24 Luglio 2018
Sì, perché la svolta è proprio nel calice. Per analizzare in dettaglio la questione è necessario fare alcune brevi precisazioni riguardo all’analisi eseguita da Coldiretti e dalla Camera di commercio di Milano: ne esce un quadro molto incoraggiante sulla crescente attenzione del cliente alla qualità negli acquisti di vino. Lo dimostra l’interesse, soprattutto da parte di giovani, a informarsi sulle caratteristiche dei vini partecipando a corsi di sommelier e degustazioni. Sempre secondo Coldiretti, l’enoturismo genera oggi un indotto di quasi 3 miliardi di euro l’anno e i dati confermano che è in atto una vera e propria rivoluzione, con un aumento record degli acquisti delle famiglie del 3%, trainato dai vini Doc (+5%), dalle Igt (+4%) e degli spumanti (+6%). Una attenzione al mondo del vino da interpretare come una nuova e consapevole espressione culturale in fermento. Le scelte delle tipologie di vino, la conoscenza del prodotto, l’abbinamento al cibo, sono tutti elementi che identificano sempre più il consumatore-tipo, con cui enoteche e wine bar devono fare i conti offrendo un servizio ancora più attento, qualificato e spunti inediti.
DA VINAI A WINE BAR
Le occasioni di approfondimento sui vini sono moltissime. In una città come Roma, a parte le degustazioni, presentazioni e incontri in quasi tutti i wine bar ed enoteche, notevole importanza hanno anche gli eventi pubblici, organizzati dalle principali associazioni e guide. Tra queste il Mercato della FIVI, un vero e proprio palcoscenico per enoappassionati e curiosi dove la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, da un paio di anni a questa parte, racconta il mestiere di vignaiolo, dalla vigna alla bottiglia. Appuntamenti che riscuotono grande successo e che portano, in generale, a una richiesta più “indipendente” da parte dei consumatori i quali stanno sviluppando spirito critico e di ricerca: non si fermano solo ai grandi classici, ma voglio scoprire nuove realtà, nuovi vini e nuovi abbinamenti. È quanto è emerso dalle riflessioni di Francesco Trimani, “vinaio” come ama definirsi, dello storico Trimani a Roma, il più antico negozio di vino della “città eterna” fondato nel lontano 1821. Un’attività che è proseguita ininterrottamente negli anni adeguando il punto vendita alle richieste del mercato, passando da osteria con cucina fino all’attuale locale che conta circa 6.000 referenze. Nel 1991, al leggendario negozio di vini, si è affiancato Trimani Il Wine Bar, primo locale italiano a utilizzare il termine anglofono e a offrire una mescita al calice abbinata al consumo di appetizer. Oggi Trimani è guidato da Paolo, Carla, Francesco e Giovanni ed è proprietario anche di un’azienda vinicola ad Anagni, la Colacicchi. È a Francesco Trimani che chiediamo di raccontarci l’evoluzione da vinai a wine bar in rapporto alle nuove richieste del consumatore: “Da sempre preferiamo chiamarci vinai. Il termine enoteca ha un etimo non propriamente collegato all’attività di vendita e a mio avviso può generare confusione nel cliente: si riferisce a un locale di vendita o di somministrazione? Ormai molti negozi di vino si stanno trasformando in mescite di vino, wine bar e ristoranti. Oggi sicuramente c’è una conoscenza diffusa più marcata dei vini da parte dei consumatori. Nel wine bar, e in generale un po’ dappertutto, il vino al calice ha segnato il passaggio a una formula di consumo diffusa e più semplice, e ormai la si trova anche in molti ristoranti tradizionali. Ci piace pensare di accogliere il consumatore offrendo il massimo della qualità, con una proposta aggiornata di continuo che possa stimolare la curiosità attraverso un percorso che racconti la storia di terre e vino legati insieme. Come ad esempio la proposta del timballo alla Bonifacio VIII, piatto tipico di Anagni, sposato al Colacicchi Tufano Cesanese 2015, vino tipico del Lazio. Un abbinamento eccezionale, preparato dalla nostra chef Carla Trimani”. L’evoluzione da vinai a wine bar identifica quindi un cambiamento che è andato di pari passo con le mutate esigenze del consumatore, meno propenso a spendere una cifra medio-alta per una bottiglia, ma molto più disponibile alla scoperta, all’assaggio e all’esigenza di accompagnare a quel calice, o più calici, una proposta food lontana da anonimi taglieri di salumi e formaggi, ma ricercata e realizzata con materie prime di ottima qualità.
NEW SHARING
Il binomio vino e buona cucina sembra essere sempre più indissolubile. Ciò che ricerca il consumatore nel mondo del vino è la scoperta non solo di nuove realtà e cantine, o la conferma di conoscenza paludate, ma anche la possibilità di trascorrere del tempo in un ambiente piacevole degustando in abbinamento al calice scelto piatti gourmet. Da questa mutata esigenza e dalla passione per i già citati protagonisti, ovvero vino e cibo, nasce Cantine Milano, nell’omonima città nel cuore di zona Isola. Il founder Angelo Altieri ne ha curato l’intero progetto, per proporre un locale che non è solo wine bar, ma il primo wine & restaurant italiano, dal design ricercato e accogliente. Con una nuova chiave di lettura: si sceglie prima il vino, attore della “pièce” degustativa, per poi abbinare il piatto, realizzato con materie prime di altissima qualità. Come ci spiega Angelo Altieri “Il mio locale si basa proprio su questo. Ad ogni vino al calice proponiamo un piatto. Infatti a Cantine Milano prima scegli il vino e poi il cibo o il piatto da accompagnare. Anche l’aperitivo è composto da 4-5 canapè che cambiano a seconda della stagionalità. Qualche esempio? I miei abbinamenti preferiti sono Prosecco di Valdobbiadene con Polpo alla plancia su fonduta di cacio e pepe; Dolcetto d’Alba con i Tagliolini tartufati su crema di parmigiano e perlage di tartufo; Primitivo pugliese con Scamone di agnello su crema di mele annurca e verdurine glassate”. Piatti della tradizione mediterranea rivistati con una nota gourmet. Il vino al calice è richiesto nella maggior parte dei casi: “La domanda si sta spostando sempre di più verso i vini al calice rispetto a quelli in bottiglia – ci spiega il founder di Cantine Milano - I clienti che entrano nel mio locale gradiscono l’idea di poter assaggiare più vini, come accade anche con i piatti durante la cena, con la famosa formula dello ‘sharing’. In questo modo si ha la possibilità di condividere più piatti e scoprire così nuovi abbinamenti. La soluzione della degustazione al calice piace sempre di più, anche se in termini di valore la bottiglia ha un peso più rilevante, soprattutto se siamo di fronte a un cliente esperto che ama comprarsi una bottiglia da degustare a casa. In merito invece alle tipologie, senza dubbio, vincono i vini aromatici per quanto concerne i bianchi e quelli morbidi e rotondi per i rossi”. Cantine Milano, con un’offerta di circa 300 etichette a disposizione, propone ai propri clienti non solo degustazioni di vini al calice ma anche vendita di bottiglie da 75 cl, formato che viene affiancato durante le feste natalizie a volumi più generosi, fino a 1, 5 litri.
IL TERRITORIO NEL BICCHIERE
Nella zona collinare che precede l’inizio delle Prealpi Veronesi, in Veneto, la Valpolicella era conosciuta fin dai tempi degli antichi romani per la viticoltura, in particolare per la produzione del vino Amarone. In questa zona così fortemente ancorata alle tradizioni, cambia anche il punto di vista del consumatore che arriva fin qui con le idee ben chiare. Questa è la terra dell’Amarone, dei grandi vini rossi della Valpolicella e dei piatti della tradizione. Qui il consumatore cerca i grandi classici e si lascia guidare dall’esperienza di chi questo territorio lo vive tutti i giorni e sa offrire un giusto equilibrio tra calice e sapori nel piatto. Ada Riolfi, titolare con Carlotta Marchesini dell’Enoteca della Valpolicella, ha da sempre puntato sulla straordinaria eccellenza di quasi 90 produttori della Valpolicella, abbinando un menu della tradizione e legato alle stagioni. “Noi operiamo in Valpolicella – ci spiega Ada Riolfi – e la maggior parte del vino che usiamo appartiene al nostro territorio, fatta eccezione per qualche incursione di Soave, Custoza e Lugana per i vini bianchi. I nostri consumatori sono in gran parte stranieri e si affidano al nostro suggerimento. Di solito proponiamo a bicchiere tutta la gamma dei cinque vini prodotti in Valpolicella, abbinati ad altrettante piccole portate di cibo”. La formula della degustazione di più calici, prevede anche in questo caso un cambiamento nella gestione della cantina: a ogni piatto del menu viene infatti abbinato un calice di vino, per offrire una panoramica completa del grande potenziale di questo territorio, rispondendo così alle richieste di un consumatore, molto spesso straniero, che vuole godere di un excursus dei migliori vini della Valpolicella. Ada ci racconta la sua proposta: “I piatti che compongono il menu cambiano con la stagione, ma restano fermamente legati al territorio, così come la proposta dei vini in abbinamento. Ad esempio consigliamo un antipasto con Valpolicella, un primo piatto con Valpolicella Superiore, un secondo con il Valpolicella Ripasso, un formaggio con l’Amarone e un dolce, di solito secco, con il Recioto”. Per quanto riguarda il consumo a bottiglia vengono proposte sempre formati da 750 ml, anche se, come ci illustra Ada, capita e con una certa frequenza che vengano richiesti i formati magnum da 1.500 ml. La tendenza sembra quindi procedere verso una proposta al calice sempre più qualificata. Rimane dunque in ombra la mescita di vino alla spina, che per la sua caratteristica intrinseca richiede una beva immediata e meno “meditata”. Viene confermata invece l’attenzione alla proposta di vini locali, molto richiesti da un consumatore attento al territorio che predilige anche abbinamenti con pietanze tipiche. Dati confermati anche da un importante distributore italiano di vini e distillati di qualità, Pellegrini Spa. Pietro Pellegrini, Presidente dell’omonima società, ci spiega come il consumatore sia diventato sempre più appassionato, attento e informato.
La formula di offrire vino al calice è sempre più in uso “È però fondamentale – illustra Pietro Pellegrini – che nei luoghi dove avviene tale consumazione sia sempre presente una persona molto preparata, nei ristoranti come nei wine bar”.
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A cura di Matteo Cioffi
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