pubblici esercizi
04 Aprile 2017Nelle grandi metropoli del mondo il cibo diventa rappresentazione dell’identità dei propri cittadini, e più queste sono cosmopolite più il cibo è variegato di sapori, colori e forme. Le città sono lo specchio della società che cambia: i ristoranti e i bar esprimono tendenze e usi che mutano e si plasmano alle nuove esigenze e ai bisogni dei loro consumatori. La città contemporanea si arricchisce di nuove culture condividendo nuove tradizioni. Le cucine dei locali si tipicizzano raccontando attraverso le pietanze l’identità di diversi popoli che abitano le metropoli. A Milano ci sono alcuni locali che hanno deciso di ibridizzare le proprie cucine. I concept descritti nascono dall’idea di inventare nuove ricette o semplicemente dando forme differenti ai piatti, proponendo così soluzioni diverse. Il risultato è l’unione di differenti tradizioni e ricette che rendono questi locali unici e interculturali. L’esempio di questo mese riguarda “Italia-Cina”.
LA RAVIOLERIA DI SARPI E IL SUO VICINO SENZA NOME, CHINATOWN MILANO
Ravioleria tipica cinese con cucina a vista, solo ravioli freschi fatti al momento. Cucina su strada con offerta street food
L’idea nasce da Walter Sirtori, proprietario della storica macelleria di Sarpi e Hujian Zhou, cinese di seconda generazione laureato in economia alla Bocconi. Un’idea vincente quella di unire ai prodotti cinesi la qualità delle materie prime italiane: tipicità e contemporaneità rappresentano il nuovo format italo-cinese. L’offerta gastronomica cinese con alcune ricette tradizionali si riscrive in una veste più contemporanea e urbana grazie alla sua cucina a vista e il servizio da asporto. Ovviamente i prodotti freschi preparati al momento sono il format vincente per uno street food di qualità che batte i concorrenti. Dato il successo del primo locale: la ravioleria, è stato aperto anche un secondo locale con un’offerta diversa. Prodotti semplici da fare e da mangiare: gli rubing (involtino primavera alla piastra e non fritto), il baozi (panino al vapore) i fritti misti in tempura. I prodotti base con cui sono realizzati i piatti sono Bio come ad esempio la farina 0 o quella integrale e il lievito madre. Anche i ripieni sono Bio come la carne scelta di maiale cucinata per 12 ore, della macelleria Sirtori, (www.muuu.it) storica bottega milanese con prodotti delle cascine lombarde certificate bio e in aziende agricole di qualità. La comunicazione è lasciata ai cuochi, alla cucina, alla fila degli utenti in attesa per strada e al passaparola grazie alla qualità dei suoi prodotti. Il locale non ha infatti insegna né nome. Il successo è dovuto alla novità di ibridizzare ricette cinesi con la qualità dei prodotti italiani. Interessante e voluta anche la scelta di avere un’immagine completamente neutra: il piccolissimo locale, formato solo dalla cucina, è completamente privo di comunicazione. Il grande vetro a tutt’altezza divide lo spazio chiuso della cucina operativa dalla strada e dai clienti. La grande piastra e il piano in acciaio per finire i piatti sono rivolti verso il lato degli utenti in modo che possano seguire le fasi di lavorazione. Dietro i fumanti bollitori… acciaio, piastrelle bianche e vetro, i materiali usati; verde, arancione, viola, giallo i colori delle verdure impiegate!
WANG JIAO, MILANO
Dimenticate le lanterne rosse e dragoni dorati! Qui tutto è diverso dagli stereotipi dei ristoranti cinesi. L’autenticità dei nostri locali è dimostrata dal gran numero di Cinesi che cenano presso di noi. Non aspettatevi il solito cibo cinese, i piatti sono della tradizione, ma ricchi di gusto. (Dal sito www.wangjiaomilano.com)
Ambienti semplici e curati sono i riferimenti formali di quattro diversi ristoranti. L’eterogeneità dei locali esprime quella dei cinesi di seconda generazione che, da milanesi, si slegano dai canoni estetici della vecchia Cina e dai luoghi comuni, creando locali nuovi sia dal punto di vista del design che del cibo. Il ristorante più interessante dal punto di vista del design è Wang Jia, in Viale Padova (progettato dallo studio co.arch + mmio design studio Muchien Su, Giulia Urciuoli, Andrea Pezzoli, Esther Lee) Il concept nasce dalla valorizzazione del tipico modo di mangiare cinese: seduti all’aperto su cesti, tutti insieme, in un momento di socialità importante. Questo è l’intento dei progettisti: trasportare questo mood all’interno del ristorante, un luogo nuovo in cui cinesi e italiani possano condividere una buona cucina cinese. Il concetto è di mantenere una continuità tra interno ed esterno in modo che le persone siano incoraggiate a entrare. Per quanto riguarda l’arredo: i tavoli sono realizzati in compensato, le sedie sono sostituite da sgabelli (senza schienale), tipici della cultura cinese, sono in multistrato con un buco in mezzo per inserire i cestini colorati, concepiti come contenitori per i clienti. L’elemento caratterizzante è la partizione interna, realizzata con mattoni a vista in cemento. I materiali utilizzati nel progetto sono semplici e poco onerosi, ma rivisitati in una nuova estetica e funzionalità. In questi locali la novità è anche nel menù: i piatti tipici vengono serviti in supporti diversi. La padella di fuoco o la ciotola di sassi sono alcuni esempi di come questi giovani cinesi intendono valorizzare le proprie ricette con idee nuove, portando elementi di novità anche nelle pietanze
DIM SUM, MILANO
The ultimate chinese food experiences (www.dimsummilano.com/)
Questo ristorante è decisamente molto occidentale e rappresenta la nuova Cina. Se non si passasse di fianco al box cucina in vetro dentro al quale si possono vedere i classici contenitori in bambù per i ravioli, non si direbbe di essere entrati in un ristorante cinese. In Italia siamo abituati ai locali tradizionali, con le icone e i colori della tradizione cinese, gli arredi di legno e le lacche rosse, ma questo locale è davvero molto diverso. Dim Sum, di Yike Weng e Chiara Wang Pei, ha scelto di servire i suoi raffinati piccoli piatti con una coppa di champagne, invece della tradizionale tazza di tè. Maison Recommandée Perrier-Jouët, Dim Sum è il primo locale in Italia di cucina asiatica contemporanea “beauting” secondo la visione dell’alta cucina di Perrier-Jouët che unisce il bello (beauty) al buono (eating). In un ambiente progettato e realizzato dal designer Carlo Samarati dove i mobili diventano linee e gli specchi si coprono di catene che mimano l’effetto del fumo mentre la luce, quella blu elettrico del crepuscolo, illumina i colori nel piatto. Un invito a vivere l’esperienza di una Cina elegante e contemporanea. Un viaggio che fa incontrare Oriente e Occidente anche nel nuovo servizio di piatti firmato dal progettista e prodotto in esclusiva da Villeroy & Boch. La nuova Cina si spinge a Occidente e trova nuovi linguaggi per descrivere la sua nuova identità: più contemporanea, più evoluta, più ricca. Dim Sum, è il locale dove si vive in veste contemporanea l’omonimo rito gastronomico tradizionale di Hong Kong, spogliato di obsoleti luoghi comuni. I ripieni dei classici ravioli sono con materie prime di livello con alcuni prodotti italiani come il manzo di chianina e il tartufo. Anche qui la commistione di culture riesce a sfruttare le qualità reciproche evolvendosi in una nuova forma più interessante. Dal punto di vista del design la sfida si complica con elementi iconici tradizionali elaborati in chiave contemporanea. Ci riesce bene l’architetto Carlo Samarati che non si dimentica di raccontare l’identità del locale che rappresenta, creando un progetto che fa da specchio all’idea del concept.
IN CONCLUSIONE
Le cucine si ibridizzano sdoganandosi da standard rigidi e facendosi in questo modo più ricche di culture differenti, più creative ed eclettiche. Culture diverse, grazie al cibo, trovano il modo per condividere lavoro e cultura, sperimentandosi in nuovi format che risultano molto convincenti. Il primo caso racconta di una fortunata partnership interculturale fra Cina e Italia in una chiave di tendenza dello street food di qualità, il secondo di giovani cinesi milanesi che vogliono raccontare la loro Cina, non più quella degli stereotipi, quella loro attuale. Ultimo, il format internazionale progettato da un designer italiano con una visione più futuribile e lussuosa. Da Hong Kong, Londra e New York arriva a Milano e rappresenta una sofisticata chinese food experience. Questi casi sono interessanti perché esempi di reale integrazione tra culture (e cucine) diverse. E potrebbero essere un nuovo modello per piccole o grandi realtà imprenditoriali.
Consuelo Redaelli, titolare dello studio Toolskit di Milano, è specializzata in progettazione d’interni per bar, ristoranti, mense aziendali, stand, allestimenti temporanei fieristici, chioschi e isole tipiche e di progetti di comunicazione a 360° e di eventi, realizzati chiavi in mano. È anche docente presso all’Istituto Europeo di Design Milano IED nel corso di tesi di interior design.
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A cura di Matteo Cioffi
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