01 Ottobre 2013
L’aumento dell’Iva dal 21% al 22% è ormai cosa fatta. Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha ricordato che è una decisione che viene da lontano e che il suo Governo ha cercato in tutti i modi di scongiurarla (almeno posticipandola al gennaio prossimo), mail precipitare della situazione politica non l’ha permesso.
Ora i consumatori e le imprese si trovano a fare i conti con un provvedimento che non potrà che deprimere ulteriormente i consumi e ritardare qualsiasi tentativo di ripresa economica.
Coop ha stimato che l’impatto sui prezzi, pur lasciando a imprese e distribuzione la buona volontà di farsene carico per una parte, sarà di almeno il 30%. E Federconsumatori e Adusbef ritengono che riguarderà il 70% dei prodotti e costerà almeno 207 euro annui a famiglia, portando consistenti rincari nel settore dell'abbigliamento (+81 euro), nell'acquisto di scarpe (+25 euro) e bevande alcoliche, vino compreso, e gassate (+12 euro). Tuttavia gli effetti recessivi dell'aumento dell'Iva dal primo ottobre sembrano essere sottovalutati da più parti.
Al riguardo nei giorni scorsi l'Ufficio Studi Confcommercio aveva effettuato una precisa analisi economica di questi effetti sui consumi, sui prezzi, sulle imprese, sui redditi e sull’occupazione.
Impatto sui consumi: si amplificherebbe la già drammatica situazione dei consumi che, dopo aver chiuso il 2012 a -4,3%, chiuderà, senza interventi, anche quest'anno in negativo a -2,4%. L'incremento dell'Iva, che si tradurrebbe in una riduzione dei consumi dello 0,1% a parità di altre condizioni, andrebbe a incider negativamente sulle spese del mese di dicembre e quindi delle festività, momento nel quale, invece, potrebbero concretizzarsi finalmente gli auspicati segnali di ripresa.
Impatto sui prezzi: in una situazione in cui l'inflazione è sostanzialmente sotto controllo, si avrebbe un incremento dei prezzi tra ottobre e novembre di circa lo 0,4%, il cosiddetto "effetto scalino", con inevitabili effetti di trascinamento anche nel 2014; nel dibattito attuale si dimentica quanto accaduto nel 2012: se, in termini di caduta dei consumi, è stato l'anno peggiore della storia repubblicana, ciò è stato dovuto anche all'incremento dell'Iva avvenuto a metà settembre 2011. Perché ripetere lo stesso errore dal 1° ottobre?
Impatto sul gettito: come già accaduto con l'aumento dell'aliquota dal 20 al 21%, la contrazione della domanda porterebbe con sé anche una riduzione del gettito Iva atteso.
Impatto su produzione e occupazione: la perdita di produzione, determinata dal calo dei consumi, comporterebbe, a regime, una riduzione dell'occupazione approssimativamente di 10 mila posti di lavoro.
Impatto sulle imprese: in una situazione già di estrema difficoltà per le imprese del commercio, gravate da una pressione fiscale da record mondiale e dal mancato pagamento dei debiti della P.A., un'ulteriore contrazione della domanda interna porterà alla chiusura di molte attività.
Impatto sui redditi: risulteranno più penalizzate le famiglie a basso reddito in quanto la pressione Iva (rapporto tra Iva pagata e reddito) per il 20% di famiglie più povere arriverebbe al 10,5%, mentre per il 20% di famiglie più ricche sarebbe del 7,5%, circa il 30% in meno.
Contestualmente all’aumento dell’Iva, alcuni prodotti hanno subito un adeguamento dell’imposta, che per i prodotti acquistati ai distributori automatici, in quanto “voluttuari”, è passata dal 4% al 10%. Secondo Confida ciò avrà un impatto di 5 centesimi su caffè e bevande calde e di 10 centesisi sulle bevande fredde e gli snack.
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