovic insieme a Skender Hot – è stato quello di unire le famiglie più deboli, offrendo loro la possibilità di coltivare frutti di bosco. Negli anni la Cooperativa è riuscita ad acquistare attrezzature per la produzione di succhi e marmellate.
Per far parte della Cooperativa sono richiesti una piccola dimensione dell’azienda, fondata su base familiare, nella quale la titolare lavora direttamente la terra e controlla ogni fase dell’attività produttiva, l’uso di varietà di frutta non modificate geneticamente e, quando possibile, la scelta di varietà di frutta locali e tradizionali, con l’impiego di metodi di coltura, lavorazione, trasformazione e stagionatura rispettosi della salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente, adottando tecniche di coltivazione eco-sostenibili. Prima della guerra, Bratunac era una delle zone di maggior raccolta di piccoli frutti, soprattutto lamponi, dell’intera ex-Jugoslavia. Ed è proprio sul ritorno alla lavorazione di questi prodotti tradizionali che il progetto punta per favorire il rientro di profughi e sfollati, dando loro un lavoro che potesse permettergli di sostenersi economicamente e reinserirsi in un tessuto sociale devastato dai lunghi anni di conflitti.
Oggi la Cooperativa riesce a sostenere i contadini nella fase della produzione e si occupa della raccolta, della surgelazione, della trasformazione e della vendita di prodotti derivati da piccoli frutti, prodotto tipico dell’agricoltura tradizionale dell’area. ‘Per un mondo migliore non basta sognare con i frutti di pace lo puoi cambiare’ è scritto su ogni vasetto: è dalla volontà di uscire dall’incubo della guerra e ritornare alla propria terra che nasce questo vasetto, frutto del ricamo minuzioso, vaso per vaso, delle donne di Bratunac e Srebrenica. La dignità umana ritrovata attraverso il lavoro che unisce le persone e ricostruisce la pace.
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A cura di Matteo Cioffi
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