pubblici esercizi
21 Marzo 2017Quando ero studente al liceo mi ricordo di compagni di classe che scomparivano dalla scena per qualche tempo dopo una sonora bocciatura. Poi all’università venivi a sapere che pure loro si erano iscritti allo stesso ateneo e rimanevi perplesso perché, davvero, quei ragazzi non brillavano certo per acume o per voglia di studiare. Ma nel mentre c’era stato un qualche istituto privato che aveva generosamente elargito un diploma di maturità. E con questo aveva dato speranza a quella famiglia che tanto teneva a vedere il proprio figliolo adornato con la corona d’alloro. Speranza non male riposta poiché negli ultimi anni, di fronte a un’Europa che ci rimproverava di avere troppo pochi laureati, abbiamo assistito a copiose sfornate di nuovi dottori in qualcosa, a qualunque livello e di qualunque tipo.
E IN ASIA…
Più di una volta in Asia ho riprovato quella stessa sensazione di stupore parlando con professionisti del caffè che avevano una parete tappezzata di diplomi. Stupore non tanto per l’enorme investimento in cornici, devo dire quasi sempre molto belle, quanto per la successione cronologica dei certificati. Più che un corso di studi, una corsa agli studi. Poi parlando con alcuni di loro mi sono accorto che, portando la discussione a un livello più tecnico, almeno sotto l’aspetto sensoriale dove mi muovo quotidianamente, a quel punto la corsa evidenziava un certo fiatone. Anzi, una vera e propria conoscenza dal fiato corto.
IL CARATTERE ASIATICO
Del carattere asiatico ho sempre ammirato due aspetti. Il primo è il grado di umiltà, normalmente superiore al nostro: ho visto torrefattori con trent’anni di esperienza tornare sui banchi di scuola e discutere di curve di tostatura come se fosse la prima volta. Il secondo è la loro voglia di imparare e la determinazione a investire in formazione. Eppure con questo loro atteggiamento così ragionevole e compìto i professionisti asiatici sono talvolta preda di alcuni falchi della formazione sul caffè. Si aggira in Asia lo spettro di una coffee education che ricorda i più mesti diplomifici di cui sopra. In mercati nuovi e altamente competitivi, dove il professionista è tenuto a esibire determinate credenziali, c’è oggettivamente una forte domanda di certificazione delle proprie conoscenze e capacità. Una vera e propria corsa al diploma di questa o di quella organizzazione. Questa brama del pezzo di carta, viatico per il successo nel coffee business, è talvolta agevolata, se non caldeggiata, da formatori senza grandi scrupoli che fanno dumping sul prezzo dei corsi o sono riconosciuti per essere meno severi agli esami. In sostanza tutte le organizzazioni del caffè che operano sul mercato asiatico con l’encomiabile intento di portare e condividere conoscenza saranno chiamate a un controllo sempre più capillare dell’attività dei propri formatori. Compito la cui difficoltà è naturalmente proporzionale alle dimensioni dell’organizzazione stessa (più formatori, più controllo), ma che deve diventare una priorità per mantenere la propria reputazione sul mercato.
L’autore è Consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e Amministratore del Centro Studi Assaggiatori - www.assaggiatoricaffe.org
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