31 Ottobre 2013
Agrivillage è un parco turistico dedicato ai prodotti tipici, per attrarre i flussi turistici sul territorio, ma anche per dare agli operatori dell’horeca un canale d’acquisto specializzato
[caption id="attachment_12763" align="alignright" width="300"] Giorgio Ghiselli, responsabile del Progetto Agrivillage[/caption]
Segnatevi questo nome: Agrivillage. Nell’evoluzione dei canali di vendita cui stiamo assistendo può essere la novità del prossimo futuro. È un progetto di parco turistico dedicato ai prodotti tipici che unisce i caratteri distintivi del tessuto produttivo italiano (la terra, il cibo, le eccellenze agroalimentari e artigianali), parla di gente e di prodotti ed è insieme approccio al mercato e modello di business.
Il concept di Agrivillage, elaborato da Arcoretail, azienda di sviluppo immobiliare commerciale, che ha all’attivo decine di centri commerciali e ha appena concluso un accordo per la realizzazione del primo network di outlet in Cina in partnership con Jihua Group, è semplice: offrire a una molteplicità di piccoli produttori di eccellenze, agroalimentari ma anche artigianali, un luogo, nel caso specifico tematizzato come un borgo che rispecchia il territorio in cui si insedia, dove incontrare la domanda delle diverse tipologie di potenziali clienti (dal turismo enogastronomico a quello scolastico o congressuale, per finire agli operatori dell’horeca) potendo contare su spazi di vendita con tre moduli, logistica centralizzata e supporto per l’online.
«Insomma – sintetizza Giorgio Ghiselli, responsabile del progetto Agrivillage – è probabilmente il primo esempio di piccola distribuzione organizzata.
Offerta per l’horeca
Ma è anche un nuovo canale di approvvigionamento per gli operatori dell’horeca, focalizzato sul territorio, la filiera corta, le tipicità, e i prodotti artiginali che difficilmente possono essere trovati in un solo luogo. Il concept di Agrivillage, infatti, prevede circa 200-250 botteghe, composte per il 70% circa da produttori locali e il 30% provenienti da altre regioni». Ma non è solo questo: una decina di punti di ristorazione di diverse fasce di prezzo ma con una scelta orientata alla qualità delle proposte, una fattoria didattica, un hotel con centro congressi (Hampton by Hilton), residenze turistico alberghiere costituiscono l’insieme del progetto Agrivillage. «Crediamo che un operatore professionale che approda in Agrivillage - spiega Ghiselli - possa soggiornarvi qualche giorno per contattare e selezionare i diversi fornitori, passi poi alla fase di contrattazione e di acquisto, definendo prezzi e modalità di consegna della merce, che potrà ritirare al deposito centralizzato o farsi spedire. E per i riordini può utilizzare la piattaforma internet cui può accedere con codice univoco. Se questo modello di approvvigionamento lo allarghiamo a potenziali clienti oltre confine, si capisce bene che Agrivillage diventa un potente acceleratore della crescita di piccole aziende che in grandissima parte non hanno le risorse finanziarie per accedere a un mercato più ampio».
Perché proprio questo è tra gli obiettivi di Agrivillage: canalizzare un flusso di visitatori che a regime è stimato in 2,5-3 milioni di persone.
Ma allora, viene da chiedersi come possano piccoli produttori poco più che artigiani, con produzioni eccellenti, ma limitate, essere in grado di dare risposta a un tale mercato potenziale. «La risposta – dice Ghiselli - è in una parola sola: disintermediazione. E ce l’ha data un salumificio di Varzi che tra i primi ha aderito ad Agrivillage. Se non distribuisco margini lungo la catena commerciale, ci ha detto, posso non solo aumentare il mio reddito, ma posso reinvestire in azienda per una nuova linea di produzione, per nuovi collaboratori, per crescere».
SEI INSEDIAMENTI
[caption id="attachment_12764" align="alignleft" width="300"] Una vista complessiva del Borgo Agrivillage[/caption]
Agrivillage, oggi, è nella sua fase di sviluppo. Sono previsti sei insediamenti: Chieti, che aprirà a metà del 2015 in contemporanea con Expo sull’area di un ex zuccherificio, Catania, una location in Piemonte, in Campania, a Udine, in Lazio. Ogni insediamento, ciascuno dei quali richiamerà l’identità del luogo (cascine di pianura in Piemonte, baglio/tonnara in Sicilia, borgo medievale in Centro Italia, ecc), ha un bacino d’attrazione di circa 200 chilometri. Basta questo per comprendere che le ambizioni di Agrivillage non sono quelle di un progetto finanziario-immobiliare classico (non a caso a Chieti ha preso il posto di un progetto commerciale e sportivo tradizionale), ma quelle di essere una «lente d’ingrandimento sul territorio» come lo definisce Ghiselli. Che continua: «C’è chi ci accusa di voler fare un luogo finto e di assorbire i clienti tradizionali. Nulla di tutto ciò. Agrivillage è invece un luogo di destinazione che grazie alla forza dell’insieme dell’offerta intende canalizzare flussi di turismo che viceversa in quel territorio difficilmente arriverebbero. Turisti che utilizzano Agrivillage come base per esplorare il territorio potendo contare su standard ricettivi di qualità medio-alta (un gestore internazionale come Hilton), per scegliere poi di scoprire i luoghi di produzione, l’arte e la cultura delle nostre città. Anche gli uffici di promozione turistica troveranno uno spazio in Agrivillage. Noi stiamo lavorando perché il turismo enogastromico arrivi in Italia anche con i viaggi organizzati dai tour operator internazionali. È un mercato diverso da quello che già oggi vale più di cinque miliardi di euro, ma in Italia non arriva. Fortunatamente alcuni amministratori locali hanno colto la potenzialità di questa impostazione e alcune associazioni come Res Tipica e alcuni Consorzi ci stanno dando credito. Come hanno fatto anche circa 200 produttori che hanno già sposato il progetto di Agrivillage».
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