pubblici esercizi
11 Luglio 2016“Cameriere!” Abbiamo tutti nella nostra memoria la scena di “Totò e Peppino e la malafemmina” in cui i due celebri attori mettono in scena, nei panni di due cafoni, una serie di gag che coinvolgono la figura del cameriere di un ristorante di lusso. Molto tempo è passato, sono cambiate le abitudini, ma la figura del personale di sala viene ancora percepita con una punta di sufficienza da parte della clientela, se non di ingiustificata ed, in alcuni casi, sprezzante superiorità. E forse le cose, per certi versi, sono pure peggiorate col tempo. Nell’immaginario collettivo, ad eccezione di alcuni ristoranti di fascia elevata, la figura del maître e soprattutto quella del cameriere vengono spesso viste, erroneamente, come ruoli poco importanti o di semplici porgitori. Ma non è così!
LA CUCINA NON È NULLA SENZA LA SALA
C’è da dire che il dilagare dei programmi televisivi dedicati alla cucina ed ai suoi protagonisti ha fatto assurgere i cuochi al rango di vere e proprie star, sempre più al centro dei riflettori e dei media. Ruolo sicuramente importante nella gestione di un ristorante ma che non esaurisce le potenzialità di un locale. “Perché la cucina non è nulla senza sala ed i meriti di un ristorante eccellente vanno divisi equamente tra i due comparti” E se a dirlo è forse il più grande e rappresentativo degli chef italiani e non solo, come Gualtiero Marchesi, c’è da crederci. Tutti ammettono che e una professione tra le piu sicure e concordano nel dire che e difficile vedere un cameriere disoccupato, eppure non si trovano camerieri. È la figura che presenta le maggiori difficoltà di reperimento, come ci ricordano i dati del sistema informativo Excelsior, per i quali la figura del cameriere, nel 2015, su un totale di 17.570 unità ha presentato per circa 1.800 difficoltà di reperimento, per lo più per inadeguatezza dei candidati. Qualcuno ha ipotizzato che, per portare sotto una luce più positiva le attività che caratterizzano la sala, sia anche utile cambiare denominazione. La parola cameriere viene spesso associata ad un’attività servile, osservano alcuni e molti giovani non vedono di buon’occhio l’idea di intraprendere questa professione.
UN CAMBIO DI PROSPETTIVA
Eppure le possibilità di un cambiamento della prospettiva di questa attività ci sarebbero. Perché si tratta di una figura complessa che riunisce in sé le caratteristiche del comunicatore, venditore, psicologo, persona d’accoglienza. Un cameriere non si limita a portare il piatto. Il cuoco può fare un cibo straordinario ma se non è servito bene o raccontato come si deve può diventare cattivo in un minuto. Il cameriere resta la prima immagine, il biglietto da visita del locale. Inoltre l’evoluzione sociale influisce sulla domanda di ristorazione che resta condizionata dalle richieste sempre nuove della clientela. Il bisogno di “distinguersi” accentua la sperimentazione di nuovi piatti, nuovi prodotti, nuove presentazioni, che però non si stabilizzano, non diventano tradizionali. Il parallelo allargamento delle offerte gastronomiche implica un cambiamento del servizio, così come la presentazione di nuovi prodotti rende necessaria la diffusione di una nuova cultura per un adeguato rapporto tra chi serve e chi è servito. Perché oggi è cambiata la domanda e pertanto, sulla base di nuovi condizionamenti esterni ed interni al settore, è necessario reimpostare una nuova modalità di servizio di sala. Di questo e di come poter rilanciare una professione strategica si è parlato anche a Fareturismo, manifestazione nazionale dedicata alle politiche del turismo, all’orientamento al lavoro e alla formazione, svoltasi a Roma il mese scorso e giunta alla sua sesta edizione, nel seminario “Il cameriere. Una professione da ripensare per creare valore nella ristorazione” organizzato da Fipe insieme a Re.Na.I.A., la rete nazionale degli istituti alberghieri e della ristorazione.
IL FUTURO DELL’ACCOGLIENZA
Attraverso le esperienze di Maître che hanno fatto strada nel mondo della ristorazione e di esperti e operatori del settore e della scuola si è avviata una discussione finalizzata a reimpostare contenuti e metodi di insegnamento del servizio di sala, per rispondere alle nuove esigenze delle imprese, consapevoli che il futuro della ristorazione passa sempre di più dal miglio rare e modernizzare l’attività di accoglienza dell’ospite cui proporre attraverso le delizie della nostra cucina anche la bellezza è l’unicità dei nostri territori. Si è parlato di come sia necessario perfezionare, attraverso tecniche nuove come lo storytelling, le competenze di chi opera in sala per raccontare l’esperienza di un piatto, di una cucina, del suo territorio, per consentire al cameriere, parafrasando il titolo di un fortunato libro di qualche anno fa, di diventare da “muto” a cameriere “parlante”. È crescente, infatti, la richiesta di figure specializzate: la ristorazione sta attraversando un’evoluzione continua. Le aziende vogliono un cameriere che non sappia solo servire piatti e conosca il “bon ton”, ma sappia intrattenere l’ospite presentando suggestioni. Anche la scuola ritiene di dover essere sempre piu vicina alle esigenze delle imprese, sia attraverso un aggiornamento delle figure dei docenti sia riproducendo a scuola le modalità proprie del servizio. In questo senso lo sviluppo delle varie forme di alternanza scuola lavoro, previste dalla Buona Scuola dovrebbero aiutare.
IL RUOLO DI FIPE
Insieme alle scuole e agli altri soggetti interessati, Fipe intende fare la sua parte e vuol fare di questa rivalutazione della professione di sala la sua battaglia dal 2016. Serve una campagna di comunicazione, un programma di sensibilizzazione, uno sforzo pedagogico che, attraverso case histories, racconti, testimonianze, facciano conoscere la parte più piacevole ed attraente di questa professione, la esalti e porti i giovani a considerare le opportunità di crescita, di carriera, di contatti con personaggi ed ambienti esclusivi, dove il servizio è protagonista, superando quella disaffezione verso certi lavori, come quello del cameriere visti sotto una luce negativa, di sacrificio, di mancato sbocco, di scarso livello di crescita. A partire da una vera e propria azione di orientamento e mini stage, con la presenza di testimonial d’eccezione, proprio nelle scuole, sia nelle scuole medie, per la scelta consapevole dell’istruzione professionale o tecnica, sia nell’orientamento in itinere, per gli alunni delle classi seconde degli istituti dei servizi per l’enogastronomia e per l’ospitalità, per avvicinarli all’indirizzo di sala che oggi ancora paga pegno nei confronti della cucina. Nello scenario futuro, infatti, le imprese si troveranno nelle condizioni di orientarsi verso una ricerca di flessibilità, di conoscenza, di innovazione e di diversificazione continua, che va oltre competenze professionali che superano la sola dimensione tecnica, coinvolgendo anche altri aspetti della vita lavorativa, quali i sistemi di relazione, i riferimenti di valore, le esperienze e le conoscenze di natura diversa. Compiti professionali sempre meno ripetitivi, esigenze di intersostituibilità, frequente variabilità dei compiti e altre variabili legate alle evoluzioni degli ultimi decenni, per i quali anche per le figure del personale di sala vi può essere un futuro più radioso a patto che tutte le componenti lo sostengano nei fatti e con un’azione strategica non estemporanea.
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