29 Gennaio 2018
Torna il sereno nel cielo della grappa italiana. Dopo anni di progressiva contrazione, l’acquavite di bandiera segna nuovamente una crescita. «Nel 2016 la produzione ha raggiunto quota 82mila ettanidri – racconta Cesare Mazzetti, presidente Comitato Acquaviti di AssoDistil (associazione che rappresenta circa il 95% della produzione nazionale di acquaviti e di alcole etilico da materie prime agricole) –. Di questi oltre 54mila sono assorbiti dai consumi interni, che mettono così a segno un incremento dell’1,2% rispetto al 2015». Ma le buone notizie non finiscono qui. «Stando alle nostre prime previsioni – continua Mazzetti – nel 2017 il giro d’affari del settore dovrebbe attestarsi sui 400 milioni di euro, in linea quindi con il risultato del 2016, a sua volta frutto di una crescita del 2% circa rispetto all’anno precedente».
[caption id="attachment_133177" align="alignleft" width="210"] CESARE MAZZETTI[/caption]
QUALITÀ E DIVERSIFICAZIONE
Dietro alla ritrovata vitalità della grappa, vi è l’evoluzione vissuta negli ultimi decenni dal settore. «Oggi l’acquavite di vinacce “Made in Italy” – spiega Mazzetti – è un vero distillato da meditazione. Si tratta di un risultato importante, ottenuto, in primis, grazie alla forte attenzione riservata alla selezione della materia prima, vale a dire le vinacce. Ma non solo. Bisogna considerare anche la grande cura riposta nell’impiego di procedimenti di distillazione all’avanguardia e nell’affinamento sempre più scrupoloso delle grappe. E ancora, va ricordato che per incontrare meglio i gusti del consumatore, oggi non ci si limita alle referenze monovitigno, ma si spazia dalle barricate alle aromatizzate, a quelle derivanti da blend di più vitigni». Abbandonate le sue umili origini, l’acquavite italiana si è insomma trasformata in un distillato nobile. «Il suo prestigio – continua Mazzetti – è ormai equiparabile a quello di altri prodotti come il cognac o il whiskey».
I NODI DA SCIOGLIERE
Le nuvole sul settore non si sono tuttavia ancora completamente dissolte. Resta il problema di un consumo piuttosto limitato. «Gli ultimi dati Ocse – ricorda Mazzetti – parlano di 1,7 litri di bevande alcoliche, diverse da birra e vino, degustate in media ogni anno dagli italiani. Un valore che ci “incorona” come il Paese con il più basso consumo di alcol nel mondo industrializzato». I motivi? «Da un lato – osserva Mazzetti –, c’è l’incidenza delle accise sul prezzo al consumo, aumentate del 30% tra il 2013 e il 2015. Un’escalaltion che ha prodotto il solo risultato di contrarre le vendite, senza alcun beneficio per l’Erario. Dall’altra parte, c’è la crescente rilevanza degli aspetti salutistici e l’allarme lanciato dai media sul consumo degli spirits, erroneamente collegati al “binge drinking” e alle morti del sabato sera. Un’immagine negativa del tutto infondata: da sempre, infatti, i produttori di grappa e la stessa Asso- Distil promuovono il bere consapevole, sottolineando il carattere di distillato da meditazione e di digestivo da fine pasto assunto dall’acquavite di bandiera. Un posizionamento confermato peraltro anche dai dati: il 47% dei consumi di grappa avviene in casa, facendo del distillato un momento di serena convivialità, ben lontano dalle logiche dello “sballo” del weekend».
IL VOLÀNO DELL’EXPORT
Note esclusivamente positive provengono invece dall’export, che costituisce il vero terreno di sviluppo della grappa. «Le esportazioni – rileva Mazzetti – vedono un ruolo predominante della Germania, che assorbe il 59% del prodotto commercializzato in Europa. Bene si muovono pure Svizzera ed Austria. Ma si devono anche segnalare alcuni nuovi mercati che, nonostante la quota ancora ristretta di vendite, appaiono di assoluto interesse. Si tratta infatti di Paesi grandi produttori e consumatori di bevande alcoliche. Mi riferisco soprattutto all’Est Europa dove tra il 2010 e il 2016 la grappa è stata protagonista di una crescita del 7%. Più in particolare, penso alla Repubblica Ceca, che ha mostrato grande interesse per la nostra acquavite, seguita dall’Ucraina, dalla Russia e dall’Ungheria”. È insomma nell’export che le aziende italiane possono trovare la chiave più sicura per la crescita. Anche perché, su questo fronte, le potenzialità sono ancora tutte da esplorare. «Secondo l’Indagine congiunturale condotta da Format per la nostra Associazione – conferma Mazzetti –, soltanto il 26% dei nostri distillati è venduto all’estero. È quindi evidente che si può fare molto di più». E proprio in questa direzione si pone “Hello Grappa”, progetto promosso da AssoDistil e cofinanziato con i fondi europei del Regolamento 1144/2014, che ha preso ufficialmente il via da New York l’11 ottobre con l’obiettivo dichiarato di sostenere la nostra acquavite di bandiera nella conquista del mercato statunitense. «AssoDistil – rivela con orgoglio Mazzetti – è risultata una delle “magnifiche dieci” italiane che si sono aggiudicate il finanziamento UE, proprio grazie a questo progetto. La grappa sarà così il primo distillato a Indicazione Geografica italiana a sbarcare oltreoceano, con un articolato piano di eventi promozionali, destinati sia agli operatori commerciali sia alle istituzioni locali. Il progetto durerà tre anni. E per AssoDistil, questo vuole essere l’inizio di un lungo percorso, teso a far conoscere la grappa in tutto il mondo».
Grappa: un consumo diverso a ogni età
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