pubblici esercizi
03 Ottobre 2016Sono cresciuto in un ambiente in cui la formazione è sempre stata sacra. Tutto ciò che la riguardava era considerato tale, a partire dai libri, rigorosamente inchiostro su carta. Solo negli anni dell’università ho iniziato a vedere la conoscenza digitalizzata in caratteri che scorrevano su schermo. Prima la parola stampata dava un suggello di realtà alla conoscenza: si poteva toccare, era materiale e per questo reale. E soprattutto era considerata sostanza di grandissimo valore, un punto che sembra essere venuto meno nell’era del digitale, almeno in Italia. Mi ha preso infatti una fitta al cuore quando recentemente ho visto un corso di caffetteria che, viaggiando sulle deboli ali di un’e-mail, veniva segnalato con termini quali “promo del mese” e “corso a soli tot euro”. A un primo sgomento è seguito un momento di rabbia immotivata e ammantata di sdegno verso chi, magari in buona fede, cercava di spingere il corso in ogni possibile modo. Con il risultato di svilire addirittura la professionalità del formatore. Nessuno è esente dall’uso poco felice di alcuni termini che possono sembrare a primo acchito efficaci. Nessuno è depositario dell’uso perfetto di una lingua che non ci viene donata ma insegnata e talvolta purtroppo con colpevole leggerezza da cattivi maestri. Eppure quei termini così sfacciatamente svilenti la formazione proposta mi hanno fatto male: si tentava di svendere la conoscenza in poche righe di una scarna e-mail. Quando si promuove un momento di formazione, che sia un seminario, un corso o un master, bisognerebbe indossare quei guanti bianchi da gioielliere e aprire la scatola che contiene il nostro lessico migliore.
Non certo per essere pedanti e professorali, bensì per promuovere la conoscenza come si farebbe con una grande tela d’autore o un gioiello così brillante da fare male agli occhi. Forse bisognerebbe partire proprio dalla descrizione del formatore, della persona che trasmetterà la conoscenza agli allievi. E sarebbe sempre bello narrarne il percorso professionale, e magari anche personale, dargli spessore e lasciare che siano le sue azioni passate a qualificare la formazione del presente. E inoltre, per quanto possa sembrare banale, aggiungere una fotografia del formatore all’opera: gli donerà quella giusta vitalità agli occhi dei suoi futuri studenti. Sarebbe oltre modo importante inquadrare nel dettaglio i contenuti del corso e indicare l’esatto contesto in cui questo si sviluppa: la cornice di una scuola o di un istituto o di un’associazione si rivelerà probabilmente fondamentale per dare ulteriori garanzie agli allievi. E infine, se possibile, perché non riportare i giudizi degli alunni, concedetemi l’uso del termine, perché non fare parlare proprio chi ha già ricevuto la conoscenza in questione? Sono contenuti potenti e di per sé stimolanti perché pongono in risalto gli elementi di una formazione di successo: l’insegnante competente, i contenuti di spessore e la soddisfazione degli allievi.
Senza dovere ricorrere a espressioni rozze e grevi che rischiano di attrarre solo
[caption id="attachment_103483" align="alignright" width="106"] Carlo Odello[/caption]
gli allievi che guardano alla formazione nel modo più sbagliato: riuscire a pagarla un tanto al chilo. E magari con lo sconto last-minute.
Chi fosse interessato a contattare l’autore può farlo scrivendo a: carlo.odello@assaggiatori.com. L’autore è Consiglieredell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e Amministratore del Centro Studi Assaggiatori
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